I lavoratori della PA contro i Patti di Stabilità

Una recente sentenza della Cassazione ha sancito che anche nella Pubblica amministrazione si applichi la revisione dell'art.18 della Riforma Fornero.


I lavoratori della PA contro i Patti di Stabilità

Se una recente sentenza della Cassazione ha sancito che anche nella Pubblica amministrazione si applichi la revisione dell'art 18 sancita dalla Riforma Fornero, una domanda non può che sorgere spontanea: a quando l'applicazione delle tutele crescenti?

di Federico Giusti

Per quanto ne dica la Ministra Madia, se oggi non esistono i presupposti per una estensione del Jobs act al Pubblico, ben presto prevarranno le logiche dell'uguale trattamento tra privato e pubblico e la urgenza di uniformare le normative renderà possibile un intervento legislativo che spianerà la strada alla applicazione delle tutele crescenti tout cort. Di questo avviso non siamo solo noi ma anche alcuni illustri giuslavoristi che da tempo ormai diffidano delle promesse governative e sindacali [1]. 

Alla fine del mese di Novembre si è tenuta a Pisa una assemblea autoconvocata di delegati\e del sindacalismo di base nella Pubblica amministrazione, un percorso all'insegna di unità, radicalità e conflitto. L'appello è pubblicato su vari blog tra i quali cobaspisa [2] . 

La idea  di questo percorso non nasce solo dalla caparbietà dei Cobas pisani ma da una comunanza di intenti che vede protagonisti delegati\e di numerose sigle insieme a semplici lavoratori e lavoratrici senza appartenenza sindacale.

Il percorso prevede una discussione approfondita nei luoghi di lavoro, del resto è un appello aperto e il percorso ancora in fieri.

Iniziative analoghe stanno sorgendo in varie parti d'Italia e il filo conduttore poi è sempre lo stesso, ossia la consapevolezza che nella Pubblica amministrazione c'è bisogno di un percorso di aggregazione nuovo che vada oltre le realtà di base ormai in preda ad una sorta di paralisi autoconservativa. Non si tratta di costruire un altro sindacato ma piuttosto di valorizzare le esperienze esistenti mettendole insieme per ricostruire piattaforme, rivendicazioni e un agire comune all'insegna della radicalità. I lavoratori della Pa, dopo sei anni di blocco contrattuale, hanno perso 6500 euro di acquisto, nel 2016 solo un lavoratore su 4 che andranno in pensione potrà essere assunto, restano vigenti i tetti di spesa per non parlare poi del blocco della contrattazione decentrata annunciato per il 2016. Se un rinnovo contrattuale arriverà, gli aumenti saranno irrisori pari a dieci euro al mese, una autentica miseria se pensiamo a quanti soldi sono andati perduti non solo per il blocco dei contratti ma per i mancati incrementi degli stessi fondi della produttività.

Cgil Cisl Uil nella loro piattaforma non vanno oltre generiche richieste, tacciono sulla riforma Madia che a breve produrrà i primi decreti attuativi.

Il personale della PA ha da tempo interiorizzato l'idea che nulla sia possibile fare per contrapporsi allo stravolgimento del lavoro pubblico, ai tagli poderosi al sistema sanitario che costringono quasi il 10% della popolazione a rinunciare perfino alle cure, a esami diagnostici o a percorsi riabilitativi, una rinuncia dettata dai costi insostenibili dei servizi sanitari e dalla impossibilità di usufruire dei servizi sanitari pubblici per le interminabili liste di attesa.

Un sindacato serio e coerente avrebbe capito che oggi la difesa del pubblico non può limitarsi alla richiesta di semplici aumenti salariali, aumenti che poi (come dimostra il ccnl autoferrotranvieri da poco siglato) nel migliore dei casi scambieranno sei anni di blocco con 100 euro di aumenti spalmati su piu' anni ed erogati in 2\3 trances nell'arco di un biennio.

Le rivendicazioni debbono invece partire dalla consapevolezza che solo rompendo i patti di stabilità e ostacolando i processi striscianti di privatizzazione sarà possibile rilanciare il servizio pubblico assicurando  ai suoi dipendenti aumenti capaci di restituire potere di acquisto e una dignità ormai perduta.

Ma il rinnovo dei contratti dovrebbe essere anche occasione per rimettere in discussione la legge del Rio che ha distrutto le province e favorito la dismissione di ogni intervento in materia di edilizia scolastica, manutenzione del territorio e salvaguardia dell'ambiente rinunciando a ogni forma di intervento pubblico sulle politiche del lavoro.

Una stagione conflittuale nella Pubblica amministrazione non deve  limitarsi solo a forti rivendicazioni salariali, ma non potrà esimersi dall'intervenire in difesa del servizio pubblico che poi significa istruzione e sanità pubblica, servizi al cittadino accessibili e a basso costo.

Quanto stiamo vedendo in questi mesi è la riproposizione di un sindacato che trae legittimazione solo dal sedere ai tavoli nazionali  per strappare qualche euro di aumento senza ridiscutere le politiche europee e nazionali che hanno portato a sei anni di blocco salariale e alla perdita di oltre 200 mila posti di lavoro.

La sfida che abbiamo davanti è quella di operare un salto di qualità per restituire al sindacato un agire conflittuale che sappia misurarsi anche sul terreno politico, senza subire insomma i processi decisionali che i lavoratori pubblici stanno subendo da lustri a colpi di decreti legislativi.

La frammentazione della forza lavoro è tale che un dipendente comunale non sa piu' relazionarsi con i colleghi delle ditte private che operano nei servizi un tempo a gestione diretta ed oggi esternalizzati, non si comprende che questa divisione è stata alimentata anche dagli stessi sindacati confederali che pensano di barattare il loro monopolio della rappresentanza con la sistematica accettazione delle politiche governative, dei processi di privatizzazione, di una spending review che presto si abbatterà sulle società partecipate e sulla loro forza lavoro.

La consapevolezza che la posta in gioco non sia il mero rinnovo dei contratti al ribasso ci impone un salto di qualità che dovrà partire dalla comprensione dei processi in atto per dotarci di una cassetta degli attrezzi rinnovata e adeguata ad un agire conflittuale che sappia unire le istanze dei lavoratori con la difesa dei servizi al cittadino.

Non pensiamo quindi ad un agire prettamente sindacale, del resto i comitati in difesa del diritto alla salute, i coordinamenti di lavoratori e cittadini a tutela dei beni comuni insegnano che è necessario un salto di qualità all'insegna della rottura di quei parametri europei che sono poi la causa non solo del blocco contrattuale ma dei feroci processi di ristrutturazione che stanno distruggendo diritti universali come quello alla salute e alla istruzione.

 

Note

[1] http://www.cobaspisa.it/madia-la-riforma-dellarticolo-18-non-vale-per-i-dipendenti-pubblici-ma-per-quanto-tempo-ancora/

[2] http://www.cobaspisa.it/da-pisa-nasce-un-percorso-di-aggregazione-e-di-conflitto-nella-pubblica-amministrazione/

04/12/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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