Le elezioni amministrative in Spagna

Le elezioni amministrative spagnole del 24 maggio (al voto tutte le municipalità e tredici regioni) sono state un importante test nazionale che certifica la grande difficoltà del bipartitismo. 


Le elezioni amministrative in Spagna

Dalle urne spagnole del 24 maggio esce confermata la crisi del bipartitismo e un rafforzamento delle diverse espressioni della sinistra radicale. Un passaggio importante in vista delle elezioni politiche di quest’autunno. Ma prima ancora viene l’impegnativa ricerca delle alleanze per formare i governi locali. 

di Paolo Rizzi

Le elezioni amministrative spagnole del 24 maggio (al voto tutte le municipalità e tredici regioni) sono state un importante test nazionale che certifica la grande difficoltà del bipartitismo. I due attori tradizionali, il Partito Popolare (PP) e il Partito Socialista (PSOE), alle municipali raccolgono insieme il 52% dei voti contro il 65% di anni fa. Il resto è diviso tra vecchie e nuove formazioni di sinistra radicale (che conquista Barcellona e potrebbe governare anche Madrid), regionaliste e conservatrici. Il PP resta primo partito, crollando però dal 37,5% delle precedenti elezioni al 27%. Il PSOE al 25% (-7,8%). Anche alle regionali il PP e il PSOE indietreggiano, riescono però a conservare il monopolio nella formazione dei governi, anche grazie a una legge elettorale differente. 

Municipali, avanza l’unità popolare 

Il panorama delle elezioni municipali però è molto più complesso sul fronte della sinistra. Le forze della sinistra, hanno sostenuto nella maggior parte delle città le candidature di “convergenza e unità popolare”, cioè liste in cui sono confluiti movimenti e partiti. Per la precisione, Izquierda Unida (IU, la storica alleanza di sinistra imperniata sul Partito Comunista Spagnolo, PCE) ha presentato liste autonome in circa un terzo delle municipalità e ha sostenuto l’unità popolare negli altri casi, Podemos invece ha deciso di non presentare in nessuna municipalità la propria lista. Per amore di verità, bisogna anche precisare che in molte città si sono presentate più “liste di unità popolare” che erano però direttamente riconducibili alla sola IU o al solo Podemos. Limitandoci per brevità alle dieci città più grandi, vere liste di unità popolare, in cui sono confluiti la maggior parte di movimenti e partiti in maniera realmente unitaria, sono state presentate solo a Barcellona, Madrid, Saragozza e Bilbao. Generalmente le forze regionaliste di sinistra storiche (come la Sinistra Repubblicana di Catalogna o i baschi di Euskal Herria Bildu) hanno presentato liste autonome. 

Il caso più clamoroso di vittoria dell’unità popolare è stato quello di Barcellona, seconda città della Spagna, dove la lista Barcelona en Comú ha vinto le elezioni col 25,2% dei voti, battendo Convergencia Y Union (regionalisti di destra, 22,7%). BComú è una lista nata dal movimento Guanyem Barcelona che ha unito una vasta gamma di movimenti popolari, di singoli attivisti e di partiti della sinistra, a partire da IU e dagli ecologisti di Equo. Un processo avviato prima delle elezioni europee del 2014 cui Podemos si è aggregato nei primi mesi del 2015. La candidata Ada Colau (già leader del movimento contro gli sfratti) sarà sicuramente sindaco di Barcellona. La legge elettorale spagnola prevede che il sindaco sia eletto dal consiglio comunale ma che, nel caso non si trovi una maggioranza, sia eletto sindaco il candidato della lista più votata. Barcelona en Comú, con undici seggi su quarantuno, per ottenere la maggioranza dovrebbe ottenere l’appoggio delle altre liste di sinistra o centrosinistra: il PSOE (4 seggi), la Sinistra Repubblicana di Catalogna (indipendentisti di sinistra, 5 seggi) e le Candidature di Unità Popolare (indipendentisti di sinistra radicale, 3 seggi). Non sarebbe certo una coalizione facile, Colau potrebbe però anche decidere di sfruttare il diritto di essere sindaco in quanto candidato della lista più votata. 

