Terza internazionale e comunismo di guerra

Dall’aggressione delle potenze imperialiste alla guerra civile, dalla vittoria dei Rossi ai motivi della sconfitta in Polonia, dall’Opposizione operaia alla NEP.


Terza internazionale e comunismo di guerra

I motivi dell’intervento armato contro la rivoluzione delle potenze imperialiste

Il governo rivoluzionario si trova dinanzi un enorme debito contratto dalla pachidermica e corrottissima amministrazione zarista nei confronti delle potenze occidentali, in particolare dell’Intesa, uscite vincitrici dalla guerra. Non potendolo ripagare senza perdere completamente, con misure antipopolari, il sostegno del proletariato, il governo non lo riconosce e lo ripudia in quanto contratto da un regime rovesciando il quale la rivoluzione si è affermata. Inoltre la propaganda delle concezioni rivoluzionarie, a partire dai Decreti di novembre, consente alle idee della rivoluzione socialista di diffondersi rapidamente in tutto il mondo, in particolare nei paesi usciti sconfitti dalla guerra come l’Ungheria, la Germania, l’Austria e in paesi come l’Italia durissimamente provati dalla guerra imperialista; in tali pasi vengono maturando condizioni favorevoli alla rivoluzione. Dinanzi a questo scenario, tutte le grandi potenze imperialiste decidono di intervenire direttamente contro la Rivoluzione o indirettamente, sostenendo le forze controrivoluzionarie dell’ex Impero zarista, i bianchi, che hanno dato inizio a una spaventosa guerra civile.

La guerra civile (1917-1923)

Si forma un largo fronte contro-rivoluzionario che unisce tutte le componenti delle classi dominanti prima della rivoluzione socialista, dalla nobiltà, alla borghesia rappresentata dal partito liberal-democratico, sino ai contadini agiati (i kulaki) e la componente più retriva degli stessi contadini poveri egemonizzata dal clero e spaventata dalle requisizioni forzate attuate dal governo Rivoluzionario per poter consentire allo Stato proletario di sopravvivere nel corso della spaventosa guerra civile. Le armate bianche sono dirette da generali zaristi come: Kolcak, Denikin, Judenic, mentre l’armata rossa è stata rapidissimamente costruita e posta nelle condizioni di tenere testa a un così possente nemico, grazie a L. Trotzky che utilizza il pugno di ferro per imporre la disciplina militare, indispensabile per condurre la guerra, a una moltitudine di militanti rivoluzionari da sempre portatori di una concezione del mondo antimilitarista. La guerra, come tutte le guerre civili, produce inevitabilmente atrocità su entrambi i fronti, anche se in esse si distinguono particolarmente i bianchi che si scatenano non solo contro i rivoluzionari e chiunque sembra sostenerli, ma anche contro le minoranze e in primo luogo gli ebrei, individuati ancora una volta dalla destra come il più comodo capro espiatorio contro cui scatenare la rabbia e la disperazione delle masse incolte. Nel momento in cui lo zar e la famiglia reale stanno per essere liberati per essere restaurati sul trono dalle truppe bianche il soviet che li aveva presi in custodia si esprime per la fucilazione. Trotzky nel frattempo è riuscito a imporre l’ordine fra le fila del popolo in armi, che costituisce la base di massa dell’armata rossa, con spietato rigore rivoluzionario. Sorge nel frattempo la Ceka, la polizia politica, per garantire il rispetto dell’ordine nuovo socialista che i nemici della rivoluzione cercano in ogni modo di sabotare.

