Un mondo all’incontrario o della putrescenza della democrazia borghese

La democrazia è sempre storicamente e socialmente determinata. Nella società capitalista democrazia può esserci solo all’interno della classe dominante. Le tendenze monopolistiche favoriscono sempre più forme di bonapartismo regressivo.


Un mondo all’incontrario o della putrescenza della democrazia borghese Credits: https://rivoluzione.red/usa-l-insurrezione-di-trump-e-il-caos-della-democrazia-borghese-statunitense/

Oggi si discute molto di come il progressivo affermarsi al livello nazionale, continentale e internazionale delle forze della destra radicale stia mettendo in discussione la stessa democrazia, che fino a poco tempo sembrava così egemone a livello globale che persino i suoi più acerrimi nemici sentivano il bisogno di definirsi democratici e addirittura le aggressioni imperialiste venivano presentate come lotte per l’affermazione della democrazia contro i suoi nemici. In tutti i paesi dove la destra radicale è al governo, da Israele, all’Ungheria, dagli Stati uniti, all’Argentina per arrivare all’Italia la stessa democrazia sarebbe a rischio. Democrazia che viene considerata come consustanziale all’egemonia dell’occidente a livello internazionale. Senza voler togliere nulla al sacrosanto allarme dinanzi a governi dei paesi più potenti con orientamenti di destra radicale, presumibilmente non si fa un servizio alla democrazia considerando democratici i governi di Renzi in Italia, piuttosto che di Biden negli Stati uniti o l’attuale governo tedesco o francese. Anche perché persino con la destra radicale al governo le forze che si autodefiniscono democratiche non hanno difficoltà ad attaccare sia da sinistra, sia da destra gli esecutivi sovranisti.

Emblematica a tale proposito la mobilitazione dei democratici in Alaska che contestava il summit fra Trump e Putin sull’unico aspetto in cui non andava criticato, cioè nel ricercare un accordo di pace nel conflitto della Nato alla Russia per interposta Ucraina. Paradossalmente su questa questione specifica sono più avanzate le posizioni del governo antidemocratico ungherese piuttosto di quelle di governi dell’Unione europea che si definiscono democratici. Addirittura sulla guerra in Ucraina si ha il paradosso che persino “Il manifesto” che si definisce comunista riesca a criticare da destra un governo come quello di Trump, cosa davvero ardua.

Tale questione non può certo considerarsi secondaria. Come è noto, ma non perciò conosciuto, il proseguire la guerra in Ucraina è fondamentale per le élite perché si connette direttamente al tentativo di imporre ai popoli dell’Unione europea una economia di guerra, che oltre a spazzare via quanto resta del sedicente “Stato sociale”, annichilirebbe anche quello che rimane della “democrazia” formale borghese. Il punto però è proprio questo, che la democrazia borghese è un ossimoro, una contraddizione in adiecto in cui, cioè, l’attributo nega il sostantivo a cui è riferito. Democrazia significa potere e, quindi, governo del popolo delle periferie, cioè dei ceti subalterni di contro alla classe dominante oligarchica. Mentre democrazia borghese significa il potere della classe dominante di contro alle classi subalterne, il che rende autocontradditorio lo stesso termine in quanto i demos erano i quartieri periferici di Atene e crazia significa potere. È di fatto lo stesso concetto di sinistra della Ztl, per cui nelle ultime elezioni politiche a Roma i democratici hanno fatto campagna elettorale e vinto le elezioni solo a Parioli, lasciando anche i quartieri più proletari nelle mani della destra radicale. Anzi quest’ultima riesce a governare, a vincere le elezioni in quanto è così contraddittoria la democrazia borghese che metà degli elettori proletari si sentono presi in giro e non vanno nemmeno più a votare. Senza contare il numero non trascurabile di coloro che dinanzi alla democrazia borghese arrivano a ritenere la destra radicale meno peggio. Ad esempio nelle ultime elezioni non pochi voti di operai sono andati all’estrema destra della Lega che, a parole, sosteneva di contrastare quelle controriforme delle pensioni sostenute dai sedicenti “democratici”. Del resto molte delle peggiori controriforme degli ultimi anni nel nostro paese, dalla precarizzazione del lavoro, alla dequalificazione della scuola pubblica sono apparse sostenute più dai sedicenti democratici che dalla destra radicale. Il che spiega questo altro paradosso che il governo più a destra della storia della Repubblica è già di fatto fra i più stabili e longevi della nostra storia. D’altronde i nostri sedicenti democratici hanno perso le elezioni e sono riusciti nel miracolo di portare al governo la destra radicale per aver rifiutato qualsiasi desistenza con i populisti M5s pur di potersi presentare agli elettori come i più fedeli sostenitori del programma antipopolare di Draghi.

D’altra parte il mondo in cui viviamo è talmente paradossale che appare più corretta la definizione di democrazia borghese per descrivere la forma di governo più diffusa nei paesi capitalisti, oggi decisamente egemoni a livello internazionale, piuttosto che una definizione che si richiamerebbe all’etimologia del termine, al suo significato originario che significherebbe potere dei non ricchi sui ricchi.

