Losurdo e la critica hegeliana di Marx a Hegel

Quando il giovane Marx condanna Hegel per il fatto che il suo idealismo finirebbe col rovesciarsi in un “positivismo falso” ovvero in un “positivismo acritico” che sussume surrettiziamente e senza vaglio critico quei contenuti empirici rispetto ai quali esso pretende di proclamare la propria incontaminata purezza, quando argomenta in tal modo è chiaro che il discepolo ritorce contro il Maestro la lezione da lui appresa.


Losurdo e la critica hegeliana di Marx a Hegel

Nella sua interpretazione di Marx in chiave hegeliana, Losurdo ritrova in Marx la stessa critica dell’immediatezza empirica e della cattiva astrazione già rivolte da Hegel all’idealismo trascendentale. La critica di Marx all’empirismo ingenuo, che respinge le astrazioni in nome del concreto, identificato con l’immediatezza, è condotta, proprio come in Hegel, sottolineando con forza l’importanza delle astrazioni corrette, che vanno però distinte da quelle false. Losurdo riporta un importante esempio presente nella Sacra Famiglia dove Marx spiega come l’astrazione oltre a essere un processo mentale è anche frutto di un processo reale, basti guardare alla condizione del proletariato nel processo produttivo, dove risulta compiuta “l’astrazione da ogni umanità e persino dalla parvenza dell’umanità” [1][Marx, 1967: 44]. Ciò ci riporta, a parere di Losurdo, allo scritto di Hegel Chi pensa astrattamente?, dove si descrive il servo “privato della sua concreta dignità umana e fissato nell’«astratta determinazione» di un rango sociale collocato a infinita distanza da quello del padrone” [2].

Secondo Losurdo, oltre alla critica dell’empirismo ingenuo e della cattiva astrazione, già riscontrate in Hegel, anche la stessa critica di Marx a Hegel sarebbe debitrice di categorie propriamente hegeliane. “Quando il giovane Marx lo condanna per il fatto che il suo idealismo – di Hegel – finirebbe col rovesciarsi in un «positivismo falso» ovvero in un «positivismo acritico» che sussume surrettiziamente e senza vaglio critico quei contenuti empirici rispetto ai quali esso pretende di proclamare la propria incontaminata purezza, quando argomenta in tal modo è chiaro che il discepolo ritorce contro il Maestro la lezione da lui appresa: si pensi alla condanna già vista della filosofia kant-fichtiana come una forma di gemainer [empirismo volgare] o absoluter Empirismus [empirismo assoluto]” [3].

Così, l’accusa di astrattezza e di recupero acritico del particolare empirico che Marx rivolge a Hegel non sarebbe altro che la critica che quest’ultimo aveva rivolto a Kant e Fichte. Hegel, a proposito della ragion pratica kantiana, sottolinea come “la vuota identità e tautologia della moralità che vuole solo se stessa non solo non riesce a negare l’oggetto ma finisce col conferire, surrettiziamente, «l’assolutezza che è nel principio» a un contenuto empirico determinato, il quale viene così innalzato alla dignità di assoluto” [4].

Ciò non significa, tuttavia, che Losurdo trascuri del tutto gli aspetti che distinguono Marx da Hegel: la critica di Marx all’idealismo astratto risente infatti della lezione di Feuerbach e della “reazione empiristica in quegli anni sviluppatasi in Germania” [5]. Punto centrale della critica di Marx è l’astratto dualismo che permarrebbe in Hegel tra sfera dello Stato e sfera del sociale. Tale astrattezza della sfera politica rispetto alla società civile presente in Hegel corrisponde all’astrattezza dello Stato borghese che “nella sua perfezione […] chiude gli occhi e dichiara le opposizioni reali non politiche, e opposizioni che non gli danno noia” [6]. In realtà tale critica, da un punto di vista strettamente epistemologico, è riconducibile anche in questo caso, per Losurdo, alla lezione hegeliana: l’astrazione non è infatti considerata da Marx solo un processo mentale, ma essa è un qualcosa di reale: lo Stato politico infatti astrae dalla società civile, si separa dai rapporti sociali, e questo aspetto è presente sia nella realtà dello Stato borghese sia nella riflessione hegeliana dove è la sfera astratta dello Stato a determinare la società civile e non la concretezza dei rapporti sociali a determinare le forme politiche dello Stato.

