Storia e coscienza di classe

Proseguiamo nell’analisi dei concetti fondamentali del primo grande libro del Lukács marxista.


Storia e coscienza di classe Credits: https://www.fanpage.it/cultura/il-governo-ungherese-odia-la-filosofia-rimossa-la-statua-di-lukacs-ebreo-e-marxista/

Segue da Il giovane Lukács

Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare A. Gramsci su argomenti analoghi

La reificazione

La forza-lavoro che produce le merci è ridotta, nella società capitalista, a merce e come tale è scambiata e impiegata, sotto il dominio delle leggi economiche della produzione capitalista, che si presentano come naturali e necessarie. Così i rapporti sociali fra gli uomini si presentano nella forma reificata di rapporti fra oggetti, ovvero fra merci, e paiono indipendenti ed estranei alla volontà dei soggetti. Ad esempio il valore di scambio, che è il prodotto di un rapporto sociale fra gli uomini storicamente determinato, in base al quale ogni ente vale il tempo di lavoro sociale necessario a produrlo, appare una proprietà di una realtà materiale come la merce o il denaro resa autonoma dalla soggettività.

D’altra parte, i lavoratori salariati possono prendere coscienza di sé come classe e, così, divengono in grado di elaborare una visione della società nel suo insieme, in grado di comprendere la propria posizione storico-sociale e mettere in questione, riunificando teoria e prassi, la società capitalista con il suo portato di alienazione. Perciò la rivoluzione proletaria si identifica, sostiene Lukács, con la realizzazione della ragione nel mondo, in quanto consente di costruire una società maggiormente universale delle precedenti. A tale alto fine, è però indispensabile squarciare prima il velo di Maia dell’estraneazione e del feticismo che impedisce al proletariato di comprendere come non solo la merce, ma anche le categorie “oggettive” dell’economia politica borghese, capitale, profitto e interesse, sono il prodotto dell’oggettivizzazione ed estraneazione della propria forza-lavoro.

Il nesso teoria-prassi quale fondamento della coscienza di classe

Nel saggio centrale di Storia e coscienza di classe, Lukács si interroga su come sia possibile superare la reificazione che caratterizza la società capitalista. La soggettività storica che può conseguire tale obiettivo è il proletariato nel momento in cui acquisisca consapevolezza del contraddittorio sviluppo del modo di produzione capitalista. A tale scopo è necessario che la pratica politica del proletariato consideri ogni sua azione di rottura dell’ordine reificato costituito in funzione dello sviluppo complessivo di una società non più alienata. Per cui, se il pensiero del proletariato ha come caratteristica essenziale di essere rivolto alla praxis, in vista della trasformazione della società esistente, la validità di tale pratica politica va considerata in relazione a quanta coscienza di classe i lavoratori hanno acquisito per mezzo di essa, ovvero sulla base di quanto sia aumentata la loro capacità di comprendere la totalità del contraddittorio processo di sviluppo storico in atto.

Il soggetto-oggetto identico della storia e lo schema hegeliano

L’operazione teorica più complessa di Lukács consiste, però, nell’interpretazione della realtà storica come un susseguirsi di oggettivazioni. Ogni epoca storica è l’oggettivazione di rapporti sociali determinati, connessi gli uni agli altri, di cui l’uomo diviene consapevole soltanto nel tempo: lo schema è quello hegeliano, dello spirito come “soggetto-oggetto identico” – questa la categoria utilizzata da Lukács – che si oggettiva, ovvero si aliena in diverse forme, prima di ritornare a sé nella forma dell’autocoscienza, comprendendo di essere il solo e unico soggetto della realtà e che, dunque, la realtà stessa non è che una sua produzione.

Il proletariato come soggetto-oggetto identico

Secondo Lukács, questo processo è storico-sociale, passa attraverso le diverse oggettivazioni dell’uomo, che danno vita a forme sociali attraversate dal conflitto tra le classi e culmina nel fatto che il proletariato, nella sua “coscienza di classe”, si trasforma in “soggetto-oggetto identico della storia”, realizzando la piena autocoscienza dell’umanità. Secondo Lukács, nella società moderna soltanto le classi sociali in quanto totalità (e non gli individui singoli), sono in grado di assumere il punto di vista della totalità stessa. Ma in realtà questo compito spetta al solo proletariato, la sola classe in grado di comprendere, comprendendo se stessa, la totalità stessa dei rapporti sociali. Essa è la sola classe capace di superare la scissione tra soggetto (conoscente) e oggetto (conosciuto).

La classe operaia ha un bisogno vitale di conoscere per produrre la sua liberazione

Perciò, per il proletariato conoscere la realtà nella sua totalità, con la massima chiarezza, è, scrive Lukács, “un bisogno di vita, una questione di esistenza: soltanto con l’apparire del proletariato giunge a compimento la conoscenza della realtà sociale”. E questo proprio per il fatto che Lukács ha individuato nel punto di vista di classe del proletariato il punto a partire dal quale la società diventa comprensibile come intero. “Solo perché per il proletariato è un bisogno di vita, una questione di esistenza, ottenere la massima chiarezza sulla propria situazione di classe; solo perché questa situazione diventa comprensibile unicamente nella conoscenza dell’intera società – conoscenza che è l’indispensabile premessa delle sue azioni, – nel materialismo storico è sorta ad un tempo la teoria delle ‘condizioni per la liberazione del proletariato’ e la teoria della realtà del processo complessivo dello sviluppo sociale. L’unità tra la teoria e la praxis è quindi soltanto l’altro lato della situazione storico-sociale del proletariato: dal punto di vista del proletariato, vengono a coincidere la conoscenza di sé e la conoscenza della totalità, ed esso è, al tempo stesso, soggetto ed oggetto della propria conoscenza” (Storia e coscienza di classe). La comprensione delle regole della realtà sociale che lo rende schiavo e delle condizioni della prassi rivoluzionaria costituiscono, quindi, per il proletariato un bisogno vitale.

