Il demone della paura: dall’insicurezza nella società liquida al terrorismo

Bauman e il fenomeno della società liquida, in contrasto alla solidità dei valori e dei diritti oggi inesistenti. 


Il demone della paura: dall’insicurezza nella società liquida al terrorismo

La società aperta di Popper oggi vede una massa globalizzata che si trova a fronteggiare forze sconosciute ed è esposta al destino, assalita dalla paura. Bauman e il fenomeno della società liquida, in contrasto alla solidità dei valori e dei diritti oggi inesistenti. È una società aperta e globalizzata che vive uno stato di estraneità nelle relazioni con gli altri. Si affievoliscono così i legami umani e nasce l’individualismo sfrenato. Il veleno della paura e il terrorismo.

di Alba Vastano

“La paura è il demone più sinistro tra quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo. Sono l’insicurezza del presente e l’incertezza del futuro a covare e alimentare la più spaventosa e meno sopportabile delle nostre paure” (Zygmunt Bauman).

Parliamo di paura, della paura di vivere oggi nella “società aperta”. Espressione, quest’ultima, coniata da Karl Popper, filosofo austriaco del secolo scorso, che dedicò il suo pensiero politico alla difesa della democrazia. Oggi, in una fase di piena globalizzazione della società, fenomeno che sempre più assume contenuti e risvolti negativi, l’apertura già considerata un fenomeno sociale positivo, assume aspetti d’inquietudine.

E mentre un tempo era “la coraggiosa capacità di farsi valere”, oggi contempla soprattutto il fronteggiare un destino a cui è difficile opporsi. La società aperta è oggi esposta al destino. L’apertura all’esterno, simbolo di libertà e determinazione, vede oggi una massa globalizzata di popoli che si trova a fronteggiare forze sconosciute. E viene invasa dalla paura. Terrorizzata dalla incapacità di difendersi, ossessionata dai confini territoriali, dalla sicurezza personale. Sono proprio queste rigide paure a far perdere il controllo della sicurezza. E più si tenta di esercitare il controllo meno se ne ottiene e aumentano insicurezze, paure e ossessioni. Questi spauracchi sono figli della globalizzazione negativa e delle nuove politiche liberiste, che rendono impossibile gestire la sicurezza in un solo stato o in una comunità soltanto, perché tutti i fattori determinanti, quali economia e politica, non possono prescindere da ciò che avviene nel resto del mondo. “L’insicurezza del presente e l’incertezza del futuro alimentano la più spaventosa e meno sopportabile delle nostre paure”: su questa affermazione si articola il saggio di Zygmunt Bauman Il demone della paura (edizioni Laterza Glf La Repubblica).

Bauman, sociologo e filosofo polacco, è il padre della postmodernità e della “società liquida”, idea che induce le persone ad un adeguamento costante alla massa, se non vuole sentirsene esclusa. Una società incerta, precaria e insicura a causa della globalizzazione che trasforma i produttori in consumatori compulsivi. Dal consumismo frenetico si creano “rifiuti umani”, perché la globalizzazione genera l’ansia di consumare i prodotti di mercato per sentirsi integrati in quel sistema. Colpisce soprattutto le fasce deboli della popolazione che, se non si omologano alla massa consumatrice, se ne sentono alienati, diventando, così, vittime di un girone infernale che li priva della capacità di riflessione e di pensiero autonomo e critico. Privata della cultura, la massa di consumatori alimenta quel populismo sfrenato che fa gioco al potere che nulla ha a che fare con la politica e che è la perdizione dei popoli.

È una società aperta e globalizzata che vive uno stato di estraneità nelle relazioni con gli altri. Si affievoliscono così i legami umani e nasce l’individualismo sfrenato. Questo modello di società non ha più la protezione dello Stato, è esposta, è fragile, è debole. Bauman sembra riprendere qui quello che già Karl Marx aveva individuato nel Manifesto, quando avvertiva che l’espandersi del mercato capitalistico globale avrebbe prodotto in modo inesorabile la distruzione dei precedenti modi di produzione e i legami sociali comunitari tradizionali, come i vincoli di parentela e affettivi. Dello Stato nazione che ha perso ogni abilità politica in uno spazio globalizzato non resta che un enorme “distretto di polizia” che riesce a stento ad assicurare solo l’incolumità personale.

E si è avvinti dalla paura, dalla più spaventosa delle nostre paure, quella dell’insicurezza del presente e dell’incertezza del futuro. Ci si sente impotenti, non potendo più esercitare un controllo in nessun campo, né pubblico, né privato. La politica peggiora questo stato, perché non ha più gli strumenti “che potrebbero consentirle di sollevarsi al livello a cui si è già insediato il potere, permettendoci di riacquistare il controllo sulle forze che determinano la nostra condizione comune, fissare le nostre possibilità e i limiti della nostra libertà di scelta”. Sembra sfuggirci il controllo su chi siamo, cosa facciamo e dove vogliamo andare.

