Controstoria della filosofia I lezione: Platone

Mercoledì 1 settembre dalle ore 18 alle 20,30, prima lezione del corso di filosofia: Controstoria della filosofia, tenuto dal prof. Renato Caputo per l’Università popolare Antonio Gramsci. La lezione (in videoconferenza per i membri dell’Unigramsci e in diretta facebook al link https://www.facebook.com/unigramsci/) affronterà, in un’ottica marxista, la vita di Platone e la teoria delle idee.


Controstoria della filosofia I lezione: Platone

Mercoledì 1 settembre alle ore 18 riprendono i corsi dell'Università popolare A. Gramsci. Il primo corso (di filosofia), tenuto dal prof. Renato Caputo, è intitolato Controstoria della filosofia da un punto di vista marxista, secondo ciclo: dal comunismo utopistico di Platone al realismo immanentistico di Aristotele.

Platone: filosofia e scienza politica in risposta alla crisi della società greca

La filosofia di Platone è una risposta alla crisi della Grecia e di Atene che, sconfitta nella guerra del Peloponneso, dopo il fallimentare governo dei Trenta tiranni, aveva visto la restaurata democrazia mandare a morte Socrate (399 a.C.). Vi era anche una crisi culturale, con la seconda generazione dei sofisti e la dissoluzione del socratismo. Platone per superare la crisi elabora un progetto filosofico rivoluzionario da tradurre in un progetto politico rivoluzionario.

1. La vita

Platone nasce nel 427 a.C. in una grande famiglia aristocratica. Influisce sulla sua educazione Crizia, sofista membro di un circolo di ultrà aristocratici filo-spartani. Qui conosce Socrate, maestro di Crizia, l’insegnamento del quale lo segna per tutta la vita. La collocazione sociale lo porta agli interessi politici e il giovane è affascinato dal tentativo antidemocratico di Crizia, da cui si stacca presto per il suo eccesso di violenza. Platone non apprezza il successivo tentativo di restaurazione democratica, che si scontra con contraddizioni non superabili nel quadro della polis tradizionale, contraddizioni che il mondo politico pareva amministrare più che risolvere. Dopo il processo a Socrate la sua ostilità al regime democratico moderato si accentua. 

Ciononostante, Platone non abbandona la sua vocazione politica, anzi la esercita tanto in senso teorico, studiando le migliori forme di organizzazione della cosa pubblica, quanto in senso pratico mirando a contribuire al governo della seconda città della Grecia: Siracusa.

Il progetto etico-politico alla base dell’opera di Platone,

delineato sin dalla giovanile prima stesura della Repubblica, mira a rifondare lo Stato unendo politica, saggezza e sapere. Intorno a tale progetto ruota la successiva biografia di Platone. Non confidando nella monarchia macedone, rivolge l’attenzione a Taranto, in cui il pitagorico Archita rappresenta un valido esempio della possibile fusione fra scienza e potere.

I tentativi politici di Platone in Magna Grecia

Confidando sulla complicità di Dione, genero di Dionigi – definito tiranno dai suoi avversari politici artistocratico-democratici – si reca a Siracusa per sperimentare i propri progetti politici rivoluzionari. I rapporti tra filosofo e tiranno divengono presto burrascosi e Platone è venduto come schiavo.

Riscattato, ripara ad Atene, ma non demorde e organizza una fondazione politico-intellettuale che si dedica a sviluppare sul piano teorico e pratico le sue idee rivoluzionarie. Giuridicamente l’Accademia è dedita al culto delle muse, ma in realtà è il primo istituto di educazione superiore della storia, un centro di ricerca scientifica e un’organizzazione politica rivoluzionaria. Maestri e discepoli vivono in modo comunistico e condividono il progetto comunista della società basato sul sapere filosofico-scientifico.

D’altra parte Platone preferisce realizzare una rivoluzione politica, piuttosto che teorizzarla; così alla morte di Dionigi, succedendogli l’omonimo figlio su cui Dione ritiene avere forte ascendenza, Platone è chiamato nuovamente a Siracusa. Tuttavia, quando Dionigi si rende conto che Dione e Platone intendono sostituirsi a lui nelle decisioni politiche bandisce Dione e imprigiona e poi scaccia Platone. Nel 361, indomito Platone torna di nuovo a Siracusa per convincere Dionigi a richiamare Dione, senza successo. Il successivo tentativo di Dione, di prendere il potere con la forza e l’aiuto dell’Accademia va in porto, ma Dione sembra tradire ed è ucciso da un altro allievo di Platone.

