I migliori film del 2015 (seconda parte)

Si conclude la nostra rassegna dei migliori film usciti sul grande schermo in Italia nel corso del 2015.


I migliori film del 2015 (seconda parte)

Si conclude la nostra rassegna dei migliori film usciti sul grande schermo in Italia nel corso del 2015. Anche in questo caso, per i film già da noi recensiti su questo giornale ci limitiamo a riportare il link, mentre per gli altri forniremo una recensione di dimensioni ridotte.

di Renato Caputo e Rosalinda Renda

continua da I migliori film del 2015 (prima parte)

29) Predestination di Michael e Peter Spierig, Australia 2014, voto: 7-

Film interessante, godibile e ben confezionato che lascia alquanto da pensare allo spettatore; tuttavia, finisce per tradire le aspettative che suscita. La catarsi finale, pur rompendo il necessario corso del tempo, dando un fine e con essa un senso alla vita – permettendo anche di ricomprendere e riconciliarsi con il proprio passato facendo tesoro degli errori – non è soddisfacente. Il corso del mondo sembra dominato dalle scelte di singoli individui “geniali” e da un’organizzazione segreta che difende l’esistente dalle minacce esterne, anche esse derubricate a iniziative di singole schegge impazzite. Per quanto interessante la dinamica per cui i servizi di sicurezza si legano in una diabolica spirale con gli atti terroristi, dal momento che l’uno opposto chiama necessariamente in causa l’altro, l’assenza della stessa possibilità di un’alternativa, al di là dell’eroismo individuale, non può che lasciare insoddisfatti.

28) Irrational Man di Woody Allen, Usa, voto: 7-

Film solo apparentemente sottotono e minore. Anzi, Allen abbandona il consueto e consolidato genere comico, per affrontare una tematica decisamente tragica: il senso della vita dal punto di vista dell’essere per la morte del singolo. Non a caso, protagonista è un filosofo esistenzialista figlio della sconfitta, che nell’attuale età di restaurazione ha smarrito del tutto il principio speranza e rischia di soccombere dinanzi alla tenebra dell’esistente. Sino a quando si erge a vendicatore mascherato dell’ingiustizia nel modo più immediato e irrazionale. Da questo punto di vista il film, come Predestination, lascia da riflettere su come i figli di un’epoca, che ha perso ogni fiducia nella storia e nella politica, siano facile preda di un azionismo irrazionale e violento, pur di poter dare un senso e un valore alla propria esistenza.

27) La legge del mercato di Stéphane Brizé, Francia, voto: 7-

Film che rappresenta cinematograficamente questione sostanziali, ma in modo troppo immediato, documentaristico. Il contenuto, di sicuro interesse, non è adeguatamente valorizzato dalla scelta formalista di realizzare un film nello stile dei fratelli Dardenne. Tale manierismo entra così in contraddizione con la vitalità della rappresentazione realistica della dignità di una classe operaia che subisce tutta la spietatezza della logica sempre più devastante del mercato, senza essere in grado di rispondere se non sul piano astratto del diniego morale.

26) La Teoria del tutto di James Marsh, Gran Bretagna, voto: 7

Film intenso, piuttosto realistico e valido nello scavo psicologico dei personaggi. Ricco dal punto di vista della catarsi e della prospettiva che apre, in quanto mostra come la volontà di vivere, conoscere e amare vada al di là anche delle più tragiche vicissitudini della vita. La conclusione lascia un po’ di amaro in bocca, in quanto il film non ha una conclusione, ma scade nella cronaca biografica del protagonista.

25) Turner di Mike Leigh, Gran Bretagna 2014, voto: 7

cfr. Turner, il pittore della luce

24) Home - A Casa di Tim Johnson, voto: 7

Home si pone al vertice dei film di animazione statunitensi dell’anno, a ulteriore dimostrazione che si tratta di un’annata non particolarmente felice. Il film è stato realizzato con meno mezzi di Inside out ed è certamente meno innovativo e profondo, ma è decisamente più significativo e progressivo dal punto di vista del contenuto. Mentre Inside out è il tipico film conservatore della Disney, Home è il tipico film americano liberal. Il film è indubbiamente politically correct, improntato al tipico moralismo buonista dell’America progressista, al punto che anche il potere, il lato cattivo della storia si mostra alla fine come l’altra faccia del positivo. Allo stesso tempo, però, Home offre di tale classico prototipo una versione decisamente innovativa e radical rendendo protagonisti una giovane immigrata di colore, emarginata nella società statunitense, e uno sfigatissimo alieno, altrettanto emarginato per la sua umanità.

