La svolta del comunismo spagnolo: una nuova ortodossia

La Spagna vive giornate storiche: per la prima volta dalla caduta del franchismo, non si riesce a formare un governo.


La svolta del comunismo spagnolo: una nuova ortodossia

La Spagna oggi vive giornate storiche: per la prima volta dalla caduta del franchismo, non vi è una maggioranza parlamentare chiara e non si riesce a formare un governo. Il bipartitismo è morto sotto i colpi della crisi economica con i due principali partiti (PP, PSOE) sempre meno credibili. A complicare il quadro politico abbiamo una rinnovata sinistra spagnola con la comparsa di Podemos e la radicalizzazione di IU- PCE che aprono i loro percorsi congressuali

di Davide Costa e Paolo Rizzi

Izquierda Unida (IU) nasce come coalizione elettorale e collage di sinistra nel 1986 in un periodo in cui il movimento comunista internazionale risentiva della crisi profonda dell’URSS e del “socialismo reale” che da lì a pochi anni sarebbe crollato. Il PCE di Santiago Carrillo d’altra parte era stato, insieme al PCI di Berlinguer e al PCF, artefice dello strappo con Mosca spingendo il partito stesso su posizioni eurocomuniste (integrazione alla nascente comunità europea, conquista del potere solo attraverso la lotta parlamentare, critica del sistema sovietico) e ad una scissione dell’ala filosovietica (PCPE). Da lì in poi il PCE come molti altri partiti post-comunisti (Rifondazione Comunista, PCF, Synaspismos, etc.) sarà dilaniato dall’ambiguità nei confronti della socialdemocrazia.

La distanza fra gli apparati burocratici del cartello elettorale, egemonizzato dall’ala destra ostile allo stesso PCE, porterà ad opportunismi, accordi e dinamiche interne che ne mineranno la stessa credibilità. In tutto ciò nella Spagna post-franchista regna il bipartitismo del PP e del PSOE che controllando tutti gli apparati di potere, si fanno portavoce delle istanze dei grandi oligopoli e delle ricette antipopolari dell’UE. L’economia spagnola come molte altre economie mediterranee entra in forte crisi e la sinistra radicale non riesce a farsi avanguardia del malcontento popolare, ormai sempre più compromessa in governi locali e nazionali. Nasce il movimento fluido e composito degli Indignados, nascono i collettivi e attraverso varie fasi arriviamo al 2014 con la nascita di un nuovo partito: Podemos. Il nuovo partito si fa portavoce del “popolo anticasta”, su posizioni inizialmente che vanno al di là “della destra e della sinistra” ma oltre la retorica populista affonda le sue radici ideologiche nella concezione di populismo di Laclau e nella concezione gramsciana di egemonia culturale. Una forza di sinistra che nasce però al di fuori dei recinti autolimitanti del “popolo di sinistra” e che fa propria la personalizzazione della politica dell’era neoliberale e digitale puntando tutto sulla figura del leader carismatico Pablo Iglesias.

Al di là del totale sbandamento della sinistra italiana nell’analizzare le questioni estere, non ci troviamo davanti ad un partito fluido e orizzontale ma proprio l’opposto: un partito che usa pochi slogan forti e un leader forte per mobilitare la base dal vertice. Nel frattempo la vicenda greca va avanti, il fallimento dell’eurocomunismo è ormai una realtà davanti agli occhi di tutti e SYRIZA palesa l’irriformabilità dell’UE. Tutto ciò apre una crisi profonda in seno ad IU ed alla sua principale forza, il PCE: da un punto di vista ideologico l’eurocomunismo è ormai privo di senso e di credibilità, da un punto di vista interno la presenza di Podemos costringe IU ad una riflessione sul suo ruolo sociale e sulla burocratizzazione profonda che l’ha incancrenita. Nel 2014 diviene però portavoce parlamentare di IU, un giovane esponente del PCE classe 1985, Alberto Espinosa Garzòn che si farà interprete di una nuova fase per la sinistra comunista spagnola. Garzòn infatti viene dall’ala sinistra di IU che si opponeva alla sottomissione della stessa al PSOE e alla sua sclerotizzazione burocratica che l’ha rinchiusa nelle istituzioni senza nessun legame con la società:

“Sono militante dal 2003, un periodo molto difficile in cui la politica di sinistra si esplicava nella gestione possibilista del capitalismo. Essere comunista era anche difficile e strano. In alcune occasioni mi sentivo estraneo alla mia stessa organizzazione per esserlo. Era il 2008 ed io non potetti votare alle primarie di IU per la candidata comunista contro Gaspar Lamazares – responsabile della nostra sottomissione al PSOE – perché il mio nome era inspiegabilmente sparito dal censo” [1].

Il progetto di Garzòn è chiaro e semplice: rivitalizzare lo scheletro morente di Izquierda Unida come spazio politico e sociale anticapitalista, repubblicano, femminista, ecologista che sia forza autonoma e indipendente ma che collabori con altre forze implicate nel conflitto sociale. Una forza che partendo dall’analisi marxista della società riesca a trovare risposte e soluzioni alle inquietudini delle classi popolari del XXI secolo, ortodossia nel presente dinamico, una forza che sia capace di creare coscienza critica pedagogicamente contro l’egemonia culturale neoliberale [2], una piattaforma che non si disciolga in Podemos ma che nemmeno rimanga la stampella sinistra dei socialisti, una piattaforma dove il ruolo chiave del Partito Comunista sia manifesto e d’indirizzo. Dall’analisi che fa Garzòn il comunismo spagnolo dovrebbe agire su due livelli (potremmo definirli anche cerchi concentrici): il PCE dovrebbe essere il nucleo teorico e politico che mantiene la propria rigida struttura interna e il centralismo democratico (difatti il PCE non incentiva il correntismo e continua ad organizzare i congressi a tesi emendabili) mentre IU dovrebbe fare da cassa di risonanza delle istanze del PCE nella società atomizzata del XXI secolo, con una struttura orizzontale, diretta e digitale [3].

