“Sì” per bloccare le trivelle e “No” alla “deforma” costituzionale. Intervista ad Alfonso Gianni

“Sì” per bloccare le trivelle e “No” alla “deforma” costituzionale e vincoli europei, quale futuro per la sinistra antiliberista?


“Sì” per bloccare le trivelle e “No” alla “deforma” costituzionale. Intervista ad Alfonso Gianni

Le responsabilità di Renzi nello scandalo per gli idrocarburi che hanno portato alle dimissioni immediate il ministro Guidi. Il referendum trivelle, ovvero sui permessi per gli impianti di estrazione di idrocarburi in mare. Le ragioni del “Sì” per il quesito referendario. La Costituzione manipolata dai Trattati europei, quali gli antidoti e come tornare alla sovranità monetaria. quale futuro per la sinistra antiliberista?

di Alba Vastano

Lo incontro alle manifestazioni per i referendum. E’ intento a informare e a spiegare, ad accalorarsi contro gli attacchi alla Costituzione, contro le politiche avverse alla democrazia messe in campo dal governo Renzi. Alfonso Gianni ha nella sua storia di politico un lungo percorso, ancora in atto, all’interno della sinistra antiliberista. Parlamentare fino al 2007. In Rifondazione per un lungo periodo, fino all’adesione a Sel che abbandonerà per aderire prima a Rivoluzione civile, assistendone al fallimento. Poi al coordinamento per l’altra Europa con Tsipras, soggetto politico in evidente declino, specie dopo il lancio di Sinistra italiana. Dirige la fondazione “Cercare ancora” presieduta da Fausto Bertinotti, con il quale scrive alcuni saggi fra cui: “Le due sinistre”, “Le idee che non muoiono”, “L’Europa delle passioni forti”.

D. Parliamo anzitutto della situazione attuale del governo Renzi dopo le dimissioni della Guidi per lo scandalo idrocarburi. Renzi ha “le mani sporche di petrolio”? Ovvero: quanto ne è direttamente responsabile, perché non poteva non sapere?

R. Non sto a disquisire se Renzi sapesse o meno del conflitto di interessi specifico della ministra Guidi nell’affaire Tempa Rossa. Le questioni sono piuttosto le seguenti. Fin dall’inizio la Guidi portava con sé conflitti di interessi in essere e potenziali, essendo non solo donna di Confindustria ma imprenditrice essa stessa. Figlia di Guidalberto Guidi, già vicepresidente di Confindustria e membro di numerosi consigli di amministrazione di importanti industrie italiane, tra cui FIAT e Ferrari, Federica Guidi ha lavorato come analista finanziaria.

Lasciata la carriera finanziaria, nel 1996 è entrata nell'azienda di famiglia, la Ducati Energia, della quale è diventata successivamente amministratore delegato. Azienda che ha rapporti con il settore pubblico. Dal 2002 al 2005, è stata presidente regionale dei Giovani imprenditori dell'Emilia-Romagna e vicepresidente degli imprenditori della regione.

Dal 2005 al 2008, ha affiancato Matteo Colaninno come vicepresidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, e al termine di questo periodo, sotto la presidenza di Emma Marcegaglia, ne è diventata presidente Tra i suoi vice vi era anche Gianluca Gemelli, poi divenuto suo compagno. Successivamente, seguendo le orme del padre, è diventata vicepresidente di Confindustria.

Da non dimenticare è che è anche membro del Gruppo della Regione Europea della famigerata Commissione Trilaterale, l’organizzazione mondiale dei poteri forti in campo economico.

Era evidente che una persona con quelle caratteristiche e quel sistema di relazioni tutto poteva fare tranne che il Ministro dello Sviluppo Economico. Ma, al contrario, è proprio per questo che Renzi l’ha voluta nominare, in modo di avere la Confindustria direttamente nel governo e eliminare ogni problema di rapporti con questa ultima. Infatti non è neppure andato alla loro Assemblea annuale. Un vero sgarbo, ma non ne aveva a quel punto più bisogno

D. Parliamo di referendum. Le ragioni del “Sì” al quesito referendario del 17 aprile. Come abbattere l’astensionismo invocato impropriamente e anche illegalmente da Renzi? Un quorum comunque difficile da raggiungere?