Troppo ampio è lo spazio di azione e, in una società sprofondata nella globalizzazione negativa, il “demone della paura” è in agguato costante. Sebbene accanto al processo di globalizzazione negativa siano nati ricorrenti movimenti di contestazione finalizzati al rifiuto di questa globalizzazione, movimenti antisistemici come testimoniano le lotte dei Noglobal, di Occupy Wall Street, le lotte di liberazione come il movimento curdo, le lotte metropolitane sui beni comuni, i movimenti ecologisti e contro la precarietà del lavoro.

Il veleno della paura e il terrorismo

“Inter armas silent leges”: quando parlano le armi le leggi tacciono. È la deregulation che consente illegalità e violenza armata. Ognuna rafforza l’altra e dall’altra ne trae sostegno. “È la ricetta per l’ingiustizia e per il nuovo disordine mondiale che genera il dilagarsi della paura, condannando la politica a diventare la continuazione della guerra con altri mezzi” afferma Bauman nel suo saggio.

A spiegarne il concetto il filosofo si riferisce anche all’attacco in Iraq. In quell’occasione, fa presente l’autore, Donald Rumsfeld (ex Segretario della difesa degli Stati Uniti d'America) dichiarò che “la guerra sarà vinta quando gli americani si sentiranno di nuovo sicuri”. George Bush non fece altro che ripetere questa affermazione, inviandola come messaggio al mondo. Non fu così. Quella guerra gestita per mano di Bush non fece altro che aumentare in misura esponenziale la paura dell’insicurezza. Così si pronunciò Adam Curtis, riferendosi all’aumentare costante dell’insicurezza per l’incolumità personale: “Non ci sono nuovi mostri terrificanti: il veleno della paura che trasuda”. E questo avviene , mentre la deregulation mina gli ultimi baluardi difensivi dell’esistenza umana... La paura viene capitalizzata dalle politiche neoliberiste che attaccano lo stato sociale e ne diventa strumento per annientare qualsiasi cambiamento. Avviene così, costantemente ormai, uno spietato attacco allo stato sociale.

Lo scrittore del saggio sottolinea come questa strategia della paura sia stata messa in atto ancor prima dell’11 settembre in Germania quando, negli anni Settanta, il governo della Repubblica Federale Tedesca utilizzò la strategia terroristica della “Rote Armee Fraktion”. Feedback sull’azione del governo rilevarono che la maggioranza della popolazione considerava l’incolumità personale al primo posto, relegando in una situazione di minore importanza il fenomeno della disoccupazione e dell’inflazione. Nel saggio di Victor Grotowicz, Il terrorista, amico del potere dello Stato, si evidenzia quanto affermato.

Fu proprio in quegli anni che la cittadinanza venne bombardata dai media che mettevano in risalto le prodezze delle forze di polizia e di rappresentanti della politica nazionale che annunciavano le misure restrittive contro il terrorismo. Facendo così il gioco del terrorismo, poiché ne aumentavano la visibilità, accrescendone notevolmente la popolarità. Il sospetto che le autorità governative mondiali stessero mettendo in atto un trasferimento fra le fondamenta del potere dello Stato da una ambito all’altro stava prendendo corpo.

Essendo lo Stato incapace di controllare il fenomeno del terrorismo si esibiva, tramite i media, in una spettacolarizzazione del suo potere e della sua determinazione ad agire contro, ricevendo consensi dall’opinione pubblica. Le nuove politiche liberiste mondiali preferiscono agire nella lotta al terrorismo, garantendo una fittizia e manipolatoria sicurezza verso l’incolumità personale dei cittadini, ma solo per esercitarne un maggior potere. L’effetto, secondo Bauman, è l’aumento e il rapido diffondersi di una folle paura degli attacchi terroristici che minano l’esistenza delle persone, riducendole a schiavi della loro stessa paura.

Il “vincitore” è il terrorismo stesso, supportato nelle strategie di attacco dalle nuove politiche, grazie alle quali riesce a minare profondamente tutti gli strumenti, come le forme di lotta sociali e i movimenti per i diritti umani, che tentano di avvicinare la politica al potere. Un vero attacco alla democrazia e ai diritti umani, basato sulla contorta logica della diffusione della paura, messo in atto dal neoliberismo che trasforma uno Stato di diritto in un distretto di polizia.

01/04/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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