Boccioni: genio e memoria

A Palazzo Reale di Milano una mostra aperta fino al 10 luglio. A cento anni dalla morte il Comune celebra un protagonista dell’avanguardia italiana del primo Novecento. Una rassegna che esplora la genesi del suo linguaggio e le fonti visive che hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo del suo stile.


Boccioni: genio e memoria

di Gianni Rosa, Ida Paola Sozzani e Guido Capizzi

A Palazzo Reale di Milano una mostra aperta fino al 10 luglio. A cento anni dalla morte il Comune celebra un protagonista dell’avanguardia italiana del primo Novecento. Una rassegna che esplora la genesi del suo linguaggio e le fonti visive che hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo del suo stile.

Umberto Boccioni, nonostante la sua breve vita (morì per una caduta da cavallo durante un’esercitazione militare nel 1916 a soli 34 anni), è stato un artista versatile, molto prolifico e rappresentativo dell’Italia futurista di inizio Novecento. La sua opera è stata sovente al centro di vivaci critiche: vari i punti di contatto con altre correnti artistiche del Novecento, a cui guardò con interesse, ma con cui entrò anche in polemica. Nella sua produzione c’è il ritmo ansioso e concitato del momento storico di grandi trasformazioni, il fascino per la velocità vorticosa e la realtà dell’industrializzazione.

“Lo stato d’animo è la sintesi, anzi, l’architettura emotiva delle forze plastiche degli oggetti interpretate nella loro evoluzione architettonica”.

Punto di partenza della sua concezione estetica era la convinzione che nell’opera d’arte sia racchiuso un microcosmo in azione: “Per noi il quadro è la vita stessa intuita nelle sue trasformazioni dentro all’oggetto e non al di fuori”. Così, l’artista calabrese fa partecipare all’energia vitale che muove il mondo, interpretando il pathos della vita moderna, frenetica, caotica, eclettica, mantenendo tuttavia sempre una vivace tensione critica e creativa verso l’arte classica e le prime sperimentazioni avanguardistiche dei postimpressionisti e dei cubisti.

Nel 1914 nel libro Pittura scultura futuriste (Dinamismo plastico) Boccioni si rese teorico e critico di se stesso. Partendo dalla riflessione secondo cui esiste un movimento universale all’interno degli oggetti, Boccioni si concentrò principalmente sulla resa formale della continuità tra “interno” ed “esterno” e nella dialettica di “movimento relativo” e “movimento assoluto” di una figura o di un soggetto nelle sue connessioni con l’ambiente. La sua genialità consiste nella sua inconfutabile maestria tecnica, nella sua versatilità come teorico e scrittore, ma anche come precursore delle sperimentazioni artistiche d’avanguardia. Fu soprattutto come scultore che queste tendenze anticipatrici si riscontrano con maggiore originalità. Il suo temperamento gli fece impiegare, anche nel campo della scultura, la febbre dinamica e la carica emotiva che impiegava in tutte le sue opere pittoriche.

Fu in seguito all’incontro con Marinetti nel 1909 e 1910, con l’adesione al movimento futurista, che Boccioni iniziò a sviluppare forme moderne di espressione artistica. Si impegnò attivamente come teorico e animatore del gruppo futurista e  collaborò alla stesura e alla pubblicazione dei noti manifesti di pittura e scultura. Fu attirato ed affascinato dai concetti di “simultaneità” e “dinamismo”, sviluppati a partire dalla negazione del continuum spazio-temporale e dalla concezione che figure o oggetti interagiscano con l’ambiente circostante in un’unica fusione di interno ed esterno, in cui i dati dell’esperienza si intersecano ininterrottamente.

Per una riflessione critica della produzione artistica di Boccioni e del suo valore intellettuale vissuto in un contesto storico di notevoli mutamenti politico-sociali, occorre non cadere nell’associare la sua produzione a un legame di interdipendenza con il regime fascista.

In realtà fu esente o solo sfiorato – anche perché oltre a simpatizzare per il marxismo, morì prima dell’avvento del fascismo al potere – dal pregiudizio diffuso nell’interpretazione critica post bellica, secondo cui esisteva un’associazione diretta di subordinazione di molti esponenti del Futurismo alla politica del fascismo. Tuttavia, vanno riscontrate nell’artista analogie con lo spirito patriottico e guerrafondaio delle teorie e della prassi futurista. Fu solo intorno agli anni ’60 che critici e studiosi misero in rilievo la personalità di Boccioni nella sua completezza, personalità eccezionale del futurismo, apportatore di un importante e notevole contributo alle avanguardie artistiche d’Europa.

A Boccioni (1882-1916) è dedicata ancora per una settimana una mostra a Palazzo Reale di Milano: un commento complessivamente positivo con una critica all’impianto luci in parte insufficiente e inadeguato. Bella personalità, Boccioni: in tutte le opere esposte una mano di stile e di studio. Morì il 17 agosto di cento anni fa a seguito di una caduta da cavallo. In mostra un’evoluzione dell’aretista nei ritratti a sua mamma, dagli inizi del suo percorso pittorico alla fine.

02/07/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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