23) This Changes Everything di Avi Lewis, Canada, voto: 7

cfr. Le contraddizioni dell’ambientalismo

22) Big eyes di Tim Burton, Usa, voto: 7

Film piacevole, ben fatto, che lascia inaspettatamente molto da pensare allo spettatore, in particolare sul rapporto fra l’artista, la sua opera, il falso, la funzione sempre più determinante delle case d’arte, il rapporto uomo-donna e in particolare il riprodursi al suo interno della lotta di classe. La soluzione catartica finale ha il limite di essere risolta sul piano non artistico della cronaca, ossia della storia “vera” su cui si basa il film.

21) Il ponte delle spie di Steven Spielberg, Usa, voto: 7

Film indubbiamente molto ben realizzato. Risulta avvincente, interessa e commuove, oltre a essere ben recitato e ad avere nei due personaggi principali delle figure interessanti e piuttosto complesse. Nel primo tempo il film riesce a essere anche piuttosto equilibrato dal punto di vista storico e a criticare in modo adeguato la caccia alle streghe anticomunista. Nel secondo tempo diviene invece il classico film amerikano da guerra fredda, fuori tempo massimo, completamente falsificante dal punto di vista storico, con i comunisti mostrati come dei mostri sadici e mezzi nazisti. Una caduta di tono vergognosa. D’altra parte il film presenta una significativa riflessione sul valore del diritto e della morale, ma è assolutamente incapace, a causa della consueta ideologia esasperatamente individualista statunitense, di comprendere la superiore sfera etica e politica.

20) La giovinezza di Paolo Sorrentino, voto: 7

cfr. Uno stanco ed incantevole idolo del passato: la giovinezza secondo Sorrentino

19) Kreuzweg - Le stazioni della fede di Dietrich Brüggemann, Germania 2014, voto: 7

Film fin troppo rigoroso, al punto dal finire con l’essere pesante e noioso. Efficace come denuncia della irrazionalità della religione e di come questa costituisca un pericolo per i giovani indifesi nella loro ingenuità e non adeguatamente protetti dalla società dalla disgrazia di nascere in una famiglia di fondamentalisti religiosi. Importante anche perché sottolinea come la formazione debba essere pubblica e non lasciata sotto il controllo privato di una famiglia o, peggio, di una chiesa. Il film oscilla fra il realismo e il naturalismo ma è privo di qualsiasi prospettiva di superamento della barbarie della tradizione. Non è in grado di presentare una reale alternativa e resta, quindi, una denuncia della barbarie che rischia di riaffermarsi se non si trova una soluzione razionale e progressiva alla devastante crisi, anche di valori, della società capitalista.

18) A Perfect Day di Fernando León de Aranoa, Spagna, voto: 7

Film divertente, ben girato e abbastanza interessante. A partite da un punto di vista particolare, ovvero quello di alcuni operatori umanitari occidentali, il film denuncia, senza mai scadere nella retorica, l’assurdità e le devastazioni prodotte dalla guerra. Inoltre, mostra come in tale assoluta irrazionalità della guerra, i caschi blu dell’Onu, con i loro rigidi protocolli militareschi, non facciano altro che aggiungere elementi di irrazionalità grotteschi. Il limite principale del film è nel non ricercare le ragioni della guerra, in questo caso di Bosnia, ma di presentarla come un dato di fatto, quasi si trattasse di una calamità naturale.

