Se è un costituzionalista a dire No

Intervista a Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte Costituzionale, sui punti centrali della legge Renzi-Boschi e sulle conseguenze nefaste nel Paese


Se è un costituzionalista a dire No

Ansia e inquietudine per l’esito referendario del 4 Dicembre. Ma anche desiderio, ormai, che quella data si avvicini in fretta. Sventato il rinvio, siamo pronti a dare il nostro NO, incompreso o osteggiato da chi non ha letto scientemente la riforma costituzionale, da chi non ne è informato o da chi ha interessi privati. Checché ne dica il Pinocchio fiorentino, abilissimo a ribaltare la realtà dei fatti e a svendere la democrazia e i diritti come fossero aspirapolveri.

Inquieta, ma non sorprende, la sua recente arringa alla Leopolda. Un discorso rabbioso, scorretto, diretto anche ai suoi che l’hanno tradito in casa. Colpisce duro il Premier, a destra e a manca, tentando così di portare a casa la palma della vittoria. Il timore di una sconfitta è personalistico. La débacle cadrebbe sull’uomo, che esprime il potere dei signori della finanza mondiale, come un’affilata lama che lo taglierebbe fuori dalle simpatie di un’Europa riformista e liberista. Non manca, nel suo delirante discorso autoreferenziale, di definire chi voterà No “un’accozzaglia di gente”.

É la classica performance del potente che inizia ad avere paura. Paura di perdere consensi, paura che non siano riconosciute le ragioni della riforma, paura di perdere un potere acquisito svendendo ai Trattati europei e ai poteri finanziari il Paese che governa indegnamente, togliendo e tagliando diritti e fondi, prono com’è all’Europa. Se perderà vuole andare subito a elezioni “Non mi faccio rosolare” dice durante la kermesse piddina. E per fortuna che ha a cuore il Paese. Quanto di deforme c’è nella riforma costituzionale lo conferma Paolo Maddalena, giurista, magistrato, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale

Professor Maddalena, siamo vicinissimi al voto referendario. In ultima analisi, ci può ribadire anzitutto i motivi dell’incostituzionalità di questa riforma? Non avrebbe dovuto essere stata bocciata sul nascere dalla Corte costituzionale, a causa dell’eccessivo intervento di modifica che tocca ben 47 articoli con tematiche diverse. E perché ciò non è avvenuto?

Questa riforma, come ha affermato di recente la ministra Boschi, costituisce un tassello dell’intera politica del Governo Renzi. In sostanza essa serve per dare una legittimazione costituzionale alle varie leggi varate dal Parlamento a favore delle multinazionali e delle banche e contro gli interessi degli Italiani: lo Sblocca Italia, il Jobs Act, la riforma della Scuola e la riforma della Pubblica Amministrazione.

In realtà questa revisione costituzionale, che cambia un terzo della Costituzione vigente, eccede i limiti propri della revisione e richiederebbe un’approvazione da parte di un’assemblea costituente. La cosa più grave è che questa revisione modifica implicitamente lo stesso articolo 138 cost. posto dai Costituenti a garanzia delle modifiche costituzionali.

Mentre detto articolo prevede che la revisione costituzionale debba essere approvata da due Camere di pari rango per due volte ad una distanza non inferiore ai tre mesi, con la modifica costituzionale approvata dal Parlamento una delle due Camere, il Senato, ha un rango inferiore alla Camera dei Deputati, essendo composto non più da Senatori eletti, ma da consigliere regionali e sindaci nominati dai Consigli Regionali. E, d’altro canto, in virtù del ballottaggio la maggioranza dei deputati può essere eletta anche soltanto dal 20% dei votanti e cioè da circa il 10% degli aventi diritto al voto. Ciò consente al Governo e al Parlamento di modificare anche la parte prima della Costituzione, che riguarda i diritti fondamentali, con la rappresentanza di una parte minima del popolo italiano. É proprio quanto vuole la JP Morgan come si legge nel documento dalla stessa pubblicato il 25 maggio 2013.

In proposito è da rilevare che questa incostituzionalità non poteva essere fatta valere dalla Corte Costituzionale in via preventiva, poiché in questa sede, ai sensi dell’art.75 cost. la Corte è tenuta a verificare che la revisione non riguardi leggi tributarie, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Il dato che la revisione riguardi tematiche diverse doveva esser fatta valere dall’ufficio per il referendum presso la Corte di Cassazione e, visto che ciò non è avvenuto, dal Tar Lazio.

Quali fra gli 11 principi fondamentali irriformabili per legge, sono messi in discussione dalla riforma Renzi-Boschi?

Come sopra detto la revisione potenzialmente vìola l’intera Costituzione, compresi gli undici principi fondamentali.