Situazione ancora più complessa quella di Madrid, la città più grande, dove è stato il PP ad arrivare prima col 34,5% dei voti contro il 31,8% di Ahora Madrid. La candidata sindaco di Ahora Madrid è Manuela Carmenna, ex magistrato della Corte suprema nota per la lotta alla corruzione, già membro del PCE e poi membro di una fondazione politica collegata al PSOE. La lista di Ahora è stata sostenuta dai movimenti di Ganemos Madrid, da Equo, da Podemos e dal PCE. Nell’Izquierda Unida di Madrid c’è stata, infatti, una spaccatura tra chi ha voluto in ogni caso presentare una lista autonoma di IU e il PCE che ha accusato il resto di IU di andare contro la linea politica nazionale di unità popolare e ha partecipato ad Ahora. La lista autonoma di IU s’è fermata all’1,71% (contro il 10,75% del 2011) e non ha ottenuto eletti. Per Carmenna rimane la possibilità di essere eletta sindaco grazie ad un’alleanza che le è stata offerta dal PSOE, 9 deputati socialisti potrebbero formare una risicata maggioranza di un seggio insieme ai 20 di Ahora. 

L’alleanza tra le liste della sinistra radicale, regionalisti e socialisti potrebbe portare sindaci di sinistra radicale anche in altre città come Saragozza, dove Zaragoza en Comú potrebbe governare col sostegno del PSOE e degli autonomisti di Chunta Aragonista. In alcuni casi sarebbe il PSOE a ottenere il sostegno degli altri come a Siviglia, Malaga e Palma de Mallorca. In altri casi sarebbero gli autonomisti a guidare, come a Valencia dove Compromìs potrebbe governare col sostegno di PSOE e Valencia en Comú/Podemos. Una nota a parte merita la versione galiziana dell’unità popolare, le liste di Marea Atlantica che arrivano prime nei maggiori centri dalla Galizia: La Coruña e Santiago de Compostela 

IU e Podemos hanno annunciato che valuteranno l’ipotesi di sostenere alleanze per evitare che sia il PP a ottenere la gran parte dei sindaci, la conclusione di queste trattative però non è per niente scontata. Innanzitutto c’è un’evidente differenza tra quelle città in cui sono le sinistre o gli indipendentisti ad aver bisogno di pochi seggi per ottenere la maggioranza e quelle in cui dovrebbero invece accodarsi a un PSOE dominante. In secundis, il PSOE da quando è all’opposizione del governo nazionale ha assunto una posizione nominalmente anti austerità ma molti ricordano le politiche liberiste e di austerità di Zapatero. L’eterogeneità delle liste fa si che non siano solo i partiti a doversi esprimere, ma anche svariati movimenti e singoli individui. Le conclusioni non saranno quindi affatto scontate o univoche, ogni città probabilmente farà storia a sé. 

Per i partiti di sinistra c’è comunque di che essere soddisfatti delle comunali. Podemos, dopo una prestazione non esaltante alle regionali dell’Andalusia, può vantare i risultati di Barcellona e Madrid e può evitare il conteggio voto per voto grazie alla politica di presentarsi sempre e comunque all’interno di liste più larghe. Izquierda Unida, invece, scende dal 6,4% del 2011 al 4,7%, però con gran parte delle sue candidature all’interno di liste “di convergenza”. In questo modo il leader Alberto Garzon può dire che per IU il risultato è positivo e che bisogna continuare a puntare sulle candidature di unità popolare. 

Non sfonda invece come avrebbe voluto Ciudadanos, il nuovo partito centrista nato in Catalogna che, sfruttando la crisi del PP e la retorica anti casta, punta a stabilirsi a livello nazionale come il “Podemos di destra” ma si è fermato al 6,5%. 

Regionali, tiene il bipartitismo 

 Il quadro delle regionali è relativamente più semplice, tutti i partiti si sono presentati con liste immediatamente riconoscibili. Inoltre, la formazione dei governi regionali è diversa da quelli municipali. Il presidente della regione è eletto dal parlamento regionale, ma nel caso in cui non si riesca a formare una maggioranza, non passa il candidato della lista più votata, si va a nuove elezioni.

