1980 Strage di Bologna - 2018 l’indagine continua

Sono passati 38 anni dalla bomba fascista alla stazione di Bologna, quella che il capo della loggia massonica deviata P2 Licio Gelli definì un incidente. Continua l’indagine.


1980 Strage di Bologna - 2018 l’indagine continua

Bologna. Ginevra. Fu una delle stragi di Stato, di stampo fascista e coperte dai servizi segreti: dopo la bomba alla Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano (dicembre 1969) e l’ordigno sul treno Italicus (agosto 1974) la bomba nella stazione ferroviaria di Bologna (agosto 1980) rese ancora più chiara la fonte della strategia della tensione, quella che sollecitò una risposta popolare, in parte non ben sostenuta quando si aprì la stagione della lotta armata.

La strategia della tensione si fondò su una serie di atti terroristici che dovevano diffondere nella popolazione uno stato, appunto, di tensione e di paura, così che si verificassero svolte politiche di stampo autoritario. Furono anni in cui fu evidente la commistione del terrorismo neofascista violento con il terrorismo di Stato che fu sostenuto da settori militari e politici che intendevano attuare un colpo di Stato anticomunista, in particolare dopo la stagione del Sessantotto e dell’Autunno caldo.

Vale ricordare quanto emerse in una sentenza del tribunale di Savona: “Dal 1969 al 1975 si contano 4.584 attentati, l'83 percento dei quali di chiara impronta della destra eversiva (cui si addebitano ben 113 morti, di cui 50 vittime delle stragi e 351 feriti), la protezione dei servizi segreti verso i movimenti eversivi appare sempre più plateale” (Tribunale di Savona, ufficio del giudice per le indagini preliminari, Decreto di archiviazione procedimento penale 2276/90).

Da poco la procura generale di Bologna ha attivato una rogatoria internazionale in Svizzera. Intende indagare sui conti di Licio Gelli, il capo della loggia massonica P2, che quando venne interrogato sulla strage di Bologna la definì “un incidente”. Gli inquirenti italiani tornano così a scavare su una delle pagine oscure della storia italiana del Novecento. Sono trascorsi 38 anni dalla strage del 2 agosto 1980: 85 morti e più di 200 feriti. La pista che si sta percorrendo fa tappa a Ginevra, dove secondo le ipotesi dei magistrati sarebbero transitati i fondi utilizzati per finanziare la strage.

La procura generale di Bologna ha avviato una rogatoria internazionale per indagare in particolare su un conto corrente riconducibile a Licio Gelli, il "venerabile maestro" della loggia P2, morto nel 2015 e condannato in via definitiva per depistaggio nel processo sulla strage, ma con conti correnti ancora depositati in banche svizzere.

La rogatoria sembra sia stata avviata sulla base di elementi che sono ancora coperti da segreto. Non si esclude che all’esame della procura bolognese ci sia anche il famoso "doc. 27", conosciuto come "documento Bologna", perché la dicitura è riportata nell’intestazione: c’è il nome della città seguito dal numero di conto corrente di una banca svizzera (BOLOGNA - 525779 - X.S.). E, poi, anche una serie di cifre affiancate da diciture, come "Dif. Mi" e "Difes. Roma".

Il foglietto, sequestrato dalle autorità elvetiche quando venne arrestato Gelli a Ginevra nel settembre 1982, pare contenga rivelazioni importanti sui presunti pagamenti (15 milioni di dollari in totale) effettuati in favore degli esecutori della strage. L’appunto rimase nelle mani della giustizia elvetica fino al 1986, ma per una serie di circostanze ancora oscure non finì nelle carte del processo di Bologna. Fu ritrovato, infatti, nel 2015 in un fascicolo sul crack finanziario del Banco Ambrosiano, grazie alla richiesta dell’Associazione dei familiari delle vittime.

Nel 2017 la procura generale di Bologna ha avocato la nuova inchiesta sulla strage, precedentemente archiviata. Obiettivo dei magistrati è soprattutto quello di individuare l’importante tassello che ancora manca nel puzzle, ovvero i mandanti. Non è cosa da poco. Al momento, infatti, la giustizia italiana ha condannato soltanto gli esecutori materiali della strage: l’ex esponente dei Nuclei armati rivoluzionari neofascisti Valerio Fioravanti, la sua convivente Francesca Mambro e Luigi Ciavardini.

24/02/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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