Mrs. America

Un’ottima miniserie, a giudicare dai primi tre episodi qui recensiti, che coniuga nel miglior modo realistico gli avvenimenti della storia universale – lo scontro fra chi si batte per l’emancipazione del genere umano e chi per la disemancipazione – con le vicende particolari dei tipici protagonisti.


Mrs. America Credits: https://www.themarysue.com/mrs-americas-biggest-problem-is-its-main-character/

Mrs. America, miniserie televisiva statunitense, creata da Dahvi Weller e distribuita nel 2020 da Hulu, voto: 9; serie molto interessante, non a caso non ha ancora trovato un distributore in Italia, nonostante sia interpretata da quella che viene considerata la migliore attrice vivente, Cate Blanchett, e abbia ricevuto diverse candidature agli Emy, a partire da quella di miglior serie. Fortunatamente è visibile sul web in versione originale con i sottotitoli italiani. La serie ha al centro una questione storica sostanziale: la grande lotta per la parità dei diritti delle donne statunitensi, portata avanti dagli inizi degli anni Settanta. Interessante anche la scelta di affrontare tale questione, in particolare nel primo episodio, da un punto di vista decisamente straniante, ossia nella prospettiva di una esponente ultrareazionaria del Partito repubblicano, della sua famiglia e del suo bacino elettorale. Già nella prima scena della serie si vede chiaramente quale umiliazione debbano subire le donne reazionarie repubblicane, come il personaggio interpretato da Cate Blanchett, che si trova a sfilare in un costume patriottico durante una cena di finanziamento del suo partito, nonostante la protagonista sia una delle esponenti di maggior spicco del Partito repubblicano. Successivamente, invitata in un talk show di destra, da un conduttore e uomo politico che vorrebbe sfruttare le sue ambizioni per portarsela a letto, Mrs. America ne approfitta per assumere una posizione fuori dalle righe, attaccando apertamente da destra il presidente repubblicano Nixon, divenuto noto come il più acceso sostenitore della caccia alle streghe promossa da McCarthy. La protagonista, invece di fare semplicemente da contorno per il suo aspetto seducente, dimostra una notevolissima preparazione sulla guerra nucleare e prende una nettissima posizione contro la coesistenza pacifica e la riduzione delle armi nucleari. Viene così invitata a Washington per incontrare il maggior esponente dell’ala destra del suo partito.

La donna, che ha deciso di fare la mamma a tempo pieno, ha avuto sei figli, con un uomo ricco molto più vecchio di lei, ed è costretta a ulteriori umiliazioni, come del resto la maggioranza delle donne della sua condizione. Deve, per esempio, andare a pregare il marito al lavoro per poter comprare un vestito alla madre e per avere il sostegno per ripresentarsi in campagna elettorale, dal momento che i Repubblicani sono ancora una volta riusciti a ridisegnare a proprio vantaggio i distretti elettorali. Nel frattempo viene a sapere da sue fan casalinghe che il suo non aver preso una chiara posizione contro il progetto di eguaglianza dei diritti delle donne rischia di far diminuire il sostegno del suo potenziale blocco elettorale. Decide, allora, di scendere in campo, rendendosi conto che come esperta fautrice del riarmo atomico e della guerra fredda non è presa sufficientemente in considerazione dai maschi alla guida del suo partito. Decide, così, di lanciarsi in una vera e propria crociata contro la legge per l’eguaglianza dei diritti delle donne, che spaventa le casalinghe più tradizionaliste e conservatrici, scavalcando di nuovo a destra lo stesso presidente repubblicano Nixon, che opportunisticamente dichiarava di approvare la legge. Per altro Mrs. America punta a far emergere un repubblicano schierato ancora più a destra come Ronald Regan.