A parere di Losurdo fa qui capolino il tema dell’estinzione dello Stato come soluzione al problema ovvero “il riassorbimento delle «astrazioni» dello Stato” [7] nella concretezza della società civile. Tale soluzione di Marx è riconducibile, quindi, a parere di Losurdo, all’influenza di Feuerbach e della reazione empirista [8]. Tuttavia Marx, sottolinea Losurdo, sia grazie alla lotta politica che alla lezione hegeliana riesce a superare nelle opere più mature, come i Grundrisse [9] o Il Capitale, l’ingenuità di identificare la concretezza con l’immediatezza. Il punto è che alcuni limiti, derivanti dall’influenza di Feuerbach, quali appunto “l’attesa per l’estinzione dello Stato” al fine di riassorbire le astrazioni “nel «concreto» dei rapporti interindividuali” [10] permarranno, secondo Losurdo, anche nel Marx maturo.

Su questa differenza tra i due filosofi, riconducibile appunto alla reazione empiristica posthegeliana, si appunta la critica di Losurdo a Marx, o almeno a un certo aspetto della concezione marxista, quella che mirerebbe al superamento dell’astratta universalità dello Stato per ricondurla nella concretezza del rapporto interindividuale proprio della società civile. Questo aspetto della critica di Losurdo è indubbiamente molto interessante: è vero che nel giovane Marx c’è l’influenza positiva di Feuerbach che gli permette di staccarsi e criticare duramente i giovani hegeliani, ma vi è anche un aspetto negativo di questa influenza ovvero l’eccessiva critica verso il pensiero di Hegel [11]. Questi eccessi giovanili vengono però superati, come fa notare Losurdo, nel Marx maturo (tranne la “spinosa” questione dell’estinzione dello Stato). Losurdo va quindi al cuore della teoria di Marx e tende a non dare troppa importanza o meglio a criticare i limiti del giovane Marx. Tale interpretazione di Losurdo è significativa in quanto costituisce una critica alla posizione della scuola dellavolpiana, a lungo egemone nel panorama del marxismo italiana, che tende invece, nella prospettiva di staccare Marx da Hegel, a esaltare gli scritti del Marx giovane, che l’autore stesso non aveva pubblicato. L’impressione è, tuttavia, che Losurdo tenda a minimizzare un po’ troppo le critiche di Marx a Hegel [12], mentre accentui gli aspetti della concezione marxiana che costituirebbero in definitiva una ricaduta al di qua della filosofia hegeliana.

Losurdo ricostruisce, grazie all’apporto soprattutto delle Vorlesungen über Rechtsphilosophie, tutti i passaggi in cui Hegel, anticipando Marx, pone l’accento sull’astrattezza dell’apparato giuridico su cui posa lo Stato borghese, qualora non tenesse conto dei bisogni concreti della società civile. Un esempio significativo riportato da Losurdo su questo tema è la riflessione di Hegel rispetto a chi rischia la morte per inedia. L’affamato, infatti, anche se “formalmente libero sul piano giuridico e cittadino al pari degli altri […] viene in realtà a subire «una totale mancanza di diritti» e trovarsi quindi in una condizione simile a quella dello schiavo” [13]. Hegel, quindi, prima di Marx ha già scoperto che la libertà nella sfera dello Stato rimane astratta se prescinde dall’appagamento materiale dei bisogni.

