La militarizzazione del territorio pisano livornese e le scelte energetiche di guerra

A pochi giorni dalla partecipata e colorata manifestazione a Coltano (circa 10 mila partecipanti) indetta dal comitato NO Base e dalla popolazione del Borgo abbiamo rivolto alcune domande al Comitato No Camp Darby sulla militarizzazione del territorio.


La militarizzazione del territorio pisano livornese e le scelte energetiche di guerra

Il 2 giugno, mentre altrove si svolgevano parate militari, a Coltano 10mila pacifisti sfilavano contro il progetto di realizzazione di un’enorme, ennesima base militare in un territorio già saturo di simili strutture. Una partecipazione straordinaria con decine di bus in arrivo da varie parti d’Italia. Indubbiamente, una manifestazione partecipata che lancia un monito preciso alle istituzioni locali e al governo: questa base non deve essere costruita nel Parco. E nemmeno altrove, come è stato scritto furbescamente nell’ultimo Dpcm al fine di catturare il consenso di ambientalisti e amministratori locali. La popolazione non è disposta a subire l’ennesima militarizzazione del territorio pisano e livornese.

Abbiamo in proposito interpellato esponenti del Comitato No Camp Darby che ha promosso l’iniziativa.

1. Qual è il vostro giudizio?

1. La militarizzazione non nasce da ora. Anzi Coltano è il punto di arrivo di un processo iniziato vent’anni fa o quasi. Semmai dovremmo chiederci la ragione per la quale in pochi si siano opposti al potenziamento della base Usa di Camp Darby o alla inutile opera del People Mover che non riguarda la militarizzazione di certo ma senza dubbio l’utilizzo maldestro di soldi pubblici per un trenino rivelatosi un’operazione dispendiosa e sostanzialmente un doppione rispetto a una linea ferroviaria che collegava la stazione ferroviaria all’aeroporto, costruita solo pochi anni prima e poi dismessa.

Negli ultimi 20 anni sono state assunte innumerevoli decisioni contro le quali la cittadinanza non si è mossa lasciando l’opposizione solo a sparute minoranze, parliamo dei piani urbanistici, dell’abbandono dell’area di Ospedaletto, del potenziamento di Camp Darby, dell’arrivo, nel giugno di due anni or sono, del Comfose, il Comando delle Forze Speciali dell’Esercito collocatosi in una piccola area della base Usa (il 2%) restituita al governo Italiano.

Da una parte il Pentagono ha ottenuto il collegamento, via fluviale, della base al Porto di Livorno attraverso il Canale Navicelli e dall’altra parte, con opere infrastrutturali costose che hanno avuto bisogno dell’attiva collaborazione degli Enti locali e pubblici in generale, si è garantito il miglioramento del collegamento via terra. Ha restituito, è vero, una piccola porzione di Camp Darby all’Italia. Ma questa, a sua volta, è stata trasformata in una zona militare nazionale, evidentemente integrata con quella americana, contrariamente a quanto auspicato, tanti anni fa, dai Consigli comunali che avevano approvato un ordine del giorno per riconvertire l’area a fini non di guerra.

Saranno impiegati 40 milioni di euro per le necessarie opere di riqualifica e per rendere la base atta a ospitare il Comfose – questa è la spesa sostenuta dal nostro paese – a cui aggiungere i 190 milioni di euro necessari per la nuova cittadella militare che secondo l’ultimo Dpcm dovrebbe includere, almeno in parte, anche Coltano con una merce di scambio: il recupero degli edifici pubblici abbandonati nel borgo di Coltano dentro un decantato e nebuloso progetto di “rigenerazione urbana”.

Se guardiamo a quanto accaduto negli ultimi vent’anni salta ai nostri occhi la nascita di nuove basi militari, la presenza del comparto militare negli atenei, nelle scuole italiane e nell’industria, l’aumento dei militari in missione all’estero, la crescita della produzione e dell’export di armi. Sono dati incontrovertibili, da confrontare invece con la decrescita dei fondi destinati all’istruzione, alla sanità e al sociale.

La nuova struttura sorgerebbe vicina all’aeroporto militare di Pisa e alla base Usa. Siamo di fronte a un grande Hub dal quale partono armi e uomini per le zone di guerra. Perché questa cittadella militare destinata a ospitare i Gis e a diventare una grande scuola per le polizie europee va comunque costruita secondo i disegni del governo e della Nato proprio nelle vicinanze dell’ipertrofico complesso militare che ruota attorno alla base statunitense: aeroporto, porto nucleare di Livorno, Centro Interforze (Cisam), Comfose, caserme “Folgore”, “Vannucci” e “Pisacane”, Accademia Navale Militare, Comando e Supporti tattici, per rammentare solo i più consistenti. Per questo No Camp Darby è sceso in piazza ad aprile e a marzo davanti ai due luoghi simbolici della militarizzazione: la base Usa e appunto l’aeroporto militare, peraltro contiguo a quello civile.

