L’inclusione scolastica, dalla legge 517/77 alla “Buona scuola” di Renzi (e Faraone) - Parte I

La legge 107 varata a luglio ha dato una delega in bianco al governo in merito all’inclusione scolastica degli alunni con bisogni educativi speciali.


L’inclusione scolastica, dalla legge 517/77 alla “Buona scuola” di Renzi (e Faraone) - Parte I Credits: Foto: Flickr-CC/Funca88

Il nostro modello pedagogico basato sull’inclusione, definito attraverso la legge 517/77 e la successiva 104/92 è giudicato in tutto il mondo come il più avanzato, nonostante i pesanti tagli alla scuola e al sostegno avvenuti negli ultimi anni. La legge 107 varata a luglio, meglio conosciuta come “Buona scuola”, ha dato una delega in bianco al governo in merito all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali.

di Roberto Villani

UN SISTEMA ALL’AVANGUARDIA

Nel 1977, con la legge 517, che riprendeva, definiva ed ampliava un DPR del '75, nasceva nel nostro paese un modello pedagogico-educativo avanzatissimo, basato sull’integrazione scolastica delle persone disabili. Un modello che portava finalmente al superamento del sistema delle tristi e ghettizzanti scuole speciali. Dopo aver trasformato la scuola in senso democratico coi decreti delegati (1973-74), con questo passaggio legislativo veniva realizzato un passo importantissimo verso quell’appianamento delle diseguaglianze definito negli articoli 3 e 34 della nostra Costituzione repubblicana ed antifascista. Nonostante i tagli anche pesanti subiti dalla scuola negli ultimi anni, ancora oggi esperti di tutto il mondo, studiano il nostro sistema integrato scuola – sanità, successivamente definito ed ampliato con la Legge 104/92, che rappresenta una vera e propria eccellenza per il nostro paese. Il sostegno alle persone con disabilità effettuato nella scuola pubblica “di tutti e per tutti”, che si sostanzia attraverso i docenti abilitati nell’insegnamento delle discipline e poi specializzati per favorire l’inclusione, costituisce un vero e proprio punto di riferimento mondiale della pedagogia speciale. E’ attraverso questo sistema pedagogico-educativo d’eccellenza che nelle scuole italiane si può lavorare all’ideale costruzione della società del futuro, una società basata sull’accoglienza e sulla convivenza delle diversità, vissute come valore aggiunto e come utile esperienza di crescita per tutti.

PRIMI ATTACCHI A QUESTO MODELLO

Se da un lato il modello integrativo italiano suscita interesse ed ammirazione, dall’altro molti sono stati gli attacchi interni ed esterni, tesi a metterne in discussione i fondamenti. Da una parte tali attacchi sono giunti dall’estero, dove l’integrazione scolastica non c’è ed esiste ancora il sistema delle scuole o delle classi speciali, certamente ghettizzanti ma probabilmente più “economiche”. Altri attacchi sono giunti invece dall’interno, ed in particolare da ambienti della destra liberista, dove si è sempre più attenti alle esigenze di bilancio che non a quelle della qualità della scuola (specie se pubblica e statale). Tra dichiarazioni ambigue ed ammiccamenti alle scuole speciali, un attacco importante e quanto mai esplicito è giunto nel 2011, con la proposta di Fondazione Agnelli, Caritas e Treelle di eliminazione della figura dell’insegnante di sostegno, grossolanamente considerata un “inaccettabile spreco di risorse e competenze”.

TAGLIO DELLE RISORSE ED ALTRI PROBLEMI

Certamente questi attacchi al modello integrativo definito dalla 517/77 e dalla 104/92 hanno avuto vita più facile dopo i pesanti tagli alla scuola avvenuti negli ultimi anni. E’ chiaro infatti come dopo la riforma Gelmini (133/2008) e dopo altri provvedimenti legislativi (es. legge 244/2007) tesi a tagliare le risorse della scuola riducendo pesantemente l’organico dei docenti curricolari e di sostegno, ci siano state pesanti ricadute proprio sui processi di inclusione, ed in sostanza sull’educazione-formazione degli alunni più deboli ed in difficoltà. Nell’epoca dell’austerità, con i tagli alla spesa pubblica causati dai patti di stabilità (fiscal compact e pareggio bilancio in Costituzione 2012, spending review 2014), riuscire a rendere reale il modello di una scuola in grado di includere e valorizzare ogni diversità è diventata un impresa quasi impossibile. Ogni scelta relativa all’inclusione scolastica è infatti oggi pesantemente toccata dalle esigenze di bilancio:

