Vaccinazione universale?

Non sembra che i vari governi sempre più delegittimati stiano affrontando razionalmente la crisi pandemica né ci preparano a scongiurare quelle future.


Vaccinazione universale?

In varie occasioni abbiamo parlato della pandemia sia in maniera diretta che indiretta. Nonostante molti abbiamo l’impressione che ormai siamo usciti più o meno ammaccati dalla tragedia, non me la sento proprio di condividere questo ottimismo, perché non tiene conto della situazione della vaccinazione mondiale e delle cause segnalate da vari studiosi, su cui ci siamo soffermati sul libro Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (Petrini 2020). Libro che raccoglie articoli scritti da noti specialisti.

Il problema più grave è che la vaccinazione avanza solo nei paesi sviluppati, mentre in quelli più poveri è del tutto insufficiente. Per ovviare a questa importante carenza l’Oms ha dato il via al meccanismo Covax, istituito con l’organizzazione internazionale per i vaccini Gavi, per rifornire i paesi poveri. Il Covax ha fatto accordi per sostenere 92 paesi a basso e medio reddito, più della metà dei quali si trovano in Africa. Secondo quanto prospettato dal Covax, tutti i paesi destinatari riceverebbero in una prima fase scorte sufficienti per il 20% delle loro popolazioni, successivamente l’assegnazione dei vaccini Covid-19 a livello internazionale avverrebbe sulla base delle necessità. Siamo lontani da questa meta se si tiene conto che a livello mondiale per 100 persone sono disponibili 24 dosi di vaccino, mentre nel caso dell’Africa, particolarmente penalizzata, sono a disposizione solo due dosi. 

Le ultime informazioni ci dicono che nei paesi poveri i vaccini contro la Covid non si trovano più. L’Oms ha fatto presente che, poiché i paesi a capitalismo avanzato se ne sono accaparrate numerosissime dosi, il programma Covax non potrà essere realizzato. Si tenga presente che ad aprile di quest’anno sono state somministrate più di mezzo miliardi di dosi di vaccini, tre quarti della quali sono andate a cittadini del nord del mondo. Anche se recentemente i paesi più ricchi hanno dichiarato che incrementeranno le loro donazioni di vaccini, ma sono promesse che non potranno certo concretarsi nell’immediato, mentre continua la diffusione delle varianti, che potrebbe rendere inefficaci i vaccini e mettere in pericolo anche noi.

Secondo il consigliere dell’Oms, Bruce Aylward, con il programma Covax sono state distribuite circa 90 milioni di dosi in 131 paesi, ma si tratta di una quantità insoddisfacente per immunizzare gli abitanti in questi luoghi. Si prenda in considerazione che solo 40 milioni di dosi sono state somministrate in Africa che – come si diceva – sono bastate solo per il 2% della popolazione totale. 

Il programma Covax, cui hanno dato impulso l’Oms e altre organizzazioni internazionali, si proponeva di distribuire in tutto il mondo circa 2 miliardi di dosi entro la fine del 2021, allo scopo di vaccinare almeno il 20% della popolazione nei paesi poveri. Purtroppo i ritardi nelle consegne, gli ostacoli alla produzione di tutte le dosi che le società farmaceutiche avevano promesso, la non liberalizzazione dei brevetti e il non uso in Europa e negli Usa di tutti i vaccini disponibili (russi, ora riconosciuti validi da “The Lancet”, i cubani e i cinesi) hanno prodotto questa scarsità di vaccini che danneggia i paesi poveri, ma che avrà ripercussioni anche su di noi che ci vantiamo degli effimeri successi su questa pandemia, che inoltre si è rimessa in moto con virulenza negli ultimi tempi. In questa situazione i vaccini hanno subito iniziato a scarseggiare. Dalla pandemia attuale e da quelle future ci salviamo tutti insieme o non la scampiamo. Sarebbe opportuno che lo tenessimo bene a mente.

Tra i paesi, che hanno questo grave problema, annoveriamo l’Uganda, lo Zimbabwe, il Bangladesh e Trinidad e Tobago e in generale tra 80 paesi in via di sviluppo, circa la metà, non ha attualmente a disposizione dosi a sufficienza per avanzare nel programma di vaccinazione. Molti paesi hanno cercato soluzioni alternative, ma finendo col pagare ad alto costo i vaccini e ciò indipendentemente dall’effettivo prezzo di mercato, con pesanti ricadute sull’economia. La fame di profitto non si arresta dinanzi a nulla.