Platone è così costretto a sviluppare in modo prevalentemente teorico le sue idee rivoluzionarie nell’Accademia, dove costruisce la sua scuola-partito. Quest’ultima conquisterà in diverse occasioni il potere. Muore nel 347 a. C., dieci anni prima che Filippo di Macedonia eliminasse quanto restava dell’autonomia delle polis.

Un’opera in grado di sintetizzare la filosofia greca

Al di là dei falliti tentativi politici, Platone cerca di stringere in un disegno unitario potere e sapere, filosofia, scienza ed etica con la politica. Perciò mira a fondare una filosofia che si ponga come superamento dialettico dell’intera tradizione filosofico-culturale a lui precedente.

2. Il dialogo come forma del progetto filosofico di Platone

Platone si richiama alla tradizione idealista parmenidea

L’opera di Platone, l’unica dell’antichità giunta a noi intera, si pone come erede della tradizione filosofica che va da Pitagora a Parmenide a Eraclito. Da tale tradizione Platone riprende la scissione gerarchica della realtà e del sapere: l’essere contro l’apparire, la verità contro l’opinione, la ragione contro i sensi. Seguendo tale tradizione Platone identifica la verità con la pura teoria, che ha contenuti prevalentemente logico-matematici e astronomici di contro al sapere empirico.

Su di essa Platone innesta la tradizione socratica del legame fra sapere, virtù e felicità

Ma Platone innesta su tale tradizione le esigenze di una linea di pensiero ateniese che si snoda da Solone a Socrate. È questo il pensiero della mediazione che tende a istituire un rapporto fra i poli delle opposizioni che quelle scissioni producevano. In effetti, per Platone, la filosofia non deve limitarsi ad annunciare il discorso vero, ma deve mostrare le proprie capacità nell’interpretare e risolvere i problemi di tutti. Fra la pura teoria del saggio e le opinioni del volgo Platone intende porre la capacità di correggere l’opinione in funzione della verità, mediante un linguaggio comprensibile anche al volgo. Qui si inserisce il tema socratico del legame fra sapere, virtù e felicità, per cui il vero sapere diviene il fondamento di una vita morale e politica giusta e felice per tutti, non solo per sapienti e potenti.

La dialettica come arte del dialogo

Per rispondere a tale esigenza Platone crea una forma nuova per la comunicazione filosofica: il dialogo, quale trascrizione di una discussione filosofica fra uno o più interlocutori che rappresentano il sapere volgare legato all’opinione e il filosofo che li persuade, confutandoli, a volgersi a un sapere superiore. Il filosofo in Platone assume il nome di dialettico (da dialeghesthai, discutere) in virtù della sua capacità di praticare l’arte del dialogo, mediante la quale convince l’uomo dell’opinione a volgersi alla verità. Tale ricerca della mediazione è incarnata da Socrate, il Socrate platonico più che il Socrate storico. Il dialogo platonico diviene la sede in cui si confrontano i problemi della teoria e della conoscenza con quelli della società e della vita morale dell’uomo. Il dialogo è una concezione della filosofia aperta, come ricerca continua e collettiva verso la verità.

L’opinione, la scienza

Platone sembra consapevole che all’inizio del IV secolo non è più possibile contrapporre semplicemente verità e opinione, essere e apparenza. Non solo vi è stato un impetuoso sviluppo del pensiero tecnico-empirico, dalla medicina all’architettura, ma l’analisi sofistica del linguaggio ha mostrato come non vi sia un rapporto diretto fra linguaggio, realtà e verità.

Il rapporto filosofia-politica

La filosofia di Platone sorge dalla condanna a morte da parte della democrazia di Socrate, il più giusto degli uomini. Quindi la democrazia non è uno Stato giusto. Da qui la necessità di fondare lo Stato sulla base della giustizia. Ma per fondare uno Stato giusto bisogna prima sapere che “cos’è la giustizia”. Occorre quindi superare il relativismo dei sofisti.

3. La teoria delle idee

Il linguaggio

Platone parte dal linguaggio, mostrando come l’uso retorico teorizzato dai sofisti ha determinato la relatività di ogni significato, soprattutto nell’ambito dei valori etico-politici. Parole come giusto e buono sembrano mutare significato a seconda di chi le pronuncia. Pare così impossibile individuare un criterio assoluto, al di là degli interessi in conflitto, che garantisca la validità dei significati. Tutto sembra dipendere dalla capacità persuasiva del discorso.

