Venezuela, la destra fa dabukuri

Le destra sconfitta alle urne si frantuma e si manda maledizioni, continua la guerra economica contro il chavismo.


Venezuela, la destra fa dabukuri Credits: https://www.flickr.com/photos/danielguarache

In Venezuela, la Mud si spacca. Volano insulti, anatemi e maledizioni. L'ex governatore dello stato Amazonas, Liborio Guarulla, ricorre a un rituale sciamanico per lanciare la maledizione del dabukuri. Capriles (Primero Justicia) sbatte la porta e lascia la coalizione. Il governatore eletto per il suo partito nel Zulia, Juan Pablo Guanipa, non accetta di giurare davanti all'Assemblea Nazionale Costituente (Anc) e dovrà essere sostituito a seguito di nuove elezioni.Voluntad Popular (la compagine di Leopoldo Lopez e Lilian Tintori) annuncia che non parteciperà alle prossime elezioni comunali. Il presidente del parlamento, Julio Borges, (PJ) corre a Washington a denunciare brogli che nessuno ha presentato al Comitato Nazionale Elettorale. La Mud ha controfirmato i controlli del sistema elettorale, considerato a prova di frodi. Mentivano prima o mentono ora? Che importa, se i loro referenti principali si trovano fuori dal Venezuela... E già si parla di una nuova coalizione che provi a ricomporre i pezzi della litigiosa destra venezuelana. 

Tutti attaccano Ramos Allup, l'”adeco” navigato che li ha messi nel sacco ottenendo di essere quello che ha sempre voluto: l'unico referente antichavista riconosciuto. Neppure la rete gli risparmia niente: se prima chamavi “prostituente” la Costituente – scrivono – come ti si deve chiamare ora che la riconosci? I quattro governatori eletti per Accion Democratica hanno accettato l'investitura da parte dell'Anc, potere popolare plenipotenziario che è alla base della Costituzione bolivariana. Maduro li ha invitati al dialogo e ha respinto gli attacchi provenienti dagli Usa e dai paesi neoliberisti latinoamericani che, come la Colombia e il Messico (noti “campioni di democrazia”), non “riconoscono” le elezioni e premono per costituire un governo parallelo all'estero.
Il chavismo incassa due risultati importanti: aver spaccato la Mud e aver ricondotto la contesa dal campo violento a quello democratico. Per ora. Le destre, infatti, già suggeriscono un nuovo scenario inquietante: speculando sui rapporti con l'Iran, si potrebbe provocare l'intervento armato degli Usa, per “difendere la democrazia e la sicurezza dal terrorismo”. Che succederebbe – insinuano – se un aereo “carico di terroristi islamici” partisse dal Venezuela per andare a seminare morte nel mondo e venisse “scoperto”?

Ma un pericolo ancora più insidioso arriva dall'interno. Come da manuale, al mercato nero un euro viene quotato quasi 5.500 bolivar. Su questa base, che non ha nessun riscontro nell'economia reale e neanche nei parametri internazionali (liquidità monetaria e riserve internazionali), i commercianti hanno sparato i prezzi a livelli irraggiungibili per i settori popolari. È come ai tempi di Allende in Cile: far “urlare l'economia” per provocare la reazione dei settori popolari contro il governo. Dalla base chavista è partito il boicottaggio di alcuni prodotti, e l'invito a far presto rivolto ai 545 eletti dell'Anc. Il Partito Comunista del Venezuela (Pcv) chiede di “espropriare gli speculatori”.

Contro le storture prodotte dalla guerra economica, i costituenti non potranno usare la bacchetta magica. Ma, intanto, alcuni governatori hanno già cominciato ad agire sull'accaparramento dei prodotti sussidiati e sul loro desvio al mercato parallelo (bachaquerismo). Nello stato Carabobo, il neoletto governatore chavista, Rafael Lacava, dopo essersi fatto conoscere come “Don Chisciotte a cavallo di Ronzinante”, ha ideato un'altra immagine di presa: il carro di Dracula, che arriva a portarsi via corrotti e chavisti camuffati. 

Due sindaci sono già finiti in gattabuia per aver deviato tonnellate di prodotti destinati alla popolazione attraverso i Clap, i Comitati di rifornimento e produzione con i quali il governo porta gli alimenti direttamente nelle case. 

Il 7 settembre del 2017, Maduro ha presentato all'Anc 8 leggi principalmente volte ad affrontare la guerra economica: dare trasparenza al mercato cambiario autorizzando la creazione di uffici specifici in cui consentire transazioni in altre monete. Aumentare la tassazione sulle grandi fortune (il Venezuela ha le tasse più basse dell'America latina e anche un livello altissimo di evasione fiscale), e istituire meccanismi che consentano sanzioni reali ai delitti economici compiuti contro i consumatori e il popolo. Si propone la fatturazione elettronica obbligatoria per 5.000 grandi imprese.
La Ley del Plan 50 prevede una discussione tra settori produttivi, distributivi, consumatori e organizzazioni popolari gestita dalla Gran Mision Abastecimiento Soberano per creare un tetto massimo dei prezzi per 50 articoli e servizi di uso corrente. Inoltre, per ogni Clap verrà nominato un giudice che vigili al rispetto dei prezzi, accompagnato dalle autorità giuridiche e dalla Defensoria del Pueblo con facoltà di intervenire legalmente per sanzionare gli abusi. 

Un'altra legge mira a facilitare e regolare gli investimenti esteri in base ai 15 motori economici già approvati dal presidente. Sarà anche istituito un nuovo regime tributario per lo Sviluppo Sovrano dell'Arco Minerario dell'Orinoco con l'obiettivo di garantire un terzo delle entrate allo Stato bolivariano. Un altro proposito è quello di creare Agrosur, un Consorzio Agroalimentare del Sud che coordini gli sforzi produttivi in 20 settori prioritari. La legge prevede formazione, finanziamento, risorse e tecnologie rivolte ai contadini.

Intanto, il blocco finanziario dettato da Trump sta tenendo fermi pagamenti destinati all'acquisto di beni primari e le destre cercano di acuirlo con il pieno appoggio anche dell'Europa. 
Con la consueta “disinvoltura”, Julio Borges, dopo aver chiesto agli Usa persino di invadere il paese, ha addirittura accusato il governo di sprecare i soldi per pagare il debito estero anziché per risolvere la “crisi umanitaria”. E ha chiesto una ristrutturazione del debito... ma al Fondo Monetario Internazionale, che da anni è stato espulso dal Venezuela e che metterebbe come condizione un piano di aggiustamento strutturale. Quella contro la guerra economica è di certo la partita più complicata che sta giocando il socialismo bolivariano. Una partita determinante, che farà scuola.

Questo articolo di Geraldina Colotti è apparso originariamente sul suo profilo Facebook. La compagna Colotti continua attraverso le reti sociali virtuali e attraverso le testate che la ospitano il suo lavoro di informazione da e sul Venezuela, dopo la decisione politica del Manifesto di non pubblicare più le sue corrisponenze.

28/10/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.flickr.com/photos/danielguarache

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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