Fiom e sinistra, un prezzo troppo alto per una fredda unità

Nei giorni scorsi si è concluso il passaggio referendario della proposta di piattaforma contrattuale approvata dalla Fiom nell’assemblea nazionale della fine di ottobre.


Fiom e sinistra, un prezzo troppo alto per una fredda unità Credits: foto di Attilio Cristini

Nei giorni scorsi si è concluso il passaggio referendario della proposta di piattaforma contrattuale approvata dalla Fiom nell’assemblea nazionale della fine di ottobre. L’esito, a dire il vero scontato, è stato una netta maggioranza a favore della piattaforma. Il 93% dei votanti ha detto Sì alla proposta contrattuale che la Fiom ha già avanzato al tavolo delle trattative con Federmeccanica. Intanto, occorre dare un’occhiata ai numeri a conclusione del voto che ha interessato 4.074 aziende.

di Carmine Tomeo

La consultazione non era riservata ai soli iscritti Fiom, ma aperta a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori. I lavoratori interessati, quindi, sono stati 530.072 ed hanno partecipato al voto in poco più di 240.000. Il confronto con il voto per il rinnovo delle Rsu fa pensare che, nonostante l’apertura al voto anche dei non tesserati, la Fiom non sia riuscita a coinvolgere nella consultazione lavoratori non aderenti o che non fossero già vicini all’organizzazione. Il numero dei votanti, infatti, non si discosta granché dai voti ottenuti dai metalmeccanici della Cgil per l’elezione delle Rsu, che è stato poco più di 237.000, su 382.000 votanti. Siamo, ovviamente, nel campo delle ipotesi; ma certo il confronto dei numeri lascia intendere questo. In ogni caso, ad una prima valutazione sembra si possa dire che il referendum sulla piattaforma sia stato più che altro un fatto interno alla Fiom, che ha assunto la forma del plebiscito. Difficilmente poteva andare diversamente.

Come è stato sottolineato da lavoratori e Rsu Fiom di alcune fabbriche coinvolte nel referendum, i lavoratori sono stati chiamati per lo più a ratificare una piattaforma che non li ha coinvolti nella stesura. Il motto “Il contratto è tuo. Costruiamolo insieme”, non ha avuto un riscontro reale di elaborazione a partire dalle fabbriche. «Se è di democrazia che stiamo parlando, allora la piattaforma avrebbe dovuto cominciare nelle fabbriche, per poi passare ai piani alti e ritornare nelle fabbriche», afferma ad esempio Lorenzo Mortara, Rsu e delegato Fiom in Piemonte. Viene inoltre sottolineato il ritardo e la fretta con la quale sono stati coinvolti i lavoratori. L’impressione, scrivono in un comunicato i delegati Fiom Piaggio aderenti a “il sindacato è un'altra cosa”, è che la direzione Fiom abbia voluto «chiudere in fretta il confronto con i lavoratori sulla Piattaforma, far conoscere il meno possibile i suoi contenuti, tanto meno discuterli, fino al punto di dare inizio alla trattativa sul Contratto Nazionale senza nemmeno aspettare la conclusione dei Referendum». L’affermazione fa riferimento al fatto che mentre i lavoratori erano ancora chiamati al voto, il confronto tra sindacati e Federmeccanica era già iniziato il 5 novembre. In quella data, la Fiom ha presentato con riserva la piattaforma varata dall'Assemblea nazionale lo scorso 23 e 24 ottobre.

In questa fase, la Fiom mostra i sintomi “dell’unionismo” di cui soffre la sinistra politica italiana.

La piattaforma approvata a Cervia gli scorsi 23 e 24 ottobre, è evidentemente declinata più alla ricerca dell’unità sindacale che non alla costruzione di un conflitto sociale. Sottolineature come quella sul Testo unico sulla rappresentanza ne sono una testimonianza. Già all’apertura della trattativa, la Fiom, seppure era in attesa dell’esito scontato del referendum, ha tenuto a confermare ai suoi interlocutori «la necessità, per uscire dalla logica dagli accordi separati, di partire dalla certificazione della rappresentanza e dalla pratica del voto referendario delle lavoratrici e dei lavoratori per la validazione degli accordi, come del resto previsto dall’accordo interconfederale del 10 gennaio 2014». E questo, come riportato nella piattaforma, «per affermare» la validità ed esigibilità dei contratti. La sostanza è che in nome dell’unità sindacale sulla contrattazione, cioè dell’unità con Fim e Uilm, si sta sacrificando l’esercizio del diritto di sciopero nella sua forma più completa e conflittuale e la centralità sostanziale del contratto nazionale; oltre ad aprire alla possibilità di un’organizzazione del lavoro basata su oltre 18 turni ed alla sanità integrativa.

Sembra di assistere ad un percorso parallelo a quello della sinistra politica. Anche in questo caso, l’unità dei soggetti politici è prioritaria rispetto al coinvolgimento della base per la costruzione di percorsi politici di lotta. E intanto, ad esempio, il Prc chiama i suoi iscritti ad una consultazione su un soggetto unitario della sinistra, con metodi discutibili ma dall’esito meno scontato rispetto a quanto avvenuto sulla piattaforma Fiom. Il risultato, in entrambi i casi, quello sindacale e quello politico, è una certa freddezza con la quale i lavoratori rispondono alle ipotesi di percorso unitario. La deludente partecipazione alla manifestazione Unions (della quale abbiamo già scritto su questo giornale), così come il distacco con il quale la base di sinistra sta seguendo il suo percorso unitario, in un certo senso dimostrano la distanza che esiste tra le esigenze di lavoratori e pensionati, giovani e meno giovani, uomini e donne e la proposte politiciste e di vertice che vengono avanzate. Quello che entrambi i percorsi non riescono a produrre, è l’unità dei soggetti sociali reali che subiscono la crisi.

Rimane, soprattutto, in comune tra i due percorsi un punto essenziale: l’assenza di una prospettiva (rivendicativa nel caso sindacale, programmatica sul lato politico) di classe. In entrambi i casi, all'unità dei soggetti sindacali o politici quasi si fa seguire un automatico consenso ed una inevitabile maggiore capacità di risoluzione di alcune questioni sociali contingenti. L'unità è assunta quasi come avente un valore di per sé, tant'è che viene perseguita quasi a prescindere da contenuti che abbiano valore programmatico. Ma la rinuncia a quel tipo di contenuto, in un periodo di profonde trasformazioni come quello attuale, è un prezzo alto da pagare.

Sarebbe molto più utile una visione che non si fermi alle apparenti necessità di unità a freddo. Sarebbero necessari un progetto ed un programma di classe in grado di produrre un coinvolgimento di massa per contrastare politiche neoliberiste che, in una lotta di classe finora condotta solo dall’alto, stanno allargando e generalizzando le condizioni precarietà, ricatto e povertà.

11/12/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: foto di Attilio Cristini

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Carmine Tomeo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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