Gerusalemme, madre di tutte le battaglie

Trump vuole riconoscere Gerusalemme capitale di Israele, contro il mondo


Gerusalemme, madre di tutte le battaglie Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Jerusalem_Dome_of_the_rock_BW_14.JPG

Fra pochi giorni il neo eletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, entrerà alla Casa Bianca e assumerà i suoi poteri come presidente della più grande potenza mondiale. Vedremo se l’insediamento sulla poltrona presidenziale nell’ufficio ovale della Casa Bianca gli farà capire la differenza fra governare e fare campagna elettorale in libertà.

Dovrà confrontare le sue idee con la realtà, sia a livello interno (sistema sanitario, immigrazione) sia a livello di politica internazionale (relazioni con altre potenze mondiali, i focolai di guerra sparsi nel mondo, lotta al terrorismo e nuove alleanze nella lotta contro il cosiddetto “terrorismo islamico” inventato dagli stessi Usa).

Il dossier medio orientale, ed il secolare conflitto arabo israeliano, sarà sull’agenda di Trump, dopo l’astensione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, decisa dall’attuale amministrazione Obama che ha fatto passare una risoluzione di condanna di Israele e la sua politica di colonizzazione nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est. Dopo la decisione del Congresso di fare di tutto per bloccare quella decisione e di sostenere la politica del governo coloniale israeliano in Cisgiordania e a Gerusalemme, cosa farà il presidente Trump?

Da sottolineare che la politica di tutte le amministrazioni americane nei confronti di Gerusalemme, anche prima del 1967, è stata coerente con le risoluzioni dell’Onu e del consiglio di sicurezza che non hanno mai né riconosciuto né accettato l’annessione di Gerusalemme allo stato di Israele. Washington ha mantenuto l’ambasciata a Tel Aviv, pur mantenendo una solida alleanza strategica con Israele, con sostegno politico e militare senza condizioni.

Il fatto che Trump, e non l'amministrazione statunitense per il momento, pensi a trasferire la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, come ha promesso in campagna elettorale, non fa altro che esprimere stupidità, arroganza e disprezzo nei confronti del diritto internazionale e della stragrande maggioranza dei paesi delle Nazioni Unite che continuano a sostenere la necessità di porre fine all'occupazione israeliana della terra di Palestina, permettendo al popolo palestinese di esercitare il suo diritto all’autodeterminazione. E garantire, come è previsto dalla risoluzione 194, il ritorno dei rifugiati ai luoghi che son stati costretti a lasciare sotto la minaccia della forza e della pulizia etnica, e il risarcimento di tutti i danni materiali e morali subiti.

Al presidente americano, che non ha una grande esperienza di politica internazionale, almeno questo riferiscono i mass media, auguriamo che fra i suoi consiglieri ci sia qualche esperto serio, non di quelli sostenitori dei coloni israeliani o che hanno fatto parte dei loro vigliantes come il futuro ambasciatore statunitense in Israele.

Per Gerusalemme, in tutte le risoluzioni dell’Onu, si parla di uno Status internazionale, dalla risoluzione 181 del 29/11/1947 all’ultima 2334 del 23/12/2016; quest’ultima condanna la colonizzazione del territorio occupato nel 1967, compresa Gerusalemme. E su questa linea sono le dichiarazioni del segretario di stato Kerry che ha chiesto al Governo israeliano di fermare gli insediamenti nei territori occupati non solo perché violano il diritto internazionale ma perché sono la causa del fallimento del processo di pace in Medio Oriente, e rendono impossibile una soluzione basata su due Stati come era previsto dagli accordi di pace del 1993. A Kerry va un ringraziamento perché ha detto la verità, peccato che non l’abbia detta 4 anni fa, e va ricordato che già nella risoluzione 181 del 1947 era prevista la soluzione di due Stati, che dava ai palestinesi il 48% del territorio della Palestina storica. La protezione incondizionata americana a Israele ha dato un contributo non indifferente al tanto sangue palestinese versato dagli israeliani e al prolungamento del conflitto.

Se l’amministrazione statunitense prenderà la posizione del presidente e trasferirà la sede dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, nessuno può immaginare quali saranno le reazioni del mondo arabo, del mondo islamico e del mondo cattolico. Questa città santa ha una importanza di valenza transnazionale, non può essere esclusiva di una sola religione. È la città simbolo della pace, è un patrimonio dell’umanità dichiarato dall’Unesco. Di tutto ciò Trump si dovrebbe rendere conto: Gerusalemme è la madre tutte le battaglie, sta sulla strada per lo stato di Palestina e per la pace giusta in medio oriente.

L’auspicio è che la nuova amministrazione americana possa contribuire alla soluzione del conflitto arabo israeliano, chiedendo al suo alleato israeliano di scendere dall’albero dell’intransigenza e del fondamentalismo religioso dei coloni da cui sta governando Israele. Un governo che continua a occupare i territori di un altro Stato, che viola il diritto internazionale e la convenzione di Ginevra, nonché il diritto umanitario e gli accordi firmati con i palestinesi.

