C’è differenza…

Pensieri sul libro di Graziella Priulla per l’educazione di genere, maschile e femminile, per l’educazione alle differenze, che, di fatto, non è ancora una consuetudine nelle scuole.


C’è differenza… Credits: copertina del libro

L’uguaglianza tra i sessi è la partita del nuovo umanesimo: non è il principio d’una guerra tra uomini e donne, ma il seme d’un neo-rinascimento, di un nuovo e più solido contratto sociale.

E’ possibile uscire dalla rigidità imposta dal pensiero binario. L’impatto dei processi di cambiamento sociale potrebbe essere un arricchimento, l’occasione di ricongiungersi con dimensioni dell’identità a lungo soffocate.” Conclusioni, Graziella Priulla [1].

Penso che l’uguaglianza sociale non potrà essere neppure un’utopia se non ha questi obiettivi come assi portanti. Se guardiamo ai diversi aspetti della nostra società, notiamo come l’oggettivazione della donna, della sua persona e del suo corpo, quasi sempre è diventata auto-oggettivazione, in quanto lo sguardo maschile è stato introiettato dalle donne, tanto è pervasiva la cultura del modello unico maschile che passa attraverso i vari canali comunicativi e culturali. È una forma di schiavismo.

Abbiamo assistito ultimamente alle critiche rivolte alla neo-eletta sindaca del comune di Roma, formulate con un linguaggio e una modalità che era, ed è, intrisa di ogni peggior stereotipo riguardo la presenza femminile nelle istituzioni.

Non per niente l’Italia è al 54° posto su un totale di 188 Paesi per la presenza femminile nei Parlamenti nazionali (graduatoria stilata nel rapporto 2010 dell’ Inter-Parliamentary Union). Prima di noi ci sono l’Uzbekistan, l’Eritrea, la Mauritania. In Europa peggio dell’Italia ci sono solo la Repubblica Ceca e Malta.

Nel testo della Priulla, possiamo scorrere la storia della lunga strada delle conquiste, quella strada che le donne hanno percorso per giungere fino ad oggi, un’epoca in cui vige ancora una condizione diseguale, ma che è il risultato di una vera e propria rivoluzione, come afferma lo storico Hobsbawm quando considera quella femminista l’unica rivoluzione del XX secolo.

La Conferenza mondiale delle donne di Pechino del 1995 ha sancito ufficialmente che la violenza di genere costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali, è stato un passaggio importante.

La parità tra le donne e gli uomini rappresenta uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario.

Gli obiettivi dell’Unione Europea in materia hanno lo scopo di assicurare le pari opportunità e l’uguaglianza di trattamento tra donne e uomini, nonché di lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso.

Forse non è stato reso abbastanza noto che l’UE ha ammonito l’Italia per le condizioni di diseguaglianza e di ingiustizia che ancora il genere femminile subisce nei vari ambiti della sua vita.

Nonostante ciò, tutta la polemica sul Gender, sulla paura che questo discorso entrasse nelle scuole non ha dato luogo ad un chiarimento autentico, sembra che ognuno sia rimasto sulle sue posizioni e non si sia data la possibilità di conoscere davvero cosa significhi educare alle differenzedi genere.

Ma la vita, con la sua energia e la sua creatività, è fatta di maschile e femminile, e riconoscere le differenze non può che far bene allo sviluppo sociale e al progresso culturale.L’allenamento al confronto e al dialogo non sono abbastanza presenti nella nostra attuale società monotematica ma schizofrenica.

Il nuovo femminismo, quello della liberazione, o della differenza, si ribella a una logica che vede le donne competere su modelli, valori e obiettivi creati dagli uomini.

Il vicolo più cieco del femminismo è spingere le donne a decondizionarsi dalla loro identità femminile per raggiungere un universale unico da condividere in un mondo al maschile o al neutro… Il femminile non pretende di sostituirsi al maschile; consapevole della propria parzialità, non vuole porsi come soggetto unico”.

L. Irigaray, La democrazia comincia a due.

Il tema del patriarcato

Sembra che l’uomo abbia voluto, direttamente o indirettamente, dare il proprio genere all’universo, così come ha voluto dare il proprio nome ai suoi figli, a sua moglie, ai suoi beni”.

Luce Irigaray, Io, tu, noi.

In antropologia, il patriarcato è definito come un sistema sociale nel quale il potere, l’autorità e i beni materiali sono concentrati nelle mani dell’uomo più anziano dei vari gruppi di discendenza, e la loro trasmissione avviene per via maschile, generalmente a vantaggio del primogenito maschio.

Nella storia si snocciola il lungo ‘rosario’ di ingiustizie che in nome del patriarcato le donne hanno dovuto subire. La misoginia è laica e religiosa, il pregiudizio nei confronti delle donne le ha rese delle escluse sia nel campo della spiritualità religiosa sia in quello sociale e politico.

Durante l’Illuminismo non era ancora stata raggiunta la pari dignità e la Dichiarazione dei diritti della Donna e della Cittadina è stata scritta da Olympe De Gouge, che voleva colmare il vuoto che era stata lasciato dalla precedente Dichiarazione, la quale prendeva in considerazione solo gli uomini. Olympe era una nobile colta che è stata ghigliottinata per il suo coraggio.

Ma ci sono stati uomini molto sensibili e già nel 1869 il pensatore liberale inglese John Stuart Mill, anche su suggerimento della moglie Harriet Taylor, aveva osservato ne L’asservimento delle donne che la femminilità è cosa “artificiale”, utile a mantenere le donne in uno stato di soggezione.

(…) L’idea che tale servitù sia necessaria e naturale è stata inculcata nelle menti delle donne fin dall’infanzia.

Nonostante ci sembri che si debba sempre ricominciare da capo, bisogna rilevare che le esperienze passate hanno lasciato le loro tracce. Reti di donne e luoghi di aggregazione esistono e producono pensiero e azioni, soprattutto al di fuori dei canali ufficiali, ma non solo.

Molte si mobilitano e si confrontano, tenendo al centro il bene comune, ma di tutto questo, se non ci fosse la rete, le cittadine e i cittadini italiani non saprebbero quasi nulla.

Il 1995 è l’anno in cui  sulla scia della Conferenza Mondiale sulle donne di Pechino nasce anche  il Ministero per le Pari Opportunità, cui ha fatto seguito il Dipartimento per le pari opportunità. È stato uno strumento utile quando le commissioni si sono formate anche all’interno di regioni e comuni, quando hanno potuto lavorare a stretto contatto con i territori costruendo percorsi di sensibilizzazione e facendo proposte di intervento che andassero nella direzione dell’emancipazione, un tipo di discorso che metteva a tema ogni tipo di condizione di disparità di opportunità, per costruire strumenti d’intervento adeguati ed efficaci. Ma oggi questa forza propositiva e di azione si è dispersa, il Ministero delle PP OO, se c’è, sta in mano a chi di tutta questa lunga storia, non ha neppure la più lontana percezione.

Possiamo allora cominciare la storia da Atene, ai tempi dell’antica democrazia:

La legge non puniva le violenze sessuali commesse ai danni di tutte le donne, ma solo quelle commesse ai danni di alcune donne, quelle che vivevano in un oikos, sotto la protezione (e il potere) di un cittadino ateniese: la moglie, la figlia, la sorella, la madre e la concubina di stato libero. E le altre? Anche se violentate, non erano protette dalla legge; non era il consenso femminile quel che preoccupava il legislatore, ma l’onore dell’uomo sotto il cui potere si trovava la donna violentata. Se non offendeva un uomo, la violenza alle donne non era reato”. [1]

Il linguaggio

“Noi siamo le parole che usiamo, e anche quelle che ascoltiamo. Approfondire il senso delle parole è fondamentale poiché la prima operazione di impoverimento di qualsiasi pratica umana passa per una semplificazione del linguaggio e del pensiero, che si traduce spesso in un impoverimento dei fatti e delle azioni che da questi seguono. Le parole non rimangono solo parole: il nostro modo di parlare e quindi di pensare si traduce in un certo modo di fare e di agire. Il potere si può esercitare o attraverso la violenza o attraverso le parole. Nominare non è solo fare esistere, è anche ordinare, regolare; mentre ordinare significa anche dare degli ordini, regolare significa anche imporre delle regole. Regole e ordini servono a controllare. Il controllo passa attraverso la parola.

Il linguaggio è una delle forme di controllo di ciò che fa paura.”

(C’è differenza, G.P.).

Dalla scheda di presentazione:

“Questo testo vuol favorire una riflessione sugli stereotipi presenti nella comunicazione, per sviluppare nuove modalità che contribuiscano a creare nelle giovani generazioni un’identità di genere positiva e paritaria. La trattazione è divisa in quattro parti.

Le storie che raccontiamosono quelle delle progressive conquiste delle donne italiane. Icorpicui ci riferiamo sono quelli delle donne di oggi: quelle che insegnano e quelle che imparano. Per le donne il corpo non è il segno della propria unicità allo stesso modo in cui lo è per gli uomini, perché il corpo è anche il segno attraverso il quale da sempre sono pensate. Lo sguardo maschile è talmente pervasivo, che spesso le donne finiscono per introiettarlo, e guardare se stesse (e le altre) con quegli occhi.Le immagini e leparole sono quelle impiegate nel mondo, dai mass media ma non solo, per parlare degli uomini e delle donne.”

Note

[1] C’è differenza. Identità di genere e linguaggi: storie, corpi, immagini, parole di Graziella Priulla

Ed. Franco Angeli,  2013 prima edizione - 2016 2° ristampa

Graziella Priulla Insegna Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di scienze politiche e sociali dell'Università di Catania. Tra le sue pubblicazioni più recenti I caratteri elementari della comunicazione (Laterza), L'Italia dell'ignoranza (FrancoAngeli), Riprendiamoci le parole (Di Girolamo).

Sing

di Annie Lennox

Sing, my sister... sing!
Let your voice be heard
What won't kill you will make you strong
Sing, my sister... sing!
You don't need
To disrespect yourself again
Don't hide your light behind your fears
My women can be strong
You've known it all along
What you need
Is what you haven't found

(Cantate, sorelle ... cantate!
Fate sentire la vostra voce
Ciò che non vi uccide vi renderà più forti
Cantate, sorelle ... cantate!
Non avete bisogno
Di mancare di rispetto a voi stesse un’altra volta
Non nascondete la vostra luce dietro le vostre paure
Le mie donne possono essere forti
L'avete saputo da sempre
Ciò di cui avete bisogno
E’ ciò che non avete trovato.)

https://youtu.be/OJtKXArxxpI

05/11/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: copertina del libro

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L'Autore

Laura Nanni

Roma, docente di Storia e Filosofia nel liceo. Fondatrice, progetta nell’ A.P.S. Art'Incantiere. Specializzata in politica internazionale e filosofia del Novecento, è impegnata nel campo della migrazione e dell’integrazione sociale. Artista performer. Commissione PPOO a Cori‐LT; Forum delle donne del PRC; Stati Generali delle Donne.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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