  • Il rapporto tra insegnanti specializzati ed alunni certificati, che non può superare quello medio di un insegnante per due alunni disabili e che determina una carenza dell’organico di sostegno nelle scuole (con le famiglie che sempre più spesso devono rivolgersi alle aule dei tribunali per veder riconosciuti i propri diritti).
  • La “stretta” sui criteri per attribuire le certificazioni, con una medicalizzazione progressiva del sostegno (attribuito oggi solo a chi possiede la certificazione 104, art.3 comma 3 e comma 1).
  • Le aule sovraffollate, la mancanza di compresenze nella scuola primaria, il taglio del tempo pieno (tutte conseguenze della riforma Gelmini), condizioni che peggiorano sostanzialmente la qualità dell’inclusione;
  • Il mancato rispetto dell’art.5 comma 2 DPR 81/09 che fissa a 20 il numero di alunni per classe in presenza di alunni disabili, con un tetto massimo di certificazioni in ogni classe.
  • L’assenza, nella cosiddetta “scuola dell’autonomia”, di risorse economiche adeguate e di ausili didattici speciali, ma anche di mediatori culturali e di specialisti nell’alfabetizzazione degli alunni stranieri;
  • I tagli alla sanità, ai servizi pubblici ed al welfare in generale, ed in particolare il taglio delle risorse alle ASL che determina una carenza nel supporto di neuropsichiatri e psicologi nelle scuole e nei territori.

Oltre ovviamente alla percentuale ancora alta di precarietà nella scuola (con pesanti conseguenze sulla continuità educativa), nonostante le nuove assunzioni e la sentenza della corte europea sulla precarietà…

Si può costruire un integrazione scolastica di qualità in queste condizioni?

UN GRANDE ATTACCO AL SOSTEGNO – LA NASCITA DEI BES

Negli ultimi 10 anni, nella scuola italiana c’è stato un aumento progressivo degli alunni certificati per il sostegno, da 180.000 a oltre 240.000. Un aumento che si è sostanziato (è un caso?) soprattutto dopo i tagli alla scuola previsti dalla Gelmini. Quest’incremento di certificazioni è stato analizzato con preoccupazione tanto dai governi, che da realtà contigue ai poteri economico-finanziari (le già citate Treelle e fondazione Agnelli), non tanto dal punto di vista pedagogico e sociologico, quanto dal punto di vista economico. In sostanza, il sostegno dato a tutti gli alunni in difficoltà secondo i maghi del liberismo costava troppo, per cui era necessario prendere delle decisioni sostanziali per ridurre la relativa voce di spesa. Il taglio del sostegno ai DSA in assenza di commorbilità (170/2010) e le direttiva ministeriale sui “bisogni educativi speciali” (BES) varata nel 2013 hanno avuto proprio questo scopo. In sostanza l’etichetta BES è servita per fare un taglio drastico di risorse umane per il sostegno agli alunni con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), a quelli con iperattività e disturbo dell’attenzione (ADHD), ed agli alunni con funzionamento cognitivo limite (borderline). A tutti questi alunni è stato di fatto tolto l’insegnante di sostegno, sostituendo la necessaria risorsa umana con un piano didattico personalizzato basato sull’uso di metodologie facilitanti (messe in atto da chi?) e di “strumenti compensativi e dispensativi” (uso della calcolatrice, del PC, di tavole e schede facilitanti, tempi più lunghi per le prove etc.) Un vero e proprio stratagemma per risparmiare sulla pelle dei BES (circa un milione di studenti) senza scordare che prima ancora, il diritto al sostegno era stato negato agli alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. Ovviamente le difficoltà di questi alunni non sono sparite con l’eliminazione dell’insegnante specializzato, per cui nelle scuole si è dovuti ricorrere all’inserimento degli studenti con BES nelle classi di quelli con disabilità certificata dalla 104, per fare in modo che il docente di sostegno possa aiutare anche loro. E tutta l’operazione (a costo zero, quindi perfetta dal punto di vista dei bilanci) si è tradotta in un aumento degli adempimenti burocratici e lavorativi dei docenti curricolari e di sostegno, con relativo decremento della qualità dell’offerta formativa per tutti gli studenti della scuola pubblica.

11/12/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Foto: Flickr-CC/Funca88

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L'Autore

Roberto Villani

Lavoratori autoconvocati della scuola

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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