Voglia di comunità

Nessuno vive sereno senza libertà e sicurezza, ma viverle contemporaneamente, secondo Bauman, è impossibile.


Voglia di comunità Credits: U Velto

Zygmunt Bauman, scomparso nel gennaio 2017, è stato uno dei sociologi che forse più di tutti ha saputo cogliere il senso della modernità ed è stato l’inventore delle teorie sulla natura della postmodernità, analizzando nei suoi scritti come i vari aspetti della modernità siano la causa di un crescente disagio nell'uomo contemporaneo. La sua analisi sulla società attuale che definisce società liquida, per la perdita della solidità dei valori, si articola soprattutto su fenomeni come la globalizzazione e la deregolazione, che hanno condotto alla fragilità delle comunità per dare luogo al soggettivismo e all’individualismo.

Così Umberto Eco spiegò il pensiero di Bauman “Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi. Questo soggettivismo ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui nasce una situazione in cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Si perde la certezza del diritto (la magistratura è sentita come nemica) e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono da un lato l’apparire a tutti costil’apparire come valore e il consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che li rende subito obsoleti, e il singolo passa da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo”.

Bauman, quindi, è ricordato, soprattutto, tramite i suoi saggi sulla società liquida, come il filosofo che ha saputo definire il caos  e il disorientamento sociale in cui siamo immersi e da cui sarà difficile uscirne. “La società liquida - dice il sociologo polacco - è la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”. Uno strumento per uscire dal tunnel dell’incertezza potrebbe essere la vita di comunità, se non fosse intrisa di contraddizioni. Scrive così il sociologo nella prefazione del suo saggio ‘Voglia di comunità’: “La comunità ci manca, perché ci manca la sicurezza, elemento fondamentale per una vita felice, ma che il mondo di oggi è sempre meno in grado di offrirci e sempre più riluttante a promettere… l’insicurezza attanaglia tutti noi, immersi come siamo in un impalpabile e imprevedibile mondo fatto di liberalizzazione, flessibilità, competitività ed endemica incertezza, ