Carabinieri di Piacenza: questa è la normalità

Non siamo in presenza di mele marce, piuttosto il marcio è intrinseco al sistema.


Carabinieri di Piacenza: questa è la normalità

È dei giorni scorsi la notizia della caserma dei Carabinieri di Piacenza sottoposta a sequestro con arresto e iscrizione nel registro degli indagati di militari per una lunga sequela di reati gravissimi. Il Gip che ha incarico l'indagine parla di "ufficiali disposti a chiudere un occhio per avere arresti". “Sfondo cupo e inquietante”, sono queste le parole del Giudice che punta il dito direttamente sulle connivenze e coperture che avrebbero avuto i carabinieri al centro dell'inchiesta.

Non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che esponenti delle forze dell'ordine si rendono protagonisti di violenze. Vengono a mente i “pestaggi” dei pastori sardi, dei terremotati dell’Aquila, dei manifestanti NO TAP e NO TAV e tanti altri ancora, fino alla mattanza al G8 di Genova giudicata da Amnesty la più grave sospensione dei diritti democratici in Italia dal dopoguerra ai nostri giorni. Ma non dimentichiamo le centinaia di vittime degli abusi commessi da uomini e donne in divisa, le violenze, i fermi arbitrari, quanti sono morti per le percosse subite in stato di fermo.

E allora non siamo in presenza di mele marce, di eccezioni ma di una normalità diffusa. Già negli anni settanta ci fu chi scrisse di una società in profonda crisi destinata a rafforzare i meccanismi repressivi e di controllo per reprimere il dissenso e l'opposizione sociale, il cosiddetto monopolio legale del ricorso alla sistematica violenza di stato.

In rapporto alla popolazione attiva il numero delle forze dell'ordine è andato crescendo in tutti i paesi a capitalismo avanzato senza dimenticare le guardie giurate alle quali ricorrono numerose aziende e amministrazioni comunali con compiti che vanno al di là del controllo dei beni e degli edifici pubblici.

E alcuni fenomeni diffusi sono ricorrenti, pur cambiando le forme ma non la sostanza, in tutti i paesi a capitalismo maturo avanza ormai la costituzione di uno stato penale e di una visione sempre più classista dell'idea di giustizia. L'ossessione securitaria si è impossessata delle mente e dei corpi molti anni fa, l'Italia è il paese nel quale le legislazioni emergenziali diventano normali e da eccezionali finiscono con l'essere ordinaria amministrazione della " giustizia".

Quando ufficiali e graduati sono disposti a chiudere un occhio davanti ai risultati si finisce con l'interiorizzare un’idea aberrante: conta il numero degli arresti a costo di sospendere i diritti democratici più elementari, tutto diventa lecito per vendere un’immagine dello Stato efficiente e attivo nella lotta contro la criminalità (vera o presunta che sia).

Ma poi, se per raggiungere questi risultati (il numero degli arresti, dei sequestri, dei denunciati utile per le statistiche ufficiali e decisivo per la carriera) viene meno lo stato di diritto, che cosa resta della stessa giustizia borghese?

Negli ultimi anni, con i ministri Minniti e Salvini, si è affermata la lotta contro il cosiddetto degrado urbano che ha impiegato la stessa polizia locale nell'ordine pubblico, nella difesa dei centri storici senza mai intervenire sui processi urbanistici ed economici per rimuovere panchine e fontanelle e cacciare un esercito di diseredati verso le periferie, lontane dal cuore commerciale e turistico dei centri abitati.

E così, invece di impiegare la polizia locale contro l'abusivismo edilizio e il lavoro nero, per la circolazione del traffico e la lotta contro i prezzi gonfiati dagli esercizi commerciali si opta per l'impiego dei cani antidroga o si costituiscono nuclei speciali da impiegare nella caccia ai venditori abusivi immigrati come se questi rappresentassero l'espressione del degrado degli spazi urbani.

Siamo quindi in presenza di scenari preoccupanti, di una vera e propria involuzione democratica con lo stato autoritario e repressivo che guadagna sempre più spazi. I carabinieri di Piacenza non sono andati oltre il loro mandato, hanno commesso reati gravissimi in virtù di una visione della giustizia ad uso e consumo degli scenari securitari sospendendo le libertà democratiche e trasformando le caserme in aree dove i diritti democratici sono letteralmente sospesi.

Di questo bisogna iniziare a parlare perché non siamo in presenza di mele marce, piuttosto il marcio è intrinseco al sistema.

25/07/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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