17) Inside out di Pete Docter, Usa, voto: 7

cfr. Inside out: la fede di vivere nel migliore dei mondi possibili

16) La isla mínima di Alberto Rodríguez, Spagna 2014, voto: 7+

Film godibile, ben costruito e recitato con personaggi abbastanza realisti, complessi e tipici. Grazie alla forma del giallo, La isla mínima si rivolge a un pubblico piuttosto ampio, ma al contempo dà da pensare e denuncia lo sfruttamento della miseria da parte dei padroni che ne sono la causa. Il film ha un significativo sfondo storico e sociale con la fine del franchismo e le sue nefaste conseguenze, in un’ambigua e pericolosa fase di transizione. Anche il personaggio positivo non è del tutto positivo, ma ne emergono chiaramente i limiti nel suo astratto moralismo. Al contempo, il personaggio negativo ha aspetti positivi e la sua colpevolezza non è poi così completa. Ma proprio per mantenere questa dialetticità il film finisce per perdere di vista la contraddizione principale e finisce per assolvere troppo, in nome della ritrovata riconciliazione, i terribili crimini e misfatti del fascismo spagnolo.

15) Fuochi di artificio in pieno giorno di Yinan Diao, Cina 2014, voto: 7+

cfr. Marlowe nella Repubblica popolare: il destino noir che incombe sul sogno cinese

14) Quando c'era Marnie di Hiromasa Yonebayashi, Giappone 2014, voto: 7+

Film di animazione di ottima qualità, non commerciale, né scontato, né di maniera. Tocca temi sostanziali, limitatamente alla sfera etica della famiglia, mentre non sfiora nemmeno, e questo è il suo peggior difetto, l’ambito della società civile e dello Stato. Il film, entro questi limiti, dà molto da pensare ed è dotato di una significativa catarsi. È avvincente e piuttosto realista anche se i personaggi sono poco tipici e hanno scarsa caratterizzazione sociale. Infine, il film si spinge fino al limite estremo della rottura con il genere del cinema di animazione, alludendo in modo piuttosto esplicito alla problematica della sessualità adolescenziale, per altro in un rapporto omosessuale. Tuttavia, il confine non è mai superato e, anzi, alla fine tutti gli aspetti conturbanti sono ricompresi e sciolti in un apollineo happy end, che sacrifica troppo l’aspetto dionisiaco.

13) Le ricette della Signora Toku di Naomi Kawase, Giappone, voto: 7+

Film delicato, commuovente, godibile, ben girato e profondo. Tocca con estrema delicatezza un tema sociale particolarmente scottante, ovvero l’esclusione sociale del diverso, attraverso la delineazione dei tre personaggi principali. In primo luogo la terribile condizione dei malati di lebbra, costretti a sopravvivere fino al 1996 in una condizione di totale isolamento dal resto della società. Anche in seguito, la loro possibilità di inserirsi nella società civile incontra enormi difficoltà dovute ai pregiudizi, come dimostra la storia dell’anziana signora nel film. Altro tema affrontato è la denuncia della condizione di un povero proletario che finisce in carcere a seguito di una rissa e ne esce indebitandosi a vita con il proprietario di un chiosco, dove è costretto a lavorare per il suo creditore. Infine, una giovane figlia di una ragazza madre, che ha difficoltà a portare avanti gli studi. In tutti i casi, queste condizioni di sofferenze danno ai tre una sensibilità e uno spirito solidale fuori dal comune. Il limite del film consiste nel non uscire dalla sua dimensione minimal e di non mettere in questione i valore tradizionali che tendono a essere un po’ troppo esaltati dinanzi all’arida spietatezza della logica del mercato.

12) Dove eravamo rimasti di Johnatan Demme, USA, voto: 7,5

cfr. Dove eravamo rimasti: una commediola geniale

11) Fiori d'equinozio di Yasujiro Ozu, Giappone, 1958, voto: 7,5

Film molto bello, toccante e umano. Dà molto da pensare sui rapporti all’interno della comunità etica della famiglia, dominata dalle concezioni tradizionaliste del patriarcato, funzionalizzate al dominio borghese. Diviene evidente la lotta di classe che si svolge all’interno della famiglia, nel cui ambito i personaggi positivi sono costituiti dalle donne, che si battono per il riconoscimento paritario contro il rapporto servo e padrone difeso dal pater familias sulla base della tradizione, ma contrario alla ragione. Il film mostra, anche se come contraddizione secondaria, anche i limiti della madre e della figlia, che comunque sono artefici del loro destino e di conseguenza della loro esistenza. Al solito, il film di Ozu ha difficoltà a svilupparsi sul piano etico della società civile, appena sfiorato e ancora più su quello dello Stato. Alla fine, paradossalmente, è meglio che il suo conservatorismo lo leghi alla famiglia, perché sugli altri piani emerge la sua cultura reazionaria.

