Salvare Torino: intervista ad Angelo d’Orsi

L’idea di una città senza barriere di classe, con non solo i servizi, ma anche la bellezza che arriva nelle periferie; l’opposizione a Tav e grandi opere; la lotta alla precarietà del lavoro: Angelo D’Orsi si candida a sindaco di Torino per riportare la sinistra alla guida della città e salvare Torino dal “Sistema Torino”.


Salvare Torino: intervista ad Angelo d’Orsi

D. Ti ringraziamo per averci concesso questa intervista. Qual è stato il motivo che ti ha spinto ad accettare questa impegnativa candidatura?

R. Nella cortina di silenzio che il Sistema Torino ha creato intorno a me e alla mia Coalizione, sono io che ringrazio voi per l’opportunità. Il motivo principale è stato il desiderio di mettermi alla prova in un “gioco” nuovo, diverso: ossia dopo aver insegnato la politica per diversi decenni, dopo aver studiato e scritto decine di libri, centinaia di saggi e articoli, mi si offriva la possibilità di “fare politica” entrando direttamente, personalmente nell’agone. Il desiderio di “sporcarmi le mani”, trasformandomi da osservatore ad attore politico. Ma questo desiderio è nato da un’offerta esterna, non da una mia autonoma discesa in campo: sono stato individuato da un vasto schieramento di forze di sinistra come il candidato in grado di unire quelle forze, e di tentare l’avventura. La scelta è caduta su di me in quanto uomo da sempre schierato a sinistra, autore di molte battaglie culturali, civili e direttamente anche politiche, ma da sempre indipendente, mai iscritto a un partito politico. Evidentemente godo (meglio: godevo, e spero godrò anche dopo la conclusione dell’avventura…) di una buona reputazione in città!

D. Alle ultime elezioni il Movimento 5 Stelle, con Appendino, è subentrato alla guida della città, promettendo una netta cesura con le amministrazioni Ds-Pd. Come giudichi il suo operato? È stata mantenuta questa promessa?

R. È questo il punto, precisamente. Appendino e i suoi hanno completamente rovesciato la loro posizione: si sono imposti con una campagna molto gridata contro il “Sistema Torino”, e appena insediati a Palazzo Civico si sono accomodati nel Sistema, di cui peraltro la signora Appendino, per estrazione e cultura faceva già parte. Hanno fatto la campagna contro la Tav, e hanno accettato la Tav. Hanno lanciato bordate contro il Debito, e hanno rinegoziato il debito con le banche, aumentando le tasse, e riducendo i servizi. Hanno parlato molto di periferie abbandonate, e finita la campagna elettorale, incassato il risultato, in periferia non si sono più fatti vedere. E se si facessero vedere ora li prenderebbero a pernacchie o peggio… In definitiva, tra le amministrazioni di “Centrosinistra” e quella ancora in carica dei 5S c’è una perfetta continuità, con alcuni peggioramenti legati alla bassa qualità del personale politico del movimento di Grillo (la lettura dei loro curricula è istruttiva e insieme imbarazzante).

D. Torino ha grandi tradizioni operaie e popolari: è stata il punto di riferimento più importante del gruppo de “L’Ordine Nuovo” che poi, assieme al gruppo di Bordiga, fonderà il Pci; ha dato un colpo durissimo al fascismo con gli scioperi del 1943; ha avuto grandi sindaci come Celeste Negarville e Diego Novelli che hanno fatto fronte contro l’arroganza della Fiat per sostenere le rivendicazioni operaie e per disegnare una città aperta alla socialità e alla cultura. Lo smantellamento dell’apparato industriale nel nostro paese e la sconfitta operaia del 1980 hanno stravolto il tessuto economico, sociale e culturale di questa città. Come pensi di ricostruire un blocco sociale in grado di far riconquistare l’egemonia al mondo del lavoro? Quali sono gli strati sociali che devono essere maggiormente sostenuti nell’azione del comune contro l’aggressività delle politiche liberiste? In che modo pensi di andare loro incontro?