Data la grave situazione sarebbero necessarie e urgenti le donazioni promesse dai paesi più ricchi, che sono dotati di vaccini in abbondanza. Insieme alle minacce verso la Cina e la Russia, il recente G7 ha annunciato che donerà un miliardo di vaccini ai paesi più poveri, dei quali la metà sarebbero forniti dagli Stati Uniti. Per riconquistare credibilità, Joe Biden ha annunciato che Washington donerà altre 55 milioni di dosi, di cui 41 saranno assegnate attraverso l’iniziativa Covax. L’Unione Europea si è impegnata a contribuire a questo Fondo, o almeno così si è espresso  il direttore del settore salute e sicurezza alimentare della Commissione, John Ryan. Tuttavia, ci vorranno mesi per ottenere i vaccini e vaccinare la gente, mentre i paesi in via di sviluppo, afflitti dalla pandemia, dalla rinnovata povertà, dalla malnutrizione, sono ormai allo stremo. Basti ricordare, per esempio, che circa 23 milioni di bambini, a causa della pandemia, non sono stati vaccinati contro la poliomielite e le altre malattie infettive, un miliardo e 600 milioni di essi non ha potuto frequentare la scuola e 3 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua per lavarsi. Per comprendere la gravità di questa pesante crisi sarebbe bene che ci abituassimo a ragionare tenendo presenti queste grandezze.

Nonostante i governanti di vari paesi, in particolare quelli italiani, ostentino un ipocrita o irresponsabile ottimismo, le ultime sciagurate vicende hanno generato in molti individui una profonda sfiducia sia nelle classi politiche che nella comunità scientifica innegabilmente legata alla grande industria farmaceutica. È difficile dare torto tassativamente a tutte queste persone che, in assenza di politiche sensate e vantaggiose per le classi popolari, sono sprofondate nel più triste qualunquismo, come mostra la manifestazione a Roma del 24 luglio, cui hanno aderito forze eterogenee con l’aggiunta di Forza Nuova. In questa circostanza si sono uditi insulti ai vari virologi, agli esperti, a Draghi e ai suoi sodali, sono anche comparse alcune svastiche.

Come spiegare tutto questo? Sarebbe difficile delineare questi complicati processi in poche parole, ma certo è opportuno sul piano sanitario ricordare le misure contraddittorie prese da chi aveva distrutto il nostro sistema sanitario, fatto che tutti sperimentiamo ogni giorno. E mettiamoci pure l’incapacità di controllare la trasmissione del virus possibile solo in “paesi autoritari”, la famosa app Immuni, la mancanza di ospedali, il mancato sostegno – soprattutto in certe regioni – agli ammalati in casa, il risalire dei contagi etc. Sul piano politico l’accrescersi della povertà e della disuguaglianza, l’incremento della disoccupazione, i licenziamenti e l’atteggiamento remissivo dei sindacati confederali. Aspetti questi che non ci spingono a intravedere un futuro roseo.

In particolare, l’adozione del green pass medita qualche riflessione più approfondita delle demagogiche affermazioni dei leader politici, come per esempio Draghi che, considerandosi ancora il “salvatore della patria”, ha con enfasi dichiarato: “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore”. Queste parole sono state pronunciate durante la conferenza stampa in cui è stato annunciato il nuovo decreto anti-Covid e il tanto discusso green pass, la cui introduzione, in varie forme, ha suscitato proteste in varie città europee, come Londra e Parigi. Persino gli esercenti delle attività commerciali si sono detti perplessi per le difficoltà che incontrerebbero nel controllare i requisiti sanitari degli avventori.

Naturalmente non è sensato aspettarsi dalle masse ormai depoliticizzate un pensiero sottile, in grado di cogliere sfumature e distinzioni, per loro tutto è bianco o nero, schema semplicistico e di comprensione immediata usato per di più dalla destra anche estrema a scopi demagogici. Purtroppo, come si è visto, anche il “superesperto” Draghi non si comporta diversamente. Infatti, come ricavo da una comunicazione personale del professor Ernesto Burgio, non è detto che chi si vaccini o che si sia ammalato in passato non possa contagiarsi un’altra volta e per di più trasmettere il virus sia pure in forma depotenziata. Il vantaggio starà nel fatto che probabilmente sarà affetto da una forma lieve e certo non è poca cosa. Inoltre, poco sappiamo della durata della copertura fornita dai vaccini e della loro capacità di debellare le varianti che si produrranno costantemente finché il virus circolerà come sta avvenendo drammaticamente nei paesi poveri.

Possiamo aggiungere anche un’altra considerazione, ma di carattere politico. La politica delle restrizioni, spesso contraddittoria (si pensi alle manifestazioni di giubilo in occasione dei recenti eventi calcistici) e non preceduta dagli interventi statali necessari, è utile ad attribuire la responsabilità della diffusione del contagio al singolo cittadino, magari asintomatico, e quindi svolge innegabilmente una funzione criminalizzante e repressiva nel fosco scenario della ristrutturazione capitalistica.

Ricordando che da solo il vaccino non può cavarci fuori da questa difficile situazione, riproponiamo dunque la tesi, sviluppata nel nostro libro già citato, che le misure da prendere sono strutturali e che riguardano la revisione del complessivo rapporto tra sistema produttivo e mondo naturale, l’autentico rilancio dei sistemi sanitari, l’abbandono delle forme di urbanizzazione selvaggia, la sconfitta vera della povertà etc. Solo queste misure se portate a termine sconfiggeranno il deteriore qualunquismo delle masse, ma saranno fattibili solo se cambiano i timonieri ora al comando della nostra fragile imbarcazione.

30/07/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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