Nonostante le sue capacità e le sue piccole ambizioni di emergere è, però, costretta a subire la schiavitù domestica cui per altro afferma, contraddittoriamente, di essersi votata. Deve, infatti, sottostare al desiderio sessuale dell’anziano marito, anche quando è stanca morta e non ne ha nessunissima voglia. Come deve desistere, per la contrarietà del marito, che non la vuole perdere come schiava domestica, dalla volontà di candidarsi alle elezioni. Al contempo, dal momento che quasi nessun politico osa contrapporsi apertamente alla battaglia per la parità dei diritti degli odiati liberal, decide di affermarsi cavalcando le paure delle più arretrate casalinghe che temono con l’emancipazione, di perdere i vantaggi che gli sono garantiti nella situazione di subalternità in cui sono costretti a vivere. Vediamo, infine, come il movimento che si batte per la legge sull’eguaglianza, per quanto sostenuto essenzialmente da progressisti, cerchi di assumere una posizione non schierata politicamente, per attirare anche donne filorepubblicane, con tutte le contraddizioni che questa scelta comporta. Resta il dubbio che le spaventose posizioni reazionarie della protagonista non emergano per quello che realmente sono, in primo luogo per la grande capacità che ha di immedesimarsi Cate Blanchett nel suo personaggio, senza utilizzare il particolarmente indispensabile effetto di straniamento. L’altro dubbio è che la sua capacità di affermarsi come donna in un partito e in un mondo maschilista e patriarcale come quello repubblicano non possa essere ritenuto, paradossalmente, da chi considera da un mero punto di vista astratto la lotta delle donne, come un contributo sui generis all’emancipazione femminile.

Il secondo episodio è dedicato alla principale esponente femminista della lotta per la legge sull’eguaglianza. In tal modo, dopo aver visto le posizioni delle donne vittime e al contempo complici del patriarcato e del tradizionalismo ultra-conservatore, ci viene presentato il movimento femminista con le sue diverse posizioni, le lotte che conduce e i rapporti complicati con il Partito democratico che, mirando al centro per sconfiggere i Repubblicani, finisce con il non sostenere le principali rivendicazioni del movimento per l’emancipazione delle donne. Nella serie si vede anche come il movimento femminista abbia sottovalutato la capacità di mobilitazione, una volta trovata una dirigente capace e priva di scrupoli, delle casalinghe tradizionaliste dell’America più profonda e retrograda. Esse si dimostreranno in grado, con la loro campagna favorevole al loro ruolo tradizionalmente subordinato della donna, di riuscire a riconquistare diversi voti di politici uomini, che inizialmente avevano temuto di prendere posizione contro una legge finalizzata all’eguaglianza dei diritti. A ulteriore dimostrazione che non esiste nessuna tendenza naturale verso l’emancipazione dell’essere umano, ma quest’ultima è sempre stata il frutto di una strenua lotta contro chi si batte per la disemancipazione. Inoltre bisogna sempre ricordare, a tal proposito, il celebre scritto Che cos’è l’illuminismo? in cui Kant definisce questo grande movimento d’emancipazione “l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso”. Nel caso del movimento delle donne si tratta della la lotta contro uno stato di minorità in cui la buona parte delle donne ha per millenni vissuto anche per propria responsabilità. Uno stadio da cui non è facile uscire, perché la maggior parte degli esseri umani tende naturalmente a non voler fare un uso autonomo della propria ragione, in quanto appare molto più comodo avere qualcuno che rifletta e decida al proprio posto. Occorre inoltre ricordare, per capire questa difficoltà nello sconfiggere le forze reazionarie – per quanto possano essere arretrate e retrograde – quanto osservava Platone, ossia che per chi è abituato, come la maggioranza degli esseri umani, a vivere legati nel fondo della caverna, diviene estremamente difficile dare credito a chi li spinge a liberarsi dalle catene e a uscire alla luce del giorno. In quanto, chi è abituato a considerare l’unica vita lo stato di cattività in fondo alla caverna, non crede sia utile assumersi i rischi e la fatica necessari per liberarsi e uscire fuori, dove si rischia di rimanere accecati dalla stessa luce del sole.