Del resto in una società divisa in classi come la nostra, con gruppi sociali che hanno interessi sociali necessariamente antitetici, dal momento che chi compra la forza lavoro non può che avere interessi contrapposti a chi si trova costretto a venderla per sopravvivere, una reale democrazia è possibile solo all’interno della classe dominante che consente, in primo luogo, la pacifica alternanza al governo fra quelli che erano i due schieramenti, centrodestra e centrosinistra che rappresentano il centro, cioè la parte preponderante della ala più reazionaria e più “progressista” della classe dominante. Tanto che chi perdeva le elezioni e il governo del paese era solito complimentarsi con l’altra componente del partito della classe dominante, che la sostituiva al governo.

Ai nostri giorni crescono le denunce che la democrazia, cioè l’unica democrazia possibile nello Stato capitalista, la democrazia borghese, è sempre più a rischio. Ora a mettere a repentaglio la “democrazia reale” – nel senso che si dava al termine “socialismo reale” per indicare i paesi in cui i socialisti avevano il potere – non sono, come potrebbe sembrare a un esponente di quelle forze che si autodefiniscono democratiche, esclusivamente le forze sedicenti sovraniste, cioè le forze della destra radicale. In effetti anche coloro che si battono, anche in perfetta buona fede, per difendere la democrazia (“reale”) dai sovranisti contribuiscono al suo svuotamento di significato.

Se da una parte abbiamo visto come tanto i sostenitori di Trump quanto quelli di Bolsonaro si sono dimostrati pronti a utilizzare anche la violenza pur di non consentire l’alternanza al governo dei “democratici”, questi ultimi, che tendono a considerare come essenziale la democrazia multipartitica, di fatto riconoscono i risultati delle elezioni solo quando i vincitori non sembrano mettere in discussione quelli che secondo loro sono gli interessi della classe dominante nel suo complesso. Ecco così che quando le elezioni sono vinte da un candidato considerato filo Putin, come il candidato della destra radicale che aveva vinto le elezioni in Romania, queste ultime sono state annullate per essere ripetute escludendo proprio il candidato che le aveva vinte.

Si potrebbe credere che si sia trattato di un caso estremo, della eccezione che confermerebbe la regola, per cui i democratici rispetterebbero le decisioni della maggioranza degli elettori nel suffragio universale, ma in realtà non è così. Anzi, in diversi altri casi, abbiamo visto i “democratici” ordire vere e proprie rivoluzioni colorate per rovesciare governi eletti dalla maggioranza, che a loro avviso non facevano gli interessi della classe dominante nel suo complesso.

Dunque i “democratici” sono pronti a utilizzare la violenza nei confronti di un governo che non sarebbe democratico, anche se eletto dalla maggioranza (generalmente sempre relativa), cioè un governo che non faccia gli interessi della borghesia nel suo complesso. Perciò le sommosse violente che organizzano contro i governi “democraticamente” eletti, sono ai loro occhi delle rivoluzioni, in quanto rovescerebbero dei governi antidemocratici. Il problema è che le forze di centrosinistra non possono che considerare come l’interesse comune della classe dominante una posizione non troppo distante dalla propria, esattamente come però fanno anche le forze della destra radicale, che considerano come pericolosi sovversivi, addirittura dei comunisti, diversi esponenti del centrosinistra.

Dunque queste tendenze antidemocratiche, anche nel senso di democrazia per la classe dominante, non sono delle eccezioni sovrastrutturali dovute a governanti antidemocratici, come quelli di Trump o Bolsonaro, ma si tratta di una tendenza strutturale, per così dire indipendente da chi la interpreta.

La democrazia, sempre all’interno della classe dominante, è infatti la forma di governo preferibile per la borghesia nelle fasi iniziali della società capitalista, quando ancora dominava la concorrenza fra tanti piccoli produttori indipendenti. D’altra parte è proprio questa libera concorrenza a produrre inconsapevolmente il proprio contrario, cioè il monopolio, che invece tende necessariamente a preferire forme di governo non solo antidemocratiche, ma persino antiliberali. D’altra parte, sono proprio i monopoli che finiscono strutturalmente per produrre, inconsapevolmente, il proprio contrario, cioè la libera concorrenza. Ma trattandosi del “proprio” contrario non è più la libera concorrenza fra piccoli produttori, ma fra monopoli. Questo spiega perché tanto le forze della sinistra borghese quanto quelle della destra borghese tendono a considerare non legittimi i propri avversari, anche se sono parte della stessa classe dominante. D’altra parte è una esigenza strutturale quella di considerare preferibile, dal punto di vista della borghesia nel suo complesso, la concorrenza fra monopoli, cioè interna alla classe dominante, fra i liberali e i conservatori. Perciò i mezzi di comunicazione che controllano l’opinione pubblica tendono a denunciare i rischi per la democrazia borghese di uno scontro che rischia di precipitare in una guerra civile.

Ciò non toglie che in momenti di debolezza della classe dominante, quando teme che i subalterni possano prendere il potere, questa abbia bisogno della violenza organizzata della piccola borghesia, che talvolta è interna agli apparati di sicurezza al servizio della classe dominante, talvolta è esterna. Tali forze sono antidemocratiche anche nei confronti della classe dominante. Ciò non toglie che possano essere democratici al loro interno, per cui, ad esempio, Mussolini fu pacificamente e “democraticamente” sfiduciato dal Gran consiglio del fascismo.

05/09/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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