Simona Teodori e la cospirazione dei Cenci

Il racconto della tragica vicenda di Beatrice Cenci in un cammino storico e narrativo coinvolgente che ripercorre le speranze e di dolori di una donna che non voleva cedere al suo destino


Simona Teodori e la cospirazione dei Cenci

La riflessione critica sul ruolo della letteratura e delle forme espressive che meglio possono costruire una rappresentazione del mondo e delle sue contraddizioni non si è mai risolta, bensì si è solo spostata, al giorno d’oggi su dinamiche nuove che mescolano i veri aspetti di analisi, integrandoli e rielaborandoli in una struttura del tutto autonoma. La scrittura, sebbene ancora incardinata in canoni per convenzione definiti, è libera di giocare sui diversi piani, reinterpretandosi in una modalità che unisce i risvolti storici, sociologici e ideologici con quelli più squisitamente creativi e individuali. 

Simona Teodori, nella sua ultima fatica letteraria “La Cospirazione dei Cenci”, edizioni Newton Compton Editore, presentata nelle Sale di San Romano, opera in tal senso, attuando una sapiente miscela di stili, per cui il suo romanzo, con gli inevitabili passaggi attraverso un tessuto reale e concreto dettato da precise ricerche storiche, che le hanno permesso di ricostruire fedelmente le dinamiche della Roma del 1600, evolve in un complesso gioco di rimandi del costrutto narrativo per raggiungere momenti di autentica passione e di invenzione del racconto.  In verità, la scrittrice ha già abituato i suoi lettori al suo stile unico e assolutamente riconoscibile come in Voci Partigiane o Figlie di Eva, dove appare chiara la sua personale interpretazione del vissuto dei personaggi descritti come in una voce volta a guidarci verso un punto di vista “straniante” rispetto alla strada consueta, per strapparci dall’assurdo del quotidiano e portarci su un differente piano di riflessione e di emozione. In quest’ultima sua opera, la scrittrice va oltre il suo personale ordito narrante e seguendo i diversi passaggi che hanno caratterizzato la dolorosa esistenza di Beatrice Cenci, nobildonna romana, vittima della violenza del padre Francesco Cenci, emanazione classica di chi, con ottusa arroganza, detiene e impone il suo volere grazie al suo lignaggio e alla sua ricchezza; ella segue un percorso del tutto inedito, dove spezza gli ingabbiamenti storici del tempo espressivo e fa emergere la figura della donna che è costretta a battersi fin dentro la sua stessa famiglia per riaffermare la sua identità di essere umano non sottoposto agli obblighi e ai legami dettati dall’alto. Qui, il rimando indiretto ad Artemisia Gentileschi è immediato: l’artista che subì lo stupro da parte dell’amico del padre Orazio Gentileschi, e che nei suoi quadri fece emergere non solo il suo strazio, ma anche la lacerante storia femminile della donna umiliata, la stessa che fu di Beatrice, e che probabilmente influenzò l’opera della pittrice. Ma la Teodori si avventura oltre e richiama un’altra grande figura di quel periodo, ossia Caravaggio; egli, con molta probabilità, ebbe modo di assistere davvero al triste epilogo della vicenda nei pressi del patibolo allestito presso Castel Sant’Angelo, e che riprese in molti suoi lavori come “Giuditta ed Oloferne” oppure “San Giovanni Decollato”. Ecco che nel libro le due figure di Beatrice e del Michelangelo Merisi descritte dalla scrittrice vengono ad intersecarsi in modo indissolubile e il piano storico-narrativo incontra quello della finzione. Per mezzo di sapienti rimandi espressivi si viene a sviluppare una vicenda che racconta un’altra vicenda e l’incastro fatto di amori, dolori, inganni e speranze si fanno credibili e affascinano in modo indescrivibile. Il quadro scenico si completa con la descrizione della Roma dell’epoca, dove non interessano le magnificenze barocche, ma il cuore pulsante dei vicoli, delle zone d’ombra, dei luoghi in cui l’umanità viveva e si smarriva nel desiderio, nella speranza, nel suo inesorabile perdersi. Tutto è luce e ombra nello stile della Teodori, perché il suo modo di intendere il reale non è classificabile, non lo si può rintracciare in un costrutto linguistico fine a sé stesso, ma è la sua idea di percepire il mondo che la circonda che si trasferisce nella rappresentazione dei suoi personaggi ammantati di veridicità storica. In questo risiede la potenza e la qualità di questo libro e la capacità di coinvolgerci in un narrato unico e prezioso.

24/05/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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