Il comportamento dell'economia con il terrorismo e le minacce di guerra

Terrorismo e guerre: quale è l’atteggiamento dell’economia, considerata la perdurante crisi?


Il comportamento dell'economia con il terrorismo e le minacce di guerra

Bombe, kamikaze, terrorismo e paura nelle città, minacce di guerra come risposta e guerre in corso nel mondo: quale è l’atteggiamento dell’economia, considerata l’aggravante della perdurante crisi?

di Guido Capizzi

PARIGI. Prima di Bruxelles e degli atti terroristici di questa settimana, Parigi ha subìto nel 2015 attentati alla sicurezza, alla libertà e alla pace. Così è qui che forte si sente ribadire la condanna dei crimini efferati. Prendendo di mira i giovani di Parigi e St Denis, sale da concerto e stadi, aeroporti e stazioni della metropolitana i terroristi hanno preso di mira tutta la società francese, quella belga e l’intera Europa. Un attacco ai principi di libertà, uguaglianza e fraternità. Nella capitale francese in tanti sottolineano come i fondamentalisti dell’Isis “vogliono dividerci, ma noi restiamo un popolo unito e solidale” e rifiutano qualsiasi confusione che accomuna gli attentatori con alcuni dei concittadini di fede musulmana.
La lotta contro ogni forma di razzismo è un principio che anche la minaccia di nuovi attacchi, pur reale e grave, non intacca.

Seppure con il cuore e la mente appesantiti da episodi geopolitici che devono essere attuati dai governi si può tentare anche un’analisi economica di questi fatti e misurare come l’investimento di consistenti fondi siano i passi necessari che devono essere concretizzati per arrestare sia i responsabili di questi crimini efferati sia per evidenziare sponsor e finanziatori delle mani terroristiche e per proteggere la popolazione e prevenire ulteriori attacchi.
Questo può e deve essere fatto con le già vigenti leggi e senza compromettere le libertà civili e la democrazia.
La lotta al terrorismo è strettamente legata alla lotta per la pace: due impegni costosi economicamente, ma fondamentali nei bilanci di tutti i Paesi.
La politica estera dell’Unione Europea ci riguarda tutti. L'organizzazione dello Stato Islamico è ben radicata nelle guerre che devastano il Medio Oriente da decenni, l’economia dello Stato (perché di Stato si tratta) Islamico è sorretta dai mercanti d’armi che stanno in Occidente e a cui ha riempito le casse in mdo consistente già l'intervento degli Stati Uniti in Iraq.
Anche il prerequisito che nessuna soluzione deve essere fatta al di fuori del diritto internazionale e delle Nazioni Unite prevede un costo economico che deve essere attuato pur nel contingente momento di perdurante crisi finanziaria globale.
Andrebbero sostenuti non soltanto a proclami coloro che realmente combattono Daesh sul campo, a partire dalle forze democratiche in Siria e in Iraq, i curdi, chiudendo il rubinetto del finanziamento a chi – la Turchia – finanzia anche indirettamente l’esercito dello Stato Islamico.
Economicamente andrebbero prosciugate le risorse finanziarie e i rifornimenti di petrolio che sono ora nelle mani di Daesh.
Lo stato di emergenza è stato esteso. Questo di per sé rappresenta un appesantimento economico per gli Stati che si sentono sotto la mira dei terroristi. La mobilitazione per combattere le scelte europee che concedono finanziamenti a chi stringe le mani agli sponsor del terrorismo deve essere costante e anche questo ha un costo.
A tutto ciò si aggiunga la possibile crisi del turismo da e per Paesi e città rilevanti per l’economia turistica.

01/04/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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