La vittoria dei rossi

Giovani generali di estrazione proletaria come S. M. Budennyi, comandante della cavalleria del Don, consentono di vincere i bianchi e le forze delle grandi potenze sbarcate in Russia: francesi, inglesi, americani, italiani, giapponesi, ciechi e polacchi. Molte delle grandi potenze, in primo luogo la Francia, sono costrette al ritiro perché i militari di estrazione proletaria tendono a fraternizzare con i rivoluzionari russi. Continuano, tuttavia, a finanziare i bianchi, a imporre il blocco commerciale ai territori sovietici, creando un cordone sanitario fra gli stati confinanti, dal momento che le forze conservatrici considerano la rivoluzione un pericoloso virus contagioso. Così nei Paesi baltici, in Finlandia, Polonia e Turchia le potenze imperialiste favoriscono la formazione di regimi di destra, recisamente anti-comunisti, che in un modo o nell’altro prendono parte, in funzione anti-sovietica, alla guerra civile.

Le ragioni della sconfitta dell’armata rossa in Polonia

L’incredibile vittoria su tutti i fronti delle forze rivoluzionarie dell’armata rossa, è messa a repentaglio dall’improvvido tentativo dell’esercito sovietico di marciare sulla capitale della Polonia, Varsavia, con il fine di dare manforte alle forze rivoluzionarie che erano in piena mobilitazione nell’avanzata Germania. I rossi mirano a fomentare l’insurrezione del proletariato polacco o sperano comunque nel suo appoggio. Tuttavia dinanzi all’aggressione al proprio paese di soldati provenienti dall’ex impero russo, che per moltissimi anni aveva dominato e oppresso il proprio paese, la massima parte dei lavoratori polacchi si schiera in difesa dell’indipendenza nazionale da poco conquistata contro lo storico nemico russo. Come la democrazia anche la rivoluzione non sembra esportabile, come aveva invano cercato di far capire agli altri dirigenti del proprio partito Lenin. L’esercito polacco, così, non solo respinge l’offensiva nel proprio paese dell’armata rossa, ma forte del successo lancia un contrattacco riuscendo ad arrivare nel 1920 a Kiev, capitale dell’Ucraina, per secoli contesa ai russi, dove sono sconfitti dai rossi e ricacciati indietro. Tuttavia pur di ottenere la pace, per la quale si mobilita strenuamente Lenin, l’armata rossa è costretta a cedere l’Ucraina occidentale occupata dai polacchi.

La Terza Internazionale (comunista)

In piena guerra civile il governo rivoluzionario convoca il primo congresso della Terza internazionale (comunista, il Komintern) anche per rompere il blocco economico e il cordone sanitario imposti dalle grande potenze imperialiste per soffocare la rivoluzione e impedirne la capacità di attrazione ed emulazione da parte del proletariato di tutto il mondo. Le assemblee attraverso cui si viene costituendo fra il 1919 e il 1920 la Terza Internazionale si rivolgono a tutti i paesi oppressi dall’imperialismo per incitarli, aiutarli ad organizzare e a portare avanti la lotta di liberazione nazionale anti-coloniale, prima indispensabile tappa per lo sviluppo da parte dei popoli oppressi del processo rivoluzionario. I comunisti del paese della rivoluzione divengono egemoni all’interno della Terza internazionale e spingono i rappresentanti dei partiti socialisti e operai degli altri paese a rompere con le forze riformiste per dar vita, dove ce ne fossero le condizioni, a partiti comunisti rivoluzionari.

Il comunismo di guerra (1918-1920)