10) Vizio di forma di Paul Thomas Anderson, Usa 2014, voto: 7,5

cfr. Philip Marlowe nel 1970. Una raffinata rivisitazione dell’hardboiled in chiave hippie

9) Tutto può accadere a Broadway di P. Bogdanovich, Usa, voto: 7,5

cfr. Tutto può accadere: una commedia sofisticata che dà da pensare

8) Difret. Il coraggio di cambiare di Zeresenay Berhane Mehari, Etiopia 2014, voto: 8-

Bel film su un tema sostanziale: la lotta della ragione per l’emancipazione dell’umanità, nel caso specifico, per la liberazione della donna dal dominio oppressivo della tradizione e del machismo. Film appassionante, ben confezionato, che dà molto da pensare, soprattutto in un’epoca come la nostra dominata dal tradizionalismo, dal mito delle culture tribali, delle visione del mondo religiose. Il limite principale del film è che lascia credere che la lotta per l’emancipazione possa essere vinta da individui singoli, tramite gli strumenti della legge e non mediante la mobilitazione sociale e politica delle masse.

7) Going Clear: Scientology e la prigione della fede di Alex Gibney Usa, voto: 8-

cfr La prigione della fede: una denuncia notevole e documentata

6) Nausicaa della valle del vento di Hayao Miyazaki, Giappone 1984, voto: 8

Film di ottima fattura, che assicura godimento estetico per i grandi e i piccini e dà, a tutti i livelli, molto da pensare. La prima cosa che colpisce è che come in quasi tutti i film di fantascienza non si tiene conto dell’alternativa socialista e, quindi, si dà per scontato un futuro di barbarie, che almeno è utile per denunciare l’attuale modo di produzione che porta l’umanità alla rovina. In questo caso sotto accusa sono, come avviene generalmente nei film di Miyazaki, la guerra e la devastazione dell’ambiente. Nel film appare chiaramente l’irrazionalità dell’ideologia oggi dominante, che spinge gli uomini invece di cooperare, riconoscersi e amarsi, a distruggersi fra di loro per una sete di potere e ricchezze così cieca che porta a distruggere l’ambiente, visto unicamente come uno strumento della propria volontà di potenza. Il film ha tutti i pregi e i difetti della critica ecologista al capitalismo e della critica pacifista alla guerra. Eccellente in particolare il suo denunciare l’irrazionalità della violenza e l’esigenza di stabilire un rapporto di riconoscimento e di amore non solo con gli uomini delle più diverse civiltà, ma con la stessa natura. Manca del tutto, difetto tipico del pacifismo e dell’ambientalismo, una corretta analisi di classe della società. La lotta di classe pare possibile solo come lotta di liberazione nazionale, ma all’interno della nazione non solo non appare lo sfruttamento e il dominio del neo-feudalesimo, che si è imposto con la nuova barbarie, ma questo viene troppo spesso esaltato.

5) La regola del gioco di Michael Cuesta, Usa, voto: 8

cfr. Il re è nudo! La regola del gioco, un film di denuncia controcorrente

4) Mia madre di Nanni Moretti, Italia, voto: 8

cfr. Mia madre: la relativa capacità di incidere sul presente di un bel film nato classico

3) Selma - La strada per la libertà di Ava DuVernay, Usa 2014, voto: 8

cfr. Selma, ovvero solo la lotta paga

2) Mountains may departs di Jia Zhang-Ke, Cina 2015, voto: 8

cfr. "Le montagne si possono spostare". Le contraddizioni dello sviluppo cinese

1) Viaggio a Tokyo di Yasujiro Ozu, Giappone 1953, voto: 8,5

cfr. Tradizione realista vs mosche cocchiere del formalismo

07/01/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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