  1. Focalizzate l’attenzione sui processi di militarizzazione del territorio...
  2. Siamo nati per questo, sicuramente un gruppo ristretto rispetto ad altre realtà ma crediamo che in questa discussione pubblica non possano restare fuori i processi di militarizzazione del territorio che riguardano non solo Coltano e che sono avvenuti senza opposizione alcuna se non di piccoli gruppi.

Quando si tratta di contestare la Nato e il suo ruolo è assai difficile avere il sostegno di aree ambientaliste ed eco-pacifiste per le quali ormai l’alleanza atlantica è una sorta di tabù. Poi esiste un altro aspetto non proprio militare ma di grande impatto sulla nostra salute e sicurezza: i nuovi rigassificatori nei porti ma i rigassificatori non sono aree militari.

La questione va affrontata in termini corretti: da una parte il governo parla di economia green, dall’altra decide l’embargo di gas e petrolio alla Russia andando ad acquistare dagli Usa gli stessi prodotti a costi superiori del 500% (e a pagare saremo noi con il caro vita e la perdita di potere di acquisto di salari e pensioni). Qui entrano in gioco i nuovi equilibri economici e geostrategici derivanti dalla guerra in corso. Se pensate alla militarizzazione dei territori come un fatto sporadico non avete idea che queste decisioni vengano assunte in linea con la Bussola europea, il piano strategico dell’Ue per la realizzazione di un sistema di difesa, una sorta di neo Keynesismo di guerra. Allo stesso tempo i rigassificatori sono la risposta alla crisi energetica costruita a tavolino dopo le sanzioni alla Russia.

2. Potete spiegarci meglio la questione dei rigassificatori?

2. In un anno, da marzo 2021 a marzo 2022, le importazioni energetiche italiane sono aumentate del 150% ma i prezzi dell’energia sono cresciuti di oltre il 70%. Prima dell’intervento Russo in Ucraina erano numerose le prese di posizione a favore dell’acquisto di gas liquefatto americano al posto di quello russo e ora, con il blocco alle importazioni di gas e petrolio russo, i rigassificatori diventano una priorità. Senza dietrologie e complottismi possiamo asserire che alcune decisioni erano studiate a tavolino, del resto le guerre vengono preparate con grande anticipo e non solo attraverso mosse militari ma anche decisioni economiche.

La costruzione di rigassificatori sulle coste europee diventa funzionale a questa strategia economica che mira all’acquisto di gas liquefatto con processi di lavorazione che avranno un alto impatto ambientale.

Il ministro Cingolani parla di rigassificatori galleggianti e ne prevede la costruzione in alcuni porti italiani come Ravenna, Piombino e in Sardegna.

La soluzione per il governo Draghi è quella dei rigassificatori, proprio per sostituire le importazioni di gas russo.

Cingolani sa bene che a poche decine di chilometri da Piombino c’è già un rigassificatore attivo, davanti a Livorno. Due rigassificatori così vicini sono veramente pericolosi. Il mare è trasformato in area industriale; poi il Gnl, gas liquefatto, ha bisogno del calore del mare e del cloro utilizzato come antivegetativo. Il contenuto energetico di un rigassificatore è pari a oltre 50 bombe come quella di Hiroshima.

È bene sapere che i rigassificatori come quello tra Livorno e Pisa sono tenuti lontani dalle coste, e le aree limitrofe sono off limits per la navigazione e la pesca.

Il rigassificatore di Piombino e quelli di nuova costruzione sembrerebbero, almeno stando alle denunce di alcuni giornalisti, esenti dalle norme vigenti per gli altri rigassificatori. Ebbene è in gioco la nostra sicurezza se saranno collocati dentro i porti italiani

Non si dice che il gas liquido costa ai contribuenti 5 volte tanto il gas russo e la sua fornitura dipenderà dagli Usa i quali guadagnano soldi da questa guerra a discapito di noi tutti/e e delle popolazioni coinvolte.

Anche di questo dovremmo parlare ricordando che la guerra in Ucraina è alla base di tante decisioni che ricadono sulle nostre teste.

3. Ci sono novità dopo la manifestazione e in particolare proposte di modifica del piano?

3. È stato costituito il primo presidio permanente organizzato dal comitato No Base davanti al Comune di Pisa in occasione del tavolo interistituzionale voluto dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Partecipano al tavolo governo, Regione, Esercito, Provincia e Comune di Pisa e le soluzioni prospettate potrebbero essere svariate, non ultima lo spezzettamento della base in aree comunali ma a poche ore dal primo incontro del tavolo la Pro-loco di Coltano ha diramato un comunicato stampa che va verso una posizione decisamente più morbida delle altre realtà locali e di sostanziale accettazione della merce di scambio tra la costruzione della base e qualche fondo per il recupero degli edifici storici di Coltano.