Il terzo episodio sviluppa anch’esso tematiche sostanziali. In particolare lo scontro tragico che si riproduce costantemente negli Stati uniti quando si prova a presentare un candidato realmente estraneo al sistema. Nel caso specifico si tratta della candidatura, per la prima volta alle presidenziali degli Stati Uniti, di una donna, per di più femminista, radicale e afroamericana. Tale candidatura provoca la consueta spaccatura fra i cavalieri della virtù che, grazie allo spirito d’utopia che li anima, comprendono l’esigenza di portare fino in fondo la lotta al sistema, ma non tengono nel dovuto conto i rapporti di forza reali e gli uomini del corso del mondo che, in una prospettiva realista, puntano sul candidato favorito e centrista, in quanto ritengono essenziale strappare la presidenza alla destra radicale repubblicana. Questa prospettiva è, come di consueto, condivisa dalla stessa comunità afroamericana che ritiene una candidatura radicale un lusso per borghesi caucasici, che non hanno il problema di dover sopravvivere alla persecuzione preventiva che costantemente subiscono dagli apparati repressivi dello Stato. Sono, perciò, i primi ad abbandonare il proprio cavaliere della virtù per il prosaico e opportunista uomo del mondo. Per altro anche i vertici del movimento femminista, sebbene dietro le quinte, cercano un accordo con il candidato centrista che ha bisogno dei loro voti, per raggiungere la maggioranza evitando il ballottaggio. Ingenuamente la leader del movimento femminista si illude delle promesse che, una volta divenuto il candidato ufficiale, il centrista porti avanti nella campagna elettorale le loro rivendicazioni. Si tratta, però, della tipica promessa da marinaio, l’uomo del corso del mondo mira al proprio obiettivo e, una volta eletto, cerca di recidere ogni legame con le ali radicali, seguendo il consueto pregiudizio di mirare a conquistare il centro. Così l’apparato del partito democratico riesce a riallineare, controllando la comunicazione, i delegati che si erano lasciati convincere dalle femministe a votare la legge sull’aborto. In tal modo, come aveva a ragione denunciato la candidata radicale, se non si controllano le infrastrutture del partito, diviene di fatto impossibile mettere in minoranza gli opportunisti. D’altra parte, consapevole dei limiti della propria posizione utopista, la candidata radicale decide di perdonare i peccati dell’uomo del corso del mondo, riconoscendo i propri limiti, e in modo cavalleresco ne sostiene la candidatura, ottenendo così l’onore delle armi.

D’altra parte, il sistema non può tollerare la possibilità stessa di un candidato che osi, seppur in modo velleitario e utopista, metterlo in discussione, così durante la campagna elettorale la candidata radical è costantemente spiata e posta sotto pressione dagli organi repressivi dello Stato con la scusa di dover tutelare la sua sicurezza. Infine, terminata la campagna elettorale, inizia la repressione, con l’accusa pretestuosa di aver raccolto in modo illegale i propri miserrimi fondi elettorali, senza ovviamente indagare in candidato repubblicano che ha raccolto una quantità enorme di fondi nel modo più discutibile.

Nel frattempo le femministe sottovalutano erroneamente il movimento demancipatorio delle casalinghe, che temono di perdere i privilegi che credono di godere nella famiglia patriarcale tradizionale, magari sposando da giovani uomini più ricchi, pensando così di poter essere mantenute a vita, considerando naturale la schiavitù domestica. Le femministe, convinte di avere la vittoria in tasca, dal momento che anche molti repubblicani uomini non avevano il coraggio di schierarsi per una legge che va contro la parità di diritti, abbassano ingenuamente la guardia. In effetti, l’aver creato Mrs. America un movimento reazionario di massa di donne che chiedono ai loro rappresentanti politici di battersi contro la parità di diritti, che metterebbe a repentaglio i loro presunti “privilegi”, consente a diversi deputati uomini di dare libero sfogo al proprio maschilismo e di votare contro. Così l’emendamento per la parità dei diritti non riesce a divenire legge, perché viene fermato negli Stati più retrogradi dal voto dell’uomo e della donna qualunque delle campagne e della provincia.

In tal modo Mrs. America riesce a giocare un ruolo di protagonista in un partito ultramaschilista, assumendo una spiazzante e spregiudicata posizione più realista del re. Allo stesso modo, riesce a far fallire la coesistenza pacifica, che il grande sviluppo dei movimenti sociali, anche negli Stati Uniti, sembrava aver imposto. Certo le sue vittorie sono in sé contraddittorie, in quanto il suo ruolo da collaborazionista non la porta a emergere veramente come vorrebbe. Inoltre il giocare sugli istinti più bassi delle persone più ignoranti finisce per ritorcerglisi contro, in quanto nel suo movimento cominciano a emergere leader apertamente razzisti, che rischiano di far venir meno il sostegno conquistatosi da parte della maggioranza silenziosa.

24/10/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.themarysue.com/mrs-americas-biggest-problem-is-its-main-character/

Condividi

L'Autore

Renato Caputo

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: