L’ideologo del fascismo

Gerarca fascista, Gentile è stato l'autore del discorso agli italiani del 24 giugno 1943, che porta alla fondazione della Repubblica di Salò, che sostiene sino alla sua fucilazione da parte dei partigiani.


L’ideologo del fascismo

Link al video della lezione dell’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi. 

1. Giovanni Gentile

Gentile è stato con Benedetto Croce il filosofo più influente del primo cinquantennio del Novecento in Italia. Nato in Sicilia nel 1875, Gentile insegna dopo la laurea filosofia nei licei. Dal 1903 conosce Croce, con cui collaborerà alla redazione di “La Critica” nel segno della rinascita dell’idealismo, come reazione allo scientismo positivista allora dominante. Dal 1906 è professore universitario. Le sue opere filosofiche più importanti sono composte negli anni giovanili dal 1911 al 1922, fino all’avvento al potere del fascismo, quando il suo impegno si volgerà principalmente alla politica.

Dall’interventismo al fascismo

A differenza di Croce, Gentile è interventista convinto e aderisce da subito – in quanto liberale, sottolinea – al fascismo di cui diviene l’intellettuale di spicco. Così si allontanerà dal liberale Croce che invece intendeva utilizzare il fascismo contro le sinistre, per poi metterlo da parte. Gentile fonda allora una sua rivista: il “Giornale critico della filosofia italiana” nel 1920.

La fascistizzazione della riforma dell’insegnamento superiore di Croce

Succede a Croce quale ministro dell’Istruzione dopo la conquista del potere da parte del fascismo, e porta a compimento, fascistizzandola, l’importante riforma dell’istruzione, messa a punto da Croce, che dà una forma che arriva quasi ai giorni nostri ai licei italiani. 

Il Gentile storico della filosofia

Gentile giustifica filosoficamente la sua adesione al fascismo, quale ripresa della posizione della destra hegeliana. Nel 1925 scrive il Manifesto degli intellettuali fascisti, divenendo il più autorevole teorico del fascismo. Dirige e promuove l’Enciclopedia italiana. Poi riprende i suoi studi sulla storia della filosofia italiana, con cui aveva fatto dell’idealismo l’esito naturale della tradizione filosofica italiana più autentica: lo spiritualismo che pervade i pensatori di maggior rilievo del Risorgimento come Gioberti, Rosmini e Mazzini e in seguito lo hegelismo napoletano. Tale tradizione è ora utilizzata da Gentile quale fondamento di un presunto primato spiritualista italiano che si sarebbe compiuto nel fascismo.

Gentile teorico della Repubblica di Salò

Gerarca fascista, Gentile è stato l'autore del discorso agli italiani del 24 giugno 1943, che portò alla fondazione della Repubblica di Salò, che sosterrà sino alla sua fucilazione da parte dei partigiani.

2. Fra riforma e controriforma della dialettica hegeliana

Come per Croce, anche per Gentile decisivo è l’incontro con la filosofia di Hegel. Non a caso proprio nel suo scritto La riforma della dialettica hegeliana (1913), Gentile inserisce il saggio L’atto del pensare come atto puro poi ripreso nella Teoria generale dello spirito come atto puro (1916), su cui fonda tutta la sua filosofia, facendo di tale atto l’unica categoria logica e metafisica.