Il proletario come classe che libera l’umanità

Nella storia delle oggettivazioni il proletariato prende il posto dello spirito del popolo hegeliano che ha come destino quello di superare le contraddizioni della storia e portare lo sviluppo umano ad un livello più elevato. Il proletariato moderno rappresenta, dunque, il soggetto storico della trasformazione degli attuali rapporti di produzione, in quanto nella sua coscienza di classe è depositata la prospettiva di un mutamento rivoluzionario in grado di rendere più universale e, dunque, razionale il vivere sociale.

Per spiegare il motivo per il quale questo compito spetti proprio al proletariato, Lukács incrocia così Hegel con quanto Marx scrive nella Sacra famiglia: “la destinazione a condurre lo sviluppo umano ad un livello più alto poggia, come Hegel ha giustamente notato (naturalmente in rapporto ai popoli), sul fatto che questi ‘gradi dello sviluppo esistono come princìpi naturali immediati’ ed a quel popolo (cioè a quella classe) ‘al quale siffatto momento spetta come principio naturale è affidato l’effettuazione del medesimo...’. Quest’idea viene concretizzata da Marx con piena chiarezza a proposito dello sviluppo sociale: ‘se gli scrittori socialisti attribuiscono al proletariato questa funzione di significato storico-universale, ciò non accade affatto...’ perché essi considerino i proletari come degli dei. Ma, al contrario perché nel proletariato pienamente sviluppato è fatta astrazione da ogni umanità, perfino dalla parvenza di umanità; perché nelle condizioni di vita del proletariato sono riassunte tutte le condizioni di vita dell’odierna società, nella loro forma più inumana; perché l’uomo nel proletariato ha perduto se stesso, ma, contemporaneamente, non solo ha acquistato la coscienza teorica di questa perdita, bensì è stato spinto direttamente dalla necessità ormai incombente, ineluttabile, assolutamente imperiosa – dall’espressione pratica della necessità – alla ribellione contro questa inumanità; ecco per quali ragioni il proletariato può e deve emanciparsi. Ma esso non può emanciparsi senza sopprimere le proprie condizioni di vita. Esso non può sopprimere le proprie condizioni di vita senza sopprimere tutte le condizioni di vita della società attuale, che si riassumono nella sua situazione” (Storia e coscienza di classe).

Il proletariato, frutto dello sviluppo economico, ha dunque il doppio compito di comprendere il senso del processo storico e di realizzare, con la sua azione, con la “praxis”, una nuova totalità in cui ogni oggettivazione sia superata.

La condanna dell’Internazionale

Storia e coscienza di classe segna una cesura tanto con il marxismo della Seconda Internazionale (influenzato dal positivismo), sia con quello della Terza Internazionale (fondato sulla dialettica della natura di Engels). In effetti, il concetto di una società processuale e l’importanza del nesso fra teoria e prassi ponevano l’interpretazione di Lukács in contrasto con la vulgata del determinismo economicista dominante negli ambienti della II Internazionale. Allo stesso modo, la critica all’oggettività delle scienze sociali e alla dialettica della natura contrapponeva il marxismo del giovane Lukács alla concezione del marxismo dominante nella III Internazionale. La sua teoria è stata, dunque, criticata tanto da Kautsky, quanto, nel 1924, dal segretario della III Internazionale Grigorij Zinov’ev (1883-1936) per aver sopravvalutato la spontaneità rivoluzionaria del proletariato a discapito della necessità dell’organizzazione e dell’avanguardia strutturata in partito. Storia e coscienza di classe è accusata di revisionismo, soggettivismo e idealismo. Lukács accetta la condanna, alla quale evita di replicare. Del resto, dopo essere stato nei primi anni venti vicino alle posizioni della sinistra comunista e di Rosa Luxemburg, che aveva criticato la concezione del partito e dello Stato dei bolscevichi, Lukács matura posizioni leniniste e si riavvicina all’URSS. Comincia così a collaborare con l’Istituto Marx-Engels-Lenin di Mosca.

La scoperta dei Manoscritti del 1844: oggettivazione e alienazione sono fenomeni diversi

Così nel 1930 ha la possibilità di leggere il testo originale non ancora pubblicato dei Manoscritti parigini del 1844 di Marx, noti anche come Manoscritti economico-filosofici. Una scoperta per lui sconvolgente: Marx considera l’oggettivazione il modo in cui l’uomo realizza se stesso attraverso il lavoro, mentre l’alienazione è la forma che questa oggettivazione assume nella vita di fabbrica, dove l’operaio è reso estraneo a se stesso, con la privazione della propria essenza di uomo. Dunque, per Marx compito del proletariato non è superare ogni oggettivazione, per realizzarsi, come dice Lukács, come “soggetto-oggetto identico”, ma superare l’alienazione per potersi oggettivare in nuovi rapporti sociali, in cui potrà mantenere il controllo sulla propria esistenza, producendo le condizioni della riproduzione della specie oltre ogni forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Continua sul numero 258 on-line dal 23 di novembre

27/10/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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