Alla ricerca di un sistema stabile di significati

Al contrario Platone ricerca un criterio scientifico, un fondamento oggettivo, che consenta di ricostruire un sistema stabile di significati, almeno nel campo etico-politico. Del resto, da un’analisi del linguaggio emerge di contro alla variabilità dei soggetti parlanti una relativa costanza e univocità dei significati. Per dare un senso alle proposizioni è necessario che i predicati – come buono, giusto – mantengano più o meno lo stesso significato, nonostante siano attribuibili ai soggetti più diversi.

Contro la concezione sofistica il linguaggio traduce rapporti reali fra gli enti e le relative idee

Il predicato deve basarsi su qualcosa di permanente nel suo significato essenziale e di esistente al di fuori dei soggetti di attribuzione; un oggetto non linguistico, che ha un’esistenza autonoma, di cui il predicato è il significato permanente. Tale oggetto è l’idea.

Finalità politica della teoria delle idee

Alla poderosa sfida della sofistica, con la sua relativizzazione dei concetti morali e dei criteri di verità, Platone risponde con la sua teoria delle idee. I sofisti avevano messo in dubbio l’esistenza di valori universali, ai loro occhi il bene, il vero erano nozioni di carattere relativo che variavano a seconda dei contesti. Platone è consapevole della pericolosità di tali affermazioni: la disparità di opinioni non può che produrre disordine e violenza, ossia la legge del più forte. Le idee sono lo strumento per uscire dal caos delle opinioni. La conoscenza delle idee consente la fondazione di una scienza politica universale, che garantisca pace e giustizia tra gli uomini.

Il criterio di validità dei giudizi

Dire x è giusto significa, se il giudizio è vero, che x ricade nella sfera di significati della giustizia in sé. Si è così stabilito un criterio di validità dei giudizi, contro il dualismo sofistico fra linguaggio e verità. Il linguaggio traduce, se i giudizi sono veri, rapporti reali fra l’ente e la relativa idea. La decisione di ciò che è giusto e bene per l’uomo e per la società è sottratta sia al parere soggettivo del singolo, sia all’imposizione del potente, sia all’opinione della maggioranza. Poiché il giusto e il bene sono idee, su di esse e sulle loro relazioni con la vita della polis potrà pronunciarsi a buon diritto solo chi ne possiede la scienza, dunque il filosofo. È così fondata la pretesa del filosofo di dettare i piani per la riforma della polis, che ha la propria garanzia nel sapere e non nella maggioranza, legata al mondo precario e inconsistente delle opinioni, degli interessi immediati, dell’uso retorico del linguaggio.

Genesi e natura delle idee

La scienza deve essere stabile e immutabile. Non può avere come oggetto il sensibile e mutevole ma le idee: essenze indivisibili, ingenerate, perfette, eterne, autonome e unitarie. Esistono molte cose belle, ma solo un’idea di bello che rimane identica a sé, mentre le cose belle possono divenire brutte. Il mondo imperfetto è oggetto della conoscenza incerta dell’opinione, mentre il mondo intellegibile è il mondo della scienza. L’essere vero e autentico sono le idee, non percepibili dai sensi, ma conoscibili con la ragione. Il mondo sensibile è il mondo delle parvenze in quanto soggetto al divenire, per cui le cose sono e non sono identiche a sé.

Perché le idee?

Platone parte dalla constatazione che esiste una conoscenza certa, scientifica: la somma degli angoli interni un triangolo è di 180°, ciò è universalmente vero. Ma tale conoscenza non può rivolgersi a nessuno dei triangoli empirici, ma solo a un triangolo ideale, perfetto che ne realizzi l’essenza. Le cose sensibili sono mutevoli, di esse non vi è vera conoscenza. Inoltre, è possibile assegnare lo stesso predicato a cose diverse (ad esempio “bello”), solo ipostatizzando l’esistenza di qualcosa che è bello in sé.

La scienza ha come oggetto le idee, l’esperienza le apparenze mutevoli

Platone critica il sapere empirico e le tecniche che ne derivano, che rivendicano la loro fedeltà all’esperienza, in quanto non porta a verità certe e stabili, poiché i suoi dati sono istantanei e soggettivi. La stessa sensazione può essere valutata oggettivamente solo se riportata a un criterio di riferimento non empirico. Ogni scienza costruisce un sistema di proposizioni universalmente valide. Ciò rende difficile una scienza che abbia oggetti empirici, le cui proprietà variano e si manifestano diversamente da soggetto a soggetto.

 

26/08/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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