Il governo ha dimostrato di temere questo Referendum del 17 aprile. Altrimenti non l’avrebbe anticipato nella speranza che i tempi ridotti per la propaganda ne determinino il fallimento. Quindi ha predicato l’astensione, spalleggiato nientemeno che da Napolitano. Quando si leggerà questa intervista il voto ci sarà già stato. Alla vigilia posso solo dire che gli stessi sondaggi mostrano che il quorum non è impossibile. Nel caso non lo si raggiunga dipende da quanto sarà la distanza dal quorum. Se sarà poca vorrà dire che malgrado tutto questo ai cittadini un messaggio è giunto: trivellare il mare vicino alle coste (entro le 12 miglia) per un periodo infinito è uno sfregio all’ambiente e alla logica economica. Il nostro paese deve puntare tutto sulle energie rinnovabili, che peraltro creano molti più posti di lavoro. Non solo ma gli esiti di questo referendum del 17 aprile potrebbero rafforzare la raccolta firme sui referendum contro l’Italicum, contro la deforma costituzionale, contro gli inceneritori, contro le trivelle non solo in mare, contro la cattiva scuola di Renzi e contro il Jobs Act. L’insieme di questi quesiti costituiscono la campagna referendaria di raccolta firme nella quale siamo impegnati da qui a luglio

D. Il referendum costituzionale di Ottobre contro la riforma Boschi. Un vero attacco alla Costituzione italiana. Quarantuno articoli su 139 verranno fatti sparire in un’unica legge. Verranno modificati anche gli strumenti di democrazia diretta. Sparirà il Cnel. Riflettendo sul bicameralismo, cuore della riforma, che vedrà il Senato parzialmente e in buona parte decurtato del potere legislativo, cosa avverrà nell’iter legis. Tutto il potere alla sola Camera dei deputati?

R. No, tutto il potere al governo, casomai. Il Senato non sparisce. Viene ridimensionato e ridotto a camera non elettiva. Il potere legislativo viene spostato sul governo. Il rapporto fra governo e enti locali è a favore del primo. La “deforma” Costituzionale va vista in relazione all’Italicum. Con questa legge, contro cui raccogliamo firme per un referendum abrogativo da tenersi nel 2017, i deputati, con il gioco dei capilista bloccati e plurimi, verranno nominati, più che eletti. Inoltre il premio elettorale nel ballottaggio potrà andare anche a una minoranza molto bassa del corpo elettorale, trasformata magicamente in maggioranza dal premio elettorale. La legge “truffa” del 1953 è stata superata in negativo. Almeno allora si prevedeva che il premio toccasse a chi effettivamente aveva già conquistato sul campo la maggioranza dei voti. Quindi bisogna dire No alla deforma costituzionale Sì all’abrogazione dell’Italicum, leggi fatte da un Parlamento delegittimato dalla sentenza della Corte Costituzionale contro il Porcellum.

D. La Costituzione italiana è stata anche manipolata dai Trattati europei con l’introduzione del nuovo articolo 81 che prevede l’obbligo del pareggio di bilancio. Fra Europa e governo Renzi, quali gli antidoti, per riaffermare l’impianto costituzionale originario?

R. Bisognerebbe riportare l’articolo 81 nella sua versione originaria, ovvero togliere dalla Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio. Che è una assurdità, come si vede anche dalle difficoltà che il nostro stesso governo si trova nell’applicarlo. Ma questo è un pilastro del neoliberismo e quindi qui lo scontro è duro e di fondo, proprio perché investe il tema del ruolo pubblico nell’economia e della quantità e della qualità della spesa sociale. Infatti la scuola neoliberista ritiene che lo stato sociale vada smantellato per fare spazio alla privatizzazione e alla grande finanza. Quindi si è inventata che non è possibile tollerare il deficit di bilancio. Al contrario quest’ultimo è necessario, purché i soldi pubblici vengano spesi bene, per investimenti in settori innovativi e con buon ritorno occupazionale e per soddisfare le esigenze di previdenza, di istruzione e di salute dei cittadini. Naturalmente bisogna anche evitare che gli interessi sul debito pubblico siano troppo elevati. Con queste condizioni il deficit di bilancio è cosa addirittura positiva, perché indica che si sta investendo sul futuro e su un nuovo modello sociale ed economico.

D. L’Italia e l’euro. Un ritorno alla sovranità monetaria nazionale potrebbe far uscire, sia pur in tempi lunghi, l’Italia dalla crisi, ormai stagnante?