R. Torino non è una città “qualunque”. Come dici ha tradizioni eccezionali; è stata un faro politico, un laboratorio intellettuale, un motore economico del Paese. In particolare ha un background di sinistra importantissimo, che tuttavia è stato umiliato dall’alleanza tra padronato, piccola borghesia asservita ad esso (ricordiamo la famigerata “Marcia dei Quarantamila” del 1980, momento che segnò la svolta a destra, e la successiva sconfitta dello sciopero-occupazione degli stabilimenti Fiat del 1983), e dalla complicità del partito che in passato difendeva gli interessi delle classi proletarie. Nel corso degli anni il Pd, punto terminale della deriva iniziata con Occhetto nel 1989, è stato l’asse portante del “Sistema Torino”. La Torino di Novelli è un ricordo lontano, i suoi eredi hanno fatto di tutto per stravolgere e cancellare gli orientamenti che quelle giunte gloriose avevano messo in essere. Il lavoro da fare è ora lungo e complesso, perché non è possibile semplicemente fare marcia indietro, e riportare la città al 1975. Occorre ricuperare quelle fasce di ceti medi che si sono allontanati dalla partecipazione attiva, e che disertano le urne (purtroppo c’è anche chi, a “sinistra”, in questa situazione, a Torino teorizza l’astensione!). Occorre riportarli alla politica, e fare un lavoro di smascheramento della narrazione corrente, che riprende vecchi moduli standard: ossia tutti i candidati parlano di lavoro, tutti parlano di “ripartenza”, e così via, ma non specificano in quale direzione si voglia andare, in base a quali scelte di classe, a quali visioni del futuro di Torino. Io e la mia Coalizione queste scelte le abbiamo esplicitate. E intendiamo portarle avanti. Torino, come ho già detto altrove, è stata ridotta a una sorta di città medievale, frammentata, divisa da profondi fossati: ci sono almeno due città, ma anche a ben vedere sono di più, città di classe, per così dire. La città dei ricchi, collocata nel cuore di Torino, e poi via via allontanandosi dal centro la città delle classi medie, quella operaia, quella sottoproletaria, quella dei migranti, infine quella dei campi nomadi. Sono città che difficilmente comunicano, e le distanze si sono accresciute in questo ultimo trentennio. E tra la città dei ricchi, la città Ztl, ossia dove circolano solo i mezzi che appartengono agli abitanti, è diventata una sorta di isola (non a caso si chiama “isola pedonale”!), circondata dal mare del resto della città, acque che diventano via via più torbide e fangose allontanandosi dall’isola. La stratificazione sociale si è acuita dolorosamente a Torino, in forme gerarchiche. C’è una parte cospicua della città che non viene rappresentata, che si è allontanata dalla vita civile, che non si sente parte della comunità, che ha persino rinunciato a parlare. Ecco io e la Coalizione vorremmo restituire la voce a questa parte di città, e darle i servizi che ha perduto, in parte o in tutto, e in più darle la possibilità di una vita decente, in un ambiente salubre; e per vita decente intendo anche una vita che contempli il godimento della bellezza. Restituire a chi non lo esercita, il diritto di godere della bellezza, questo è uno dei fini politici del mio mandato di Sindaco, se riuscirò a ricoprire questo ruolo. Intendiamo parlare con tutti in ogni ambiente della città, a cominciare dalle periferie abbandonate. Fare un regesto delle problematiche di ciascuna di esse. Torino è urbanisticamente una città piuttosto estesa. E le periferie che erano i luoghi industriali ora sono buchi neri, abbandonati, con carenza di servizi, senza centri di aggregazione per i giovani, di ritrovo per gli anziani, di palestre, di biblioteche, di cinema, di teatri…

D. Nel comunicato con cui annunci la tua candidatura affermi “il proposito di rendere Torino una una città giusta e funzionante”. Quali sono i punti programmatici che intendi portare avanti per questo scopo, per riqualificare le periferie degradate e impedire alla speculazione edilizia e alle grandi opere di devastare il tessuto urbanistico della città? Quale alternativa proponi per le infrastrutture e i servizi di trasporto pubblico?

R. Dalla risposta precedente credo si possa già comprendere: ridurre le disuguaglianze è il primo obiettivo, inserire nella vita della comunità chi ne è stato escluso o messo ai margini, ridare speranza a chi l’ha smarrita. Ma anche si tratta di far funzionare la città, perciò nei miei slogan c’è: “Meno Grandi Opere, più piccole opere”. Ossia invece dell’assurda, inutile, devastante Tav, dare a Torino una linea sotterranea efficiente, che copra tutta la città e raggiunga il vasto suburbio. Ridurre il traffico privato, grazie a un efficiente servizio pubblico (specie sotterraneo, ma anche con bus elettrici e tram), significa ridurre l’inquinamento urbano: Torino è la città più inquinata d’Italia e al secondo o terzo posto in Europa. Del resto l’efficienza del servizio di trasporto pubblico va a vantaggio specialmente dei ceti dei non privilegiati, che abitano le zone più periferiche della città oggi malissimo servite, e certo non possono permettersi di usare taxi!

D. Torino è anche sede di una gloriosa università che però sta risentendo degli indirizzi di governi e associazioni padronali che rifuggono una cultura dialettica per divulgare il mito della meritocrazia, del farsi imprenditori di se stessi ecc. Quale ruolo potrebbe invece svolgere questa istituzione per ridare un senso alla città?