Tra le proposte avanzate ve ne è una condivisa da Regione e Comune di Pisa che prevede un “frazionamento” del piano elaborato dall’Arma, favorevole all’uso delle strutture militari abbandonate o sottoutilizzate e mettendo a disposizione terreni di proprietà pubblica (Comune e Regione) nell’area industriale di Ospedaletto.

È ormai acclarato che, almeno a livello istituzionale, tutti concordino sulla costruzione di questa ennesima cittadella militare sul nostro territorio. Di tale avviso sono tanto il centro-sinistra quanto il centro-destra e anche parte dei cantieri elettorali che a breve sceglieranno il candidato a sindaco.

Temiamo che parte della popolazione, fino a oggi totalmente contraria alla base, possa cambiare idea suggestionata dalle contropartite economiche.

Perché per anni edifici pubblici possono cadere a pezzi o nel dimenticatoio senza progetti di recupero salvo poi decidere gli interventi come contropartita di qualche militarizzazione del territorio o per accettare inceneritori, rigassificatori, ecomostri, chiusura di fabbriche e delocalizzazioni. Questa è la storia, manco tanto recente, che sembra seguire un copione già noto.

E anche in questo caso gli amministratori locali tendono a dividere la popolazione suggestionandola con offerte già vagliate ai tavoli istituzionali: voi accettate la militarizzazione del territorio, noi in cambio vi diamo i soldi per rifare qualche strada dissestata o per recuperare immobili pubblici; dopo gli interventi anche il valore immobiliare delle vostre case, il valore dei terreni agricoli risulterà accresciuto.

4. Quali sono le differenze in merito fra le varie forze politiche e personalità?

4. Quasi la totalità dell’arco parlamentare è concorde sulla militarizzazione del territorio, le differenze tra centro-destra e centro-sinistra si limitano alle sensibilità ambientali o urbanistiche perché dove collocare la cittadella militare presuppone alcune scelte, e investe anche alcuni interessi privati. Basta leggersi i giornali locali per comprendere la posta in gioco. È evidente che tutte le istituzioni locali pensino a merci di scambio nel nome di una non meglio definita “rigenerazione urbana” che dovrebbe invece avvenire con investimenti reali a recupero del patrimonio pubblico e non come contropartita per le servitù militari.

Coltano e Ospedaletto hanno urgente bisogno di interventi strutturali, di bonifiche e messe in sicurezza del territorio, gli edifici del patrimonio pubblico dovrebbero essere recuperati a prescindere. Da tempo associazioni, sindacati e cittadini hanno già evidenziato le opere indispensabili per la salvaguardia del territorio. 

Ma se la militarizzazione dei territori resta dentro contropartite di rigenerazione urbana, se cadiamo in questo baratto si finisce con l’accettare le logiche della guerra e l’idea stessa che la salvaguardia del territorio sia possibile solo subendo servitù militari.

In questi giorni intellettuali scomodi, tra i quali anche Manlio Dinucci che da anni documenta e denuncia il ruolo degli Usa e le servitù militari, vengono accusati di connivenza con Putin e su alcuni giornali è apparsa la notizia (poi smentita) di un rapporto del Copasir sul loro operato. Siamo tornati, o non siamo mai usciti, ai tempi bui nei quali i servizi segreti intervenivano pesantemente nella vita democratica del paese alimentando dossier e depistando inchieste?

5. Sollevate una questione molto seria. La questione della democrazia e dell’informazione. Dobbiamo preoccuparci?

5. La logica della guerra alimenta paure e rassegnazione ma soprattutto disinformazione. Come avvenuto negli ultimi due anni si sta verificando un’autentica contrazione degli spazi di libertà e democrazia. La caccia alle streghe sta diventando una sorta di neomaccartismo che all’occorrenza individua obiettivi da perseguire. Accade sovente nelle democrazie occidentali che si credono immuni da ogni critica di mettere sul banco degli imputati intellettuali scomodi. Tuttavia agitare lo spettro dei servizi segreti per screditare scrittori, giornalisti e attivisti sembrerebbe l’anticamera di operazioni repressive che necessitano prima di consenso dell’opinione pubblica atterrita e manipolata.

Se poi si arriva a costruire basi militari con documenti secretati e procedure semplificate in nome di presunti interessi nazionali, se notizie così importanti erano a conoscenza di tanti ma al contempo sconosciute all’opinione pubblica non pensiamo che sia in gioco la stessa democrazia e libertà di espressione?

10/06/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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