Prima delle elezioni il PP era primo in undici delle tredici regioni al voto, il PSOE in una (le Asturie) e nella Navarra erano primo partito i nazionalisti baschi del PNV, alleati al PP. Il PP s’indebolisce molto ma riesce a restare primo partito nelle regioni di Cantabria, La Rioja, Aragona, Castilla y León, Castilla La Mancha, Madrid, Murcia, Valencia e nelle isole Baleari. Il PSOE si mantiene primo partito nella Asturie e lo diventa in Extremadura. Il PNV resta primo partito nella Navarra e alle isole Canarie arriva prima la Caolición Canaria, alleata del PP. 

 A livello percentuale il PP scende dal 46% del 2011 al 29,9%, il PSOE dal 28,7% al 24,5% e Izquierda Unida dal 6,2% al 4,3%. Tra i nuovi partiti, invece, Podemos si attesta al 13,9% e Ciudadanos al 9,8%. In nessuna delle regioni Podemos riesce a lottare seriamente per il secondo posto, arrivando regolarmente dietro ai popolari e ai socialisti e spesso anche dietro ai regionalisti. I sostenitori di Podemos possono però essere soddisfatti di essere entrati in tutti i parlamenti, inclusi quelli delle regioni più conservatrici, cosa che non si può dire di Izquierda Unida che scivola sotto la soglia minima in molte regioni e riesce a eleggere solo in Aragona, nelle Asturie, alle Baleari, in Castilla y León e in Navarra. Ciudadanos ha un risultato migliore rispetto alle municipali e potrebbe risultare decisivo per assicurare al PP molti governi regionali.

Dopo le elezioni 

Il processo di formazione dei governi regionali può essere lungo e faticoso. In Andalusia, dove si è votato a fine marzo, dopo tre voti di fiducia il PSOE non è ancora riuscito a formare una maggioranza e il voto definitivo è stato rimandato a dopo quest’ultima tornata elettorale. 

Oltre all’Andalusia, in queste elezioni regionali non sono andate al voto neanche la Catalogna (che voterà a settembre) e la Galizia e i Paesi Baschi che voteranno nel 2016. È da notare che queste regioni col voto sfalsato sono tra le regioni più tradizionalmente di sinistra. 

Le elezioni politiche si dovranno tenere invece prima della fine dell’anno, probabilmente a novembre. Nonostante il più che giustificato entusiasmo per la vittoria a Barcellona e per i possibili sviluppi positivi in molte altre città, questo turno elettorale dimostra anche che le formazioni di sinistra non hanno, a ora, i numeri per formare un governo. Per la verità, già da mesi i sondaggi hanno smesso di dare Podemos come primo partito. Fin ora il giovane partito guidato da Pablo Iglesias ha puntato tutto sull’autosufficienza, rifiutando alleanze nazionali con Izquierda Unida e puntando, piuttosto, a raccogliere i voti dei delusi da ogni appartenenza politica. La “gioiosa macchina da guerra” di Podemos sembra però perdere giri. In parte perché il favore che gli tributava gran parte della stampa si è spostato verso Ciudadanos, che sfrutta la stessa retorica che in Italia chiameremmo anti-politica, in parte perché con la collocazione nel gruppo della Sinistra Unitaria Europea, con l’appoggio esplicito al governo Tsipras in Grecia e infine con l’adesione a molte liste di sinistra in queste comunali, risulta più difficile per Podemos dirsi credibilmente “né di destra né di sinistra”. IU da parte sua torna alla carica chiedendo che si arrivi a liste di unità popolare anche alle politiche. 

In ogni caso, prima delle elezioni politiche le sinistre dello stato spagnolo avranno tanti problemi da affrontare, primo tra tutti la formazione dei governi nelle amministrazioni locali. 

NOTA: le percentuali di voto riportate sono elaborate sui dati forniti dal Ministero dell’Interno spagnolo al momento della stesura, complete circa al 99%. Il dato definitivo potrebbe variare, anche se non in maniera significativa. 

30/05/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Paolo Rizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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