R. L’Università di Torino ha un grande passato, ma ha subìto i colpi di un processo di trasformazione che ha investito l’intero mondo accademico e scolastico in generale. Aziendalizzazione, privatizzazione, e un’accelerazione spesso risibile, persino a volte controproducente, verso la cosiddetta “internazionalizzazione”. Nel mio Programma di governo della Città, dove un grande spazio viene dato appunto alla cultura (assai superiore a quello di tutti gli altri competitors), immagino una università (non dimentichiamo l’esistenza di un secondo Ateneo, che è il Politecnico, oggi più importante della stessa Università degli Studi, sebbene sia nato secoli dopo!) che si integri pienamente nella Città, che sappia svincolarsi da antiche logiche baronali e dalle nuove, persino peggiori, logiche di mercato, che sappia ritornare a essere un autentico “tempio del Sapere”, in grado di eccitare la volontà di sapere in tutti gli strati della popolazione. E sappia diventare un anello nella vita culturale di Torino, non un luogo separato come ora. E soprattutto sappia diventare il punto di riferimento costante (Università e Politecnico) per l’Amministrazione Comunale, per risolvere sulla base di un lavoro di studio analitico serio e costante, le innumerevoli problematiche di un organismo complesso come una grande città.

D. Cosa hai da replicare agli sfottò e allo scetticismo di coloro che non vedono possibile un ritorno delle sinistre al governo della città?

R. Il partito degli scettici, che spesso è il partito degli indifferenti, è sempre il partito più forte, almeno in termini numerici. Poi ci sono i provocatori professionali o i dileggiatori per piacere. Naturalmente sono il primo a essere consapevole delle difficoltà di questa impresa. Ma se è accaduto in passato, perché non potrebbe accadere di nuovo? La prima difficoltà – unire forze che erano da tempo disunite e spesso in polemica fra loro – è stata superata: la seconda la stiamo testando, ossia tenere unite queste forze, in una campagna elettorale che è la più lunga forse della storia italiana. In ogni caso accettando la candidatura ho condiviso, soprattutto, l’idea che il risultato elettorale è sì, fondamentale, ma non assorbe le nostre aspirazioni. L’idea è di andare avanti. Ossia di realizzare una unità stabile delle forze di sinistra. E il mio desiderio sottinteso è che altre realtà possano imitare Torino, e fare un analogo lavoro di unificazione a sinistra che dovrebbe essere il modo giusto per far risorgere un’alternativa realmente di sinistra nel Paese.

D. Desideri diffondere, tramite la nostra testata, un messaggio alle soggettività e all’associazionismo di Torino, alle donne, ai giovani, agli immigrati di nuova e vecchia generazione, ai lavoratori spesso precari, ai disoccupati?

R. Mi rivolgo soprattutto a queste fasce, aggiungendo gli anziani, specie quelli con la pensione al minimo, che magari vivono soli e hanno un animale di compagnia, che faticano a mantenere, mentre un cane o un gatto possono davvero salvare la vita a un essere umano; anziani che devono fare lunghi tragitti per raggiungere un ufficio postale e mettersi in code chilometriche, code che diventano molto più lunghe se si tratta di fare esami clinici. Mi rivolgo ai giovani emarginati delle periferie, senza lavoro, senza prospettive, che sono ormai fuori della comunità, e si sentono tali, e non votano neppure, ma sono anche possibili prede per le destre. Mi rivolgo alle donne, che sono le più penalizzate sul piano lavorativo, ma anche in famiglia, dove la pandemia con le sue restrizioni, ha fatto aumentare in modo enorme gli abusi e le violenze, a loro danno. Mi rivolgo agli studenti provati da un anno e più di “didattica a distanza”, ai quali la scuola viene impedita di dare ciò che dovrebbe e potrebbe, in una logica folle che pretende di trasformare l’apprendimento in formazione per il mercato. Mi rivolgo ai tanti lavoratori e lavoratrici precari, di ogni ruolo e mansione: leggevo sul quotidiano “La Stampa” pochi giorni fa un annuncio di lavoro, che richiede un ingegnere con esperienza, e perfetta conoscenza del tedesco, buona dell’inglese, lavoro a tempo pieno, contratto a tempo determinato, ai margini della città, per 600 euro mensili, per una durata semestrale del contratto… Questo è imbarbarimento del mercato del lavoro. Peggiore è la situazione degli immigrati, per i quali chiedo voto amministrativo, facilitazioni nell’inserimento, possibilità di lavoro non schiavile, e diritti: il mio messaggio alla città è di considerare gli immigrati una preziosa risorsa, anche se so bene che i problemi ci sono, ma si possono e si devono superare. La direzione è questa, ed è inutile opporsi. Cavalcare la tigre, non opporsi ad essa. Il futuro è multietnico. Ma si tratta di un futuro da costruire, con pazienza e impegno. Io mi sono messo in quest’ottica, accettando la candidatura a Sindaco di Torino; con temerarietà, ma credo con lungimiranza, perché la politica è innanzitutto arte di guardare lontano. Torino deve essere salvata dal “Sistema Torino”.

Ti auguriamo un buon risultato e consideraci a tua disposizione per sostenere la campagna elettorale tua e dello schieramento politico che ti appoggia.



09/07/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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