Sono prigioniero politico in Spagna

Lettera dal carcere di Jordi Cuixart, imprenditore catalano rinchiuso per il sostegno dato alla causa dell’indipendentismo catalano.


Sono prigioniero politico in Spagna

Pubblichiamo su segnalazione di una nostra lettrice questa lettera-appello di Jordi Cuixart, imprenditore catalano e presidente di Omnium cultural, attualmente rinchiuso nelle carceri spagnole per aver sostenuto il tentativo secessionista del 2017. Abbiamo deciso di pubblicare questa lettera perché le domande che pone Cuixart ci sembrano utili per sviluppare una coscienza adeguata alla fase presente, molto più delle risposte che, al contrario, tradiscono il punto di vista meramente borghese che inesorabilmente imprigiona l’autore (la redazione).

Da un anno sono rinchiuso in una cella di una prigione e vedo il cielo attraverso le sbarre. Da un anno ho visto mio figlio di 18 mesi poche ore al mese. Da un anno non ho telefono cellulare o accesso a Internet. Da un anno seguo ciò che accade nella mia azienda da lontano. Da un anno sono incarcerato senza cauzione e senza data del processo per aver difeso diritti considerati fondamentali in qualsiasi democrazia, come la libertà di espressione e il diritto di protesta. Da un anno sono un prigioniero politico, un ostaggio nelle mani del governo spagnolo.

Se la Spagna è una democrazia, come è possibile? Come possono esserci prigionieri politici se si suppone che la dittatura di Francisco Franco si sia conclusa più di 40 anni fa? Non c'è una risposta facile. La Spagna ha un enorme problema politico con la Catalogna ed è incapace di affrontare un problema nell'unico modo che è possibile farlo nelle democrazie moderne: con una soluzione politica. Invece di puntare su questa via, la Spagna sta provando a risolvere il problema con la polizia e la magistratura senza rendersi conto che questo non fa che accrescere il problema.

Se l'80% della popolazione dice che vuole votare sul proprio futuro politico con un referendum, come nel caso della Catalogna, non si può fingere di non sentire questa richiesta. Quando il Canada e il Regno Unito udirono tale domanda, decisero di negoziare un referendum con il Quebec e la Scozia, rispettivamente. Quando più di 2 milioni di catalani andarono a votare, come accadde il 1° ottobre dell’anno scorso, non è possibile inviare la polizia a picchiare cittadini pacifici. Se si vuole essere un paese che rispetta lo stato di diritto, non è possibile inviare persone innocenti in carcere o forzarli all'esilio, come è il caso della Spagna di questi tempi.

Quando fui arrestato, un anno fa, sono stato accusato di sedizione per essere salito sopra una macchina della polizia spagnola (con il permesso degli agenti). Dicono che ho incitato i manifestanti alla violenza, mentre quello che ho fatto è stato cercare di disperderli pacificamente. Quando apparvero i video di quel giorno che mostravano che chiedevo ai manifestanti di tornare a casa, il governo spagnolo ha cambiato l'accusa da delitto di sedizione a ribellione. Sono ora accusato di aver incitato le persone a partecipare al referendum del 1 ° ottobre e di esortarli a bloccare la polizia spagnola quando sono entrati violentemente nei seggi elettorali per fermare il voto.

Entrambe le accuse sono false e senza prove. È una farsa. Quando il giudizio avrà inizio, sarà molto difficile per loro mantenere l'accusa di ribellione, che comporta l'uso di armi. Se sarò giudicato colpevole, faremo appello al sistema giudiziario dell'Unione europea (UE). La Spagna ha già constatato che la Germania e il Belgio non hanno accettato di estradare i membri del governo della Catalogna che si sono rifugiati in questi paesi in cerca di protezione giuridica, perché i giudici di questi stati hanno constatato che le accuse non avevano fondamento nella legge spagnola. È la Spagna l'unico paese che non vuole vedere che l'unica violenza che ebbe luogo in Catalogna è stata quella dei suoi poliziotti picchiando elettori pacifici, qualcosa che hanno mostrato televisioni e copertine di giornali di tutto il mondo? È così difficile capire che le schede elettorali e le urne non sono armi pericolose in una democrazia?

La Spagna è entrata in una dinamica pericolosa anni fa: riducendo di volta in volta i diritti umani individuali e collettivi al punto da aver raggiunto limiti intollerabili. L'Unione europea si sta concentrando sulla Polonia e sull'Ungheria in questo senso, ma sarebbe positivo se avesse anche uno sguardo più critico sul crescente deficit democratico in Spagna. Da tempo, non solo i catalani a favore dell'indipendenza sono perseguiti per l'esercizio dei loro diritti fondamentali: la Spagna ha chiuso siti web e giornali e anche condannato cantanti e burattinai per i loro sforzi artistici.

La crisi in Catalogna è da troppo tempo in una strada senza uscita. È un problema politico urgente che ha bisogno di una soluzione politica. Ci sono sette leader pro-indipendenza che sono andati in esilio, tra cui il presidente catalano Carles Puigdemont, e nove di noi sono incarcerati, senza cauzione o data di giudizio. Politici stranieri di tutte le tendenze politiche, premi Nobel per la pace e organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno criticato la situazione, chiesto negoziati e che fossimo liberati. Dal momento che nessun progresso sembra possibile con il governo spagnolo, forse è giunto il momento di una mediazione internazionale. Non è giusto che nel XXI secolo in Spagna, o in qualsiasi parte del mondo, ci siano prigionieri politici come me.

Articolo apparso su La diaria il 5 novembre 2018

01/12/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Jordi Cuixart

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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