Accanimento terapeutico

Una riflessione poetica su un tema bioetico particolarmente delicato e sul quale sono stati emessi troppi giudizi trancianti.


Accanimento terapeutico Credits: equilibriarte.net

Accanimento terapeutico

Grazie Francesco
finalmente parole vere
per interpretare la vita
per assolvere la morte.

La peggiore ottusità smascherata
normalità e buon senso
hanno sfondato il muro
dei tabù e dell’ipocrisia
che vorrebbe decidere sull’altrui vita.

Forse domani potrà arrestarsi
il mesto pellegrinaggio
che conduce anime angosciate
in cima alla Pietra.*
Non servirà più il coraggio
della disperazione aggrappata
ad un estremo volo
con la cornice dei boschi
a nutrire l’ultimo respiro.

Con dignità e animo sereno
ognuno potrà dire addio
ai giorni di gioia
trasformati in quotidiani incubi
in orizzonti di dolore.
Addio ai paesaggi amati
ai volti cari rigati di lacrime
alle carezze tenere
che vorrebbero fuggire altrove
scoprire la propria inutilità
e non vedere più nulla
di quell’ombra che resta.

Qualcuno penserà
che si poteva osare di più
per altri è sin troppo.
La verità, questa volta,
sta nel mezzo.
A volte le parole
disegnano limiti
ma rivoluzionano anche prassi
da troppo tempo intoccabili e buie.


* Pietra di Bismantova: montagna dell’Appennino reggiano, cantata anche da Dante nel quarto canto del Purgatorio, scelta da numerose persone per porre fine alla propria vita, gettandosi dal suo dirupo verticale.


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18/11/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Giuseppe Vecchi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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