Per Hegel, però, è astratta tanto la figura del cittadino, qualora la sua condizione materiale gli impedisse di procacciarsi i mezzi di sussistenza, quanto quella del bourgeois impossibilitato a una partecipazione reale alla vita politica. Purtroppo, è “solo nel primo dei due significati – sottolinea Losurdo – che la critica della libertà «astratta» ha fatto scuola nella tradizione ovvero nella vulgata marxista” [14]. Questo avrebbe portato questa tradizione a semplificare il discorso marxiano cogliendo comunque nell’astratto un che di negativo rispetto al concreto, immediatamente identificato con la dimensione materiale dell’esistenza.

 

Note:

[1] Marx, Karl e Engels, Friedrich, La sacra famiglia, a cura di Aldo Zanardo, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 44.

[2] Losurdo, Domenico, Ipocondria dell’impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi, Milella, Lecce, 2001, pp. 59-60.

[3] Ivi, p, 60. Tale critica di Marx nei confronti di Hegel è sviluppata nell’opera incompiuta Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico e pubblicata solo nel 1927. In questa opera Marx, influenzato da Feuerbach, evidenzia come in Hegel le idee vengono ipostatizzate ovvero rese autonome rispetto ai soggetti reali, con l’inevitabile “rovesciarsi dell’empiria in speculazione”. Marx, tuttavia, andando oltre Feuerbach, sottolinea come tale forma universale non è vuota, in quanto anche dell’universale bisogna dire comunque qualche cosa, di conseguenza il filosofo idealista la riempie acriticamente con l’“esistenza empirica più immediata” con l’inevitabile “rovesciarsi della speculazione in empiria.” Cfr. Marx K., Opere filosofiche giovanili, a cura di Galvano della Volpe, Editori Riuniti, Roma 1971, pp. 51 e ss. La ripresa di questa opera giovanile di Marx ha costituito il fulcro del marxismo di Galvano della Volpe e della sua scuola che, rifiutando le interpretazioni in chiave neohegeliana del pensiero di Marx, hanno preso in considerazione maggiormente questi scritti giovanili in cui Marx è maggiormente critico nei confronti di Hegel.

[4] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 61.

[5] Ibidem.

[6] Marx K. e Engels F., La sacra…, op. cit., p. 126.

[7] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 62.

[8] Sebbene tale critica abbia condotto a dei giudizi unilaterali rispetto alla filosofia hegeliana, come fa notare a ragione Losurdo, tuttavia tale reazione da un punto di vista storico-filosofico ha avuto l’indubitabile merito di superare l’idealismo astratto che dominava nella scuola hegeliana dopo la morte del Maestro e che porterà diversi hegeliani “ortodossi” a un totale disinteresse per il particolare e l’empirico.

[9] “In particolare, i Grundrisse denunciano la tendenza all’idealizzazione di una mitica «pienezza originaria» a partire dalla fuga dalle «astrazioni» che dominerebbero la modernità.” Ivi, p. 63.

[10] Ivi, p. 64.

[11] Questo aspetto è stato con grande dovizia di particolari sviluppato nell’importante monografia che Roberto Finelli ha dedicato al giovane Marx. Il titolo della monografia è Un parricidio mancato (2004).

[12] In tal modo, se l’interpretazione in chiave hegeliana del marxismo consente di distinguere con nettezza il pensiero politico di Marx dalle tendenze anarchicheggianti e/o proudhoniane, con le quali tendono troppo spesso a confonderlo diversi interpreti della tradizione operaista italiana, la lettura di Losurdo corre il rischio, al contrario, non sottolineando il superamento dialettico del marxismo nei confronti dell’hegelismo, di non distinguere adeguatamente le posizioni politiche della tradizione marxista da quelle del socialismo statalista di un Lassalle. Occorre, infatti, ricordare che la posizione di Marx si è sempre sviluppata attraverso la critica da una parte alle concezioni anarchiche e proudhoniane, ma dall’altra alle posizioni “hegeliane” di Lassalle.

[13] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 65.

[14] Ivi, p. 66.

30/07/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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