R. No, ritengo che il ritorno alla sovranità monetaria non ci aiuterebbe. L’uscita dell’Italia dall’Euro, come sarebbe stato per la Grecia, peggiorerebbe nell’immediato le condizioni dei lavoratori in assenza di una protezione automatica per legge delle retribuzioni dall’inflazione che subirebbe un balzo in avanti. Bisogna dunque unire le forze di diversi paesi per imporre una modifica dei trattatiper avere un’Europa che non sia succube delle politiche economiche della Germania e nella quale il compito della Bce non sia solo quello della lotta all’inflazione, ma della lotta alla disoccupazione. Come del resto è per la Federal Reserve americana. Del resto molti soloni del neoliberismo stanno riconoscendo che troppa austerità ha portato alla deflazione e alla recessione. Persino la Lagarde del Fondo Monetario lo dice. Ma finchè non prende forza un’alternativa in positivo, queste politiche sbagliate, ma legate agli interessi dominanti, continueranno a riprodursi.

D. Parliamo della sinistra sparita. Vede possibile l’affermarsi di un forte movimento di opposizione al Pd che possa mettere in crisi un governo illegale costituzionalmente, com’è quello di Renzi? Secondo lei il nuovo soggetto “Sinistra italiana” facilita una riunificazione oppure c’è il rischio di un’ulteriore frammentazione della sinistra?

R. Sinistra Italiana può essere solo parte di un processo costituente più largo e complesso. Non lo può sostituire. L’Altra Europa con Tsipras si muove proprio in questa direzione. Riunificare le forze alla sinistra del Pd, ma soprattutto dare consistenza a quella sinistra diffusa che esiste nel paese e nei movimenti, ma che non si riconosce nella frammentazione dei micropartiti. Direi che referendum e elezioni amministrative possono dare un contributo, anche se indiretto, a un processo costituente di un nuovo soggetto della sinistra. Le esperienze europee non mancano, dalla Spagna, alla Grecia, alla Francia. Noi in Italia siamo ancora molto indietro. Dobbiamo fare un balzo in avanti, tenendo conto delle nostre specifiche condizioni

D. Quali risultati prevede sulle imminenti elezioni amministrative sul territorio nazionale (Torino, Napoli, Milano, Bologna...) per le diverse liste che si presentano a sinistra del Pd. E in particolare a Roma quali i risvolti più probabili? Forse un posto al sole per i pentastellati?

R. Non sono un sondaggista né tantomeno un mago. Quindi non azzardo previsioni. Spero solo che il lavoro svolto in questi mesi, permetta la costruzione e buoni risultati elettorali per una sinistra di alternativa nelle principali città. Che ce ne sia bisogno mi pare evidente. Il livello di degrado della vita urbana e la corruzione profonda delle elites che governano le città lo richiedono con urgenza. Si tratta inoltre di dare vita a liste che non si sciolgano il giorno dopo le elezioni, ma continuino la loro presenza e la loro attività nei consigli comunali, in relazione con i movimenti sociali e culturali che si sono in questi anni moltiplicati nelle metropoli, ma che spesso non trovano voci politiche in grado di interpretare le loro esigenze e portare avanti le loro proposte. Anche qui da città come Barcellona e Madrid, per fare solo qualche esempio, ci giungono insegnamenti importanti su cui riflettere in modo serio.

D. Lei è il direttore della “Fondazione Cercare ancora”, il cui presidente è Fausto Bertinotti. Può descriverne il punto di partenza e, soprattutto, le finalità?

R. La Fondazione non ha finalità politiche dirette. Si propone come un centro studi sulla realtà economica e sociale non solo del nostro paese. Abbiamo condotto studi per imprese a carattere pubblico sulle energie rinnovabili nel Mezzogiorno, e sul modello tedesco di presenza dei rappresentanti dei lavoratori nelle imprese tedesche. Gli esiti di questi studi hanno dato vita a corposi materiali che sono consultabili sul nostro siti. Purtroppo la ricerca in Italia è la cenerentola. Anche le aziende pubbliche non la fanno e quindi la vita della Fondazione rimane precaria.

D. La sua posizione attuale nei confronti di Fausto Bertinotti?

R. Con Fausto Bertinotti ho condotto anni cruciali della mia esperienza di vita politica. Prima nella Cgil, poi in Rifondazione Comunista. Sono stato per anni il responsabile dell’ufficio di segreteria di Bertinotti, quando era segretario nazionale di Rifondazione Comunista. Ora lavoriamo assieme nella Fondazione di cui ho parlato prima e facciamo una rivista bimestrale “Alternative per il Socialismo”, di cui a giorni esce il suo quarantesimo numero, che affronta temi politici e sociali, nonché culturali, con uno spettro molto ampio di tematiche e di collaborazioni, sia nazionali che internazionali. La rivista viene diffusa nelle librerie e per abbonamento ed ha un proprio sito rintracciabile digitando il titolo della rivista medesima.

15/04/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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