Le novità di Garzòn hanno premiato IU che ha mantenuto un buon radicamento nelle ultime tornate elettorali nonostante l’oscuramento mediatico e l’irruzione a sinistra di Podemos, soprattutto attraverso un attento uso dei social network (mentre IU era esclusa dai dibattiti televisivi, la stessa era in cima ai trend politici di Twitter) e un ritorno nelle strade (grande scalpore ha fatto il discurso en la calle – “discorso in strada” improvvisato dal dirigente di IU in una pubblica piazza). Netto è stata anche lo smarcamento dall’europeismo di IU: Garzòn ha dichiarato l’UE irriformabile ed ha partecipato alla riunione di Plan B (che pure nuota fra mille contraddizioni) animandone l’ala più “intransigente” con Lafontaine. Tutto ciò ha cominciato a ricucire una cesura che andava avanti da troppo tempo: quella fra IU e la UJCE (la giovanile del PCE) fortemente antieuropeista e che sul piano internazionale collabora con la greca KNE e l’italiano Fronte della Gioventù Comunista - proprio pochi giorni fa l’UJCE insieme a queste giovanili ha partecipato al XII Meeting European Youth Communist Organization dove ha firmato un documento anche con la giovanile del PCPE dove si riafferma l’attualità del comunismo e si critica la deriva socialdemocratica del Partito della Sinistra Europea [4].

Un percorso che si lega a doppio filo con il XX congresso del PCE previsto per il mese prossimo. Da alcuni militanti è stato definito come storico come storica è la fase in cui il movimento dei lavoratori si trova: la questione europea ha aperto una spaccatura profonda in seno ai partiti post- comunisti che è stata definita affine al divorzio fra socialisti e comunisti del secolo scorso e in fondo la domanda è sempre la stessa, con la socialdemocrazia (filopatronale dell’UE) o con i lavoratori (contro questa sovrastruttura liberista)? Da questo punto di vista è interessante analizzare le tesi 12, 14 e 15 del documento congressuale [5] dove dopo un’attenta analisi di fase si dichiara finita la forza propulsiva del modello liberaldemocratico e ci si appella alla rottura democratica con questa per avviare un processo costituente che faccia della Spagna una Repubblica federale ad orientamento socialista dove il potere si concentri nelle assemblee e nelle municipalità (questo richiama il modello dei soviet) e dove il libero mercato sia eliminato sganciandosi dall’Unione Europea considerata irriformabile.

Si fa appello alla sovranità popolare ed economica risultate fortemente compromesse dai trattati europei e quindi si invita la base del partito ad intraprendere una seria discussione su come sganciarsi da questa gabbia (unilateralmente, coordinati con altri paesi mediterranei in crisi stile ALBA o con un coordinamento rupturista europeo?) evitando che la discussione si polarizzi in tifoserie acritiche pro-SYRIZA o pro-KKE (cosa che in Italia dovremmo ancora imparare). Una cosa leggendo le tesi sembrano certi alcuni aspetti: per il PCE il tempo dell’eurocomunismo è finito, il patriottismo ha ritrovato la sua versione leninista e progressista contro la globalizzazione dei capitali, l’internazionalismo è la resistenza dei popoli nel difendere la propria sovranità democratica contro l’internazionalizzazione della miseria e della politica, l’Unione Europea e il sistema euro sono attori e burattinai delle crisi economiche dell’Europa mediterranea e non si può attuare alcuna trasformazione sociale all’interno dei suoi confini.

Oggi con la troika alle porte questa discussione si fa più attuale che mai anche in Italia: il PD ha ormai stabilmente assunto la fisionomia del partito centrista della borghesia, la nuova socialdemocrazia si è rottamata in Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista dilaniata dall’ambiguità del post-comunismo si trova oggi ad un bivio: far parte della sinistra socialdemocratica ad una dimensione, compatibilista ed europeista o rimettersi in gioco facendo autocritica come il PCE, il DKP, Unità Popolare e il Partito Comunista di Boemia e Moravia nella solco dell’antieuropeismo di stampo marxista e della difesa delle classi lavoratrici contro il capitale transnazionale.

Note:

[1] “In difesa di IU “– Nota di Alberto Garzòn – cfr. https://www.facebook.com/notes/alberto-garz%C3%B3n-espinosa/en-defensa-de- iu/1007080136051425.

[2] “La sinistra marxista spagnola nel XXI secolo” – Manifesto programmatico di Alberto Garzòn –cfr. http://agarzon.net/la-izquierda-marxista-espanola-en-el-siglo-xxi/

[3] “Izquierda Unida si appresta a votare la propria direzione attraverso suffragio universale interno” – cfr. http://www.eldiario.es/politica/Izquierda-Unida-direccion-sufragio-universal-militantes_0_491001525.html

[4] “Documento integrale del XII MEYCO” – cfr. http://www.gioventucomunista.it/common-announcement-of-xii-meeting-of-european-communist-youth-organizations/

[5] Documento del XX Congresso del PCE – cfr. http://www.pce.es/descarga/20160409_xx_congreso_pce_propuesta_doc.pdf

11/03/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Davide Costa

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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