Ma dobbiamo essere realisti, il presidente Trump ha dei comportamenti imprevedibili, sia con l’informazione sia con le persone, figuriamoci come sarà nella politica estera, anche verso l’Europa che potrebbe essere soggetta a grandi tensioni per causa della politica estera americana. Il ministro degli esteri spagnolo Alfonso Dasti in una dichiarazione al prestigioso quotidiano El Pais del 10 gennaio, dice: “Se il nuovo presidente ha deciso di traslocare l'ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, provocherà grandi tensioni che certamente saranno sfruttate dal radicalismo islamico che, ricordiamo, ha tra i suoi obiettivi diretti l'Europa.

Anche l’Italia dovrebbe far sentire la sua voce sulla questione Gerusalemme e la pace in Medio Oriente, anche perché il conflitto israelo-palestinese è un conflitto mediterraneo che riguarda dirittamente gli interessi dell’Italia.

 

P.s. sabato 14 c.m. Abu Mazen il presidente dello Stato di Palestina, inaugura l’apertura ufficiale dell’ambasciata palestinese presso la Santa Sede, che ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina. In questa occasione la questione Gerusalemme sarà sull’agenda degli incontri con le autorità della Santa Sede e con le autorità italiane, insieme alle prospettive dell’iniziativa francese per una conferenza di pace che si terrà il 15 gennaio a Parigi. Sono invitati 70 paesi ma Israele ha rigettato l’invito.

Alcune Risoluzioni dell’Assemblea generale dell’Onu e del Consiglio di Sicurezza che riguardano Gerusalemme

1 . Risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite 181 (2) il 29 novembre 1947.

2. L'Assemblea generale ha deciso con la risoluzione n ° 273 (D 3) dell'11 Maggio 1949, l'accettazione di Israele come membro delle Nazioni Unite.

3. Assemblea Generale Risoluzione 303 (d 4) del 9 dicembre 1949, ribadendo lo status di Gerusalemme sotto un regime internazionale permanente.

4. Assemblea Generale risoluzione 2253 (sessione speciale di emergenza -5) del 4 luglio 1967, invita Israele a revocare le misure adottate per modificare lo status di Gerusalemme e di astenersi in futuro.

5. Risoluzione dell'Assemblea Generale 2254 (sessione speciale di emergenza -5) del 14 luglio 1967 esprime rammarico per le misure adottati da Israele per cambiare lo status della città di Gerusalemme.

6. Assemblea Generale della Risoluzione 2851 (d 26) del 20 dicembre 1971, chiede a Israele di abrogare tutte le azioni di annessione e di insediamento nei territori occupati, e la richiesta del Comitato speciale per continuare il suo lavoro.

7. Assemblea Generale della Risoluzione 2949 (D 27), l'8 dicembre 1972, esprimendo seria preoccupazione perla continua occupazione israeliana delle terre arabe, e fa appello a tutti gli Stati di non riconoscere i cambiamenti effettuati da Israele nei territori arabi occupati ed evitare azioni, compresi gli aiuti, che potrebbero rappresentare un riconoscimento di questa occupazione.

8. Risoluzione dell'Assemblea Generale 35/207 del 16 dicembre 1980 condannando gravemente l'aggressione israeliana contro il Libano e il popolo palestinese, e assicurarsi che il nuovo forte rifiuto alla decisione di Israele di annettere Gerusalemme.

9. Consiglio di Sicurezza Risoluzione del 250 (1968) del 27 aprile 1968, un invito a Israele di astenersi dal tenere la parata militare a Gerusalemme.

10. Consiglio di Sicurezza Risoluzione del 251 (1968) del 2 maggio del 1968, esprime profondo rammarico sulla tenuta la parata militare a Gerusalemme.

11. Consiglio di Sicurezza Risoluzione 252 (1968), del 21 maggio 1968, chiedere a Israele di annullare tutte le azioni per cambiare lo status di Gerusalemme.

12.Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 267 (1969) in data 3 luglio 1969, ancora una volta chiama Israele a annullare tutte le azioni che avrebbero cambiato lo status di Gerusalemme.

13. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza 271 (1969), del 15 settembre 1969, ha condannato Israele per la profanazione di Al-Aqsa, e ribadisce la sua richiesta per l'abolizione di tutte le azioni che avrebbero cambiato lo status di Gerusalemme.

14. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza 298 (1971) del 25 settembre 1971, è rammaricato per il mancato rispetto di Israele e le sue azioni per cambiare lo status di Gerusalemme.

15. Risoluzione 465 (1980) del 1 ° marzo 1980 chiedendo a Israele di smantellare gli insediamenti e fermare la progettazione e la costruzione di insediamenti nei territori arabi occupati, compresa Gerusalemme.

16. Risoluzione 476 (1980) del 30 giugno 1980, la dichiarazione di nullità delle azioni intraprese da Israele per cambiare il carattere di Gerusalemme.

17.Risoluzione del Consiglio di Sicurezza. 478 (1980) del 20 agosto 1980 di non riconoscere la "legge fondamentale" su Gerusalemme e invitando gli Stati a ritirare le loro missioni diplomatiche da Gerusalemme.

18.Risoluzione del Consiglio di sicurezza 2334 (2016) del 2016/12/23, condannando insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati.

14/01/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Jerusalem_Dome_of_the_rock_BW_14.JPG

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L'Autore

Bassam Saleh

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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