Andando nello specifico, la riforma su quali articoli incide più pesantemente? Verrebbe da pensare all’abolizione del Senato. In realtà leggendo il nuovo articolo 70 si intuisce che il Senato non verrà totalmente eliminato. Sembra un pasticcio incomprensibile

La riforma incide pesantemente sul principio di rappresentanza trasformando il Senato in un organo di nominati e limitando le autonomie locali. D’altro canto, i Senatori essendo eletti dai Consigli regionali dovrebbero rispondere soltanto a questi, mentre al contrario partecipano alla formazione di leggi per tutto il popolo italiano esercitando tale funzione senza vincoli di mandato e, per giunta, con immunità. Si tratta di uno stravolgimento della democrazia parlamentare.

Come avrebbe dovuto, invece, essere riformato il Senato, per consentire l’integrità della dignità parlamentare. In fondo anche Pietro Ingrao era favorevole al monocameralismo, ma di certo non come quello proposto dalla riforma

Non c’era alcuna necessità di riformare il Senato. Chi ritiene necessario il monocameralismo deve comunque tener presente che esso comporta un sistema elettorale assolutamente proporzionale, cosa che non avviene nella situazione attuale.

La modifica per abbreviare l’iter legis, saltando la navetta, appare più che altro una corsia preferenziale per i ddl governativi, rendendo il Parlamento subalterno. A esser malpensanti o a essere obiettivi è stata confezionata per dare più potere al governo. Qual è il suo pensiero?

É falso pensare che la modifica del Senato possa abbreviare i tempi per l’approvazione delle leggi. Basti pensare che in caso di disaccordo tra Camera e Senato la soluzione deve essere trovata dai loro Presidenti e se essi non si mettono d’accordo occorre ricorrere alla Corte Costituzionale, allungando i tempi di almeno un anno.

Renzi, oltre alla carta della semplificazione, per fare approvare la sua riforma si sta giocando anche la carta del risparmio e delle regalie ai cittadini attraverso i bonus alle fasce deboli. Non le sembra una modalità infida e ingannevole, oltretutto legalizzata e diffusa dagli enormi spazi televisivi concessi alla campagna per il Si?

Certamente si tratta di pubblicità ingannevole e si può anche parlare di voto di scambio.

Lei che ne pensa del cambiamento, prospettato come un miracolo italiano e tanto decantato dal Premier?

Non si tratta di cambiare, ma di mantenere una politica di asservimento ai poteri finanziari che dura da oltre 40 anni e che sta trovando la sua conclusione in questa riforma costituzionale e nell’approvazione del trattato transatlantico TTIP e del CETA.

Cosa ne pensa degli interventi oltralpe e oltreoceano, provenienti dagli Usa e dalla J.P. Morgan che stanno potenziando il contenitore del Sì?

Gli interventi d’oltralpe e oltreoceano mirano a distruggere la sovranità del popolo italiano ed a sottoporlo alla sovranità dei mercati, proprio secondo il pensiero neoliberista.

Se vincerà il Sì ci sarà ancora possibilità di salvare la democrazia e i nostri diritti o sarà la fine dello stato di diritto?

La vittoria del Sì distruggerà la democrazia ed instaurerà un regime oligarchico, se non dittatoriale.

L’Europa è nostra nemica o più precisamente è nemica della Costituzione repubblicana, fondata sulla democrazia e sui diritti. Invece del riformismo voluto da Renzi per adeguarsi ai diktat europei, non sarebbe bene uscirne, per riacquistare con il tempo la sovranità popolare, monetaria e l’autonomia di mercato?

Sarebbe bene uscire dall’Euro, ma restare in Europa. Infatti con gli attuali manovratori europei abbiamo perso tutte le nostre industrie e gran parte dei demani e dei territori, abbiamo ridotto la spesa pubblica, abbiamo creato migliaia e migliaia di disoccupati e non abbiamo nessuna possibilità di svolgere una politica economica agricola e industriale. Una moneta unica, come dice Latouche, è la volpe nel pollaio. L’Unione Europea presuppone una parità tra gli Stati membri e non il predominio della Germania. Si tenga presente che l’art.11 cost. dice che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”.

Dall’inquietante ultima arringa di Renzi alla Leopolda cosa se ne può evincere? Renzi cosa teme, oltre a perdere la sua battaglia per promuovere la riforma? Qual è la sua posta in gioco in questo referendum, c’è dell’altro? Si può pensare ad un vincolo con la J.P. Morgan in cui i suoi interessi sono in gioco?

Tutte le leggi del Governo Renzi e la stessa riforma costituzionale seguono le direttive impartite dalla finanza internazionale. Il fatto che Renzi si sia lasciato andare ad insulti affermando che i Comitati del No sono un’accozzaglia di gente, dimostra che non ha altri argomenti e che si sente mancare il terreno sotto i piedi.

Infine lei pensa che la nostra Costituzione oggi debba essere modificata, se sì in quali parti, o finalmente applicata?

A mio avviso la nostra Costituzione, ponendo al centro la tutela della persona umana ha un carattere, come suol dirsi, “atemporale”.

12/11/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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