Dinanzi alla guerra civile e al blocco economico imposto dalle potenze imperialiste, le forze rivoluzionarie reagiscono con i drastici provvedimenti del comunismo di guerra, indispensabili alla sopravvivenza stessa del paese della rivoluzione. Innanzitutto vi era da risolvere impellentemente il problema di fornire i beni di prima necessità agli operai nelle città e ai soldati al fronte impegnati nella guerra civile, compito reso drammaticamente complicato a causa dell’aggressione delle potenze imperialiste e dello stato di assedio imposto al paese dei soviet. Anche perché, liberati grazie ai primi decreti rivoluzionari dai pesantissimi canoni di affitto che gli imponevano i padroni, i lavoratori agricoli tendevano a un produzione finalizza quasi esclusivamente all’autoconsumo e alla vendita dei prodotti eccedenti al mercato nero, visto che la valuta utilizzata dal governo rivoluzionario per tentare di approvvigionare le città, ridotte alla fame più nera, era completamente svalutata dalla spaventosa inflazione che la colpiva in quei frangenti così drammatici in cui la stessa sopravvivenza del governo rivoluzionario appariva appesa a un filo. La situazione tende ulteriormente a peggiorare dopo la pace di Brest-Litovsk e poi con la successiva pace con la Polonia che comportano la cessione ai nemici stranieri dell’Ucraina cerealicola, vero e proprio granaio dell’ex Impero russo. Perciò i soldati dell’armata rossa – per potersi approvvigionare e rifornire del necessario gli operai impegnati in un drammatico sforzo produttivo per consentire all’armata rossa di vincere la guerra per la vita e la morte impostale dalle forze contro-rivoluzionarie – devono procedere a requisizioni forzate dei beni di prima necessità e del sovrappiù prodotto dai lavoratori delle campagne. In tal modo i rivoluzionari rischiano di perdere la capacità di egemonia appena conquistata su la parte meno retriva dei lavoratori agricoli grazie ai decreti rivoluzionari che avevano socializzato la proprietà fondiaria. I comunisti reagiscono cercando di guidare i piccoli e poveri contadini alla lotta di classe contro i contadini agiati, i kulaki per cercare così di contrastare la diffusione del mercato nero e superare la divisione delle terre in troppe piccole proprietà individuali che impediscono la meccanizzazione e la necessaria modernizzazione della produzione agricola. Il governo rivoluzionario si vede costretto a vietare la libera vendita del grano e dei beni di prima necessità a prezzi sempre più elevati per tener dietro al crescere dell’inflazione. In tal modo tutto il sovrappiù prodotto dai lavoratori agricoli deve essere ceduto allo Stato che lo utilizzerà per approvvigionare operai e soldati dando in cambio ai contadini una cartamoneta sempre più svalutata. Ciò spinge ancora di più la maggioranza dei lavoratori agricoli a limitarsi a una produzione funzionale esclusivamente al proprio autoconsumo.

L’opposizione operaia

Anche le aziende industriali socializzate e autogestite dagli operai si vedono costrette a cedere allo Stato l’intera produzione, affinché essa possa essere redistribuita in modo di consentire la sopravvivenza del paese dei soviet. Si viene così a riprodurre una situazione di dualismo del potere con da una parte il potere scaturente dal basso dai comitati operai di fabbrica (i soviet sviluppatisi principalmente nel proletariato moderno, nella classe operaia) e il potere scaturente dall’alto dai membri del partito rivoluzionario che, nella situazione di stato di assedio imposta dalla guerra civile, tende a sostituirsi ai soviet nell’impartire, in tempo necessariamente contingentati, le direttive politiche. Più la guerra civile e il blocco economico imposto dalle potenze nemiche si inaspriscono e più tende ad affermarsi la necessità di una direzione consapevole imposta dalla struttura centralizzata e militarizzata del partito rivoluzionario che lascia sempre meno spazio alla spontaneità del proletariato e alle sue forme di auto-governo. In tale drammatica situazione si afferma nell’ala più radicale del partito una corrente che si autodefinisce Opposizione operaia e che vorrebbe imporre il potere dal basso dei soviet di contro alle direttive dall’alto imposte dal partito, quale avanguardia del proletariato. In quelle tragiche condizioni lo scontro politico tende ben presto a degenerare in una guerra fratricida quando l’Opposizione operaia si schiera decisamente con la ribellione dei marinai nella base di Kronstadt, fomentata da anarchici e socialisti rivoluzionari di sinistra. La rivolta quando sfocerà in un tentativo insurrezionale, volto a rovesciare il governo rivoluzionario, provoca la reazione e la dura repressione dei ribelli condotta in modo inflessibile dall’armata rossa guidata da Trotzky nel marzo 1921.

Continua nei prossimi numeri

01/09/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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