La controriforma della dialettica

La premessa generale del ragionamento di Gentile è che la verità riguarda sempre e soltanto il pensiero (accentua di Hegel ciò che Marx rifiutava), noi possiamo essere certi solo di ciò che pensiamo; il pensiero concreto è il pensiero attuale (non il pensato, che è astratto), pensiero pensante. Il soggetto del pensiero è l’io stesso che, inteso come soggetto universale cui si riducono tutti i soggetti determinati (come l’io puro fichtiano) è questo atto puro del pensiero che non ha nulla fuori di sé, in quanto è il principio stesso del mondo. L’io che pensa diviene il tutto, che nella sua sintesi annulla il reale, con una posizione di formalismo assoluto (il non-io è sintetizzato nell’io, senza neanche quella drammaticità che c’è in Fichte dove il non-io si ripropone continuamente). Ciò ha fatto parlare di controriforma della dialettica hegeliana; in Gentile solo il reale è razionale (perché sintetizzato dall’Io, ma il razionale non è reale), ciò porta alla santificazione dell’esistente (giustificazione del fascismo) secondo la tradizione della destra hegeliana. Si tratta di uno sviluppo opposto dello hegelismo rispetto al materialismo dialettico di Marx che, al contrario di Gentile, porta alle estreme conseguenze la sinistra hegeliana. Lo stesso Croce definirà mistica la concezione dello spirito di Gentile, in cui ogni distinzione viene meno, “filosofia ottima per sentirsi in unità con Dio, ma inadatta a pensare le cose del mondo”.

Il titanismo dell’autocoscienza

Inoltre, come per Fichte, la prassi diviene per Gentile titanismo dell’autocoscienza (porta allo spontaneismo), non c’è la coscienza della contraddizioni, che si fanno sparire riducendo la dialettica hegeliana a una dialettica solo concettuale; per Gramsci quella di Gentile, ma anche quella di Croce, è utopia/ideologia, perché pretendono conciliare le contraddizioni reali, mentre solo tenendo conto della contraddizione si può, secondo Gramsci, sviluppare un sapere storico reale

3. L’attualismo

Dall’idealismo Gentile giunge all’attualismo, riconducendo tutta la realtà, tutti i momenti dello spirito, dall’arte alla religione, all’atto del pensiero pensante. Per Gentile non solo ogni oggetto presuppone il soggetto pensante, ma qualsiasi attività del pensiero presuppone l’atto del pensarla, quale fondamento di ogni conoscenza, al di fuori del quale non esiste una realtà autonoma.

L’atto puro si articola in una monotriade

L’atto puro del pensare è per Gentile un processo in divenire che si articola in una monotriade: l’arte quale attività dello spirito come puro soggetto; la religione quale attività dello spirito come oggetto; la filosofia quale immanenza di soggetto e oggetto nello spirito.

4. L’estetica

Come in Croce per Gentile l’estetica è una conoscenza pre concettuale, pura liricità e fantasia del soggetto, puro sentimento. L’arte vive di per sé al di fuori dell’atto del pensiero in quanto prodotto del passato. Tuttavia anche l’arte deve risolversi nel pensiero. 

La concezione della religione

Nella religione secondo Gentile il soggetto puro si aliena a tal punto da concepire un essere a sé estraneo – dio – in quanto soggetto assoluto. La religione nega così l’autosufficienza del pensiero e del soggetto, negando la sua stessa libertà. Nella religione l’atto del pensiero si rovescia, in quanto è l’oggetto del pensiero, dio, che si rivela al soggetto umano. 

La filosofia quale sintesi di soggetto e oggetto

Con la filosofia si giunge alla sintesi di soggettività e oggettività, quale atto puro del pensare, in cui si risolve la logica e l’esistenza del reale, per cui l’Io va inteso quale puro atto che non si oggettiva mai in una forma determinata, mentre al contrario per Hegel l’unica realtà è costituita dall’essere determinato. Per Gentile l’Io, in quanto autotrascendimento, toglie ogni particolare, ogni individuazione.

Storia della filosofia

Se tutta la realtà si risolve nel pensiero quale sintesi di soggettività e oggettività, non può che esserci per Gentile identità di storia e filosofia. In quanto l’autocoscienza si realizza nella coscienza delle cose la filosofia sarà storia, in quanto la coscienza delle cose si realizza nell’autocoscienza la storia sarà filosofia. Per Gentile non si fa storia seguendo cronologicamente gli eventi del passato, ma risalendo dal passato inattuale al pensare attuale che vede i fatti temporalmente, ma non è nel tempo. Perciò la storia è una, ideale, eterna e risolve i momenti del passato nella contemporaneità. La storia è sempre storia presente, quale tempo dell’attuale che risolve in sé passato, presente e futuro.

5. La pedagogia e la riforma della scuola

Dal momento che ogni atto non può che identificarsi con l’atto dello spirito che pensa se stesso, anche la pedagogia secondo Gentile non può che identificarsi con la filosofia. La pedagogia si consacra alla filosofia risolvendosi in essa, di modo che nell’atto educativo si realizza una stretta identità tra educatore ed educato. Nell’atto educativo l’educando non considera più l’educatore un limite, ma come parte integrante della sua formazione. Perciò Gentile è contrario a un metodo pedagogico astratto, realizzato secondo regole e canoni validi per tutti. L’atto educativo è infatti un atto vivo che continuamente si trasforma.

Il classismo della riforma gentiliana

La nuova scuola secondo Gentile non deve essere né confessionale, in quanto educherebbe all’intolleranza, né laica, in quanto educherebbe all’indifferenza, ma dopo aver dato alle elementari – alle quali si fermano i futuri lavoratori manuali – una visione religiosa del mondo, deve permettere alle future classi dirigenti – le classi superiori della nazione le definisce Gentile – di superare la visione del mondo religiosa con l’insegnamento liceale della filosofia, che rende la religione immanente.

La netta separazione fra lavoro intellettuale e materiale

Questa concezione classista dell’insegnamento è legata alla netta distinzione sostenuta da Gentile fra lavoro manuale, sfera della strumentalità e della natura, e lavoro del pensiero, sfera della libertà. Il processo pedagogico non mira per Gentile all’individualità particolare, ma alla personalità che realizzi l’universalità dello spirito, che unifichi gli uomini. Da questa unità fra individuo e universalità verrebbe meno il contrasto tra volontà del singolo e legge dello Stato. Non vi sarà così altra volontà che quella dello spirito che supera ogni antinomia in campo pedagogico, etico e politico.

6. Idealismo e totalitarismo

Gentile aderisce al fascismo in quanto vi vede l’unica forza in grado di restaurare lo Stato di contro agli attacchi delle forze disgregatrici della sinistra. Il fascismo è il vero erede della destra storica (liberale), dopo di cui, con la vittoria della sinistra storica, si sarebbe affermato lo scientismo antispiritualista del positivismo. Ora il fascismo è chiamato a compiere l’opera spiritualista del Risorgimento, da cui Gentile espunge la corrente democratica e protosocialista, che aveva anteposto la patria all’idolo della libertà, restaurando una concezione etica dello Stato, che deve portare a una religione immanente superiore all’ateismo positivista della sinistra e alle religioni trascendenti tradizionali. Perciò Gentile afferma di riudire nella “possente voce di Mussolini, la voce dei padri del Risorgimento”. 

Lo Stato etico

Lo Stato nella concezione organicistica di Gentile è un’entità etica che risolve in sé gli individui, ricomprendendoli in un solo popolo. Per Gentile il vero individuo è l’individuo trascendentale che supera le differenze fra gli individui particolari e li riunifica come avviene nell’arte, nel bene e nel sapere. Tale individuo tende a identificarsi con lo Stato, in quanto sono al pari di arte e religione momenti interni della dialettica dello spirito. L’uomo è tutt’uno con lo Stato perché lo reca nel suo cuore. Del resto solo nello Stato etico può realizzarsi il massimo della libertà, in quanto l’individuo sarebbe libero solo se lo fosse lo Stato.

Il carattere totalitario del fascismo

Come chiarisce Gentile nella voce Fascismo dell’Enciclopedia italiana, “per il fascista tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore fuori dello Stato. In tal senso il Fascismo è totalitario”. L’individuo deve accettare l’etica del sacrificio, la religione della patria, risolvendo in essa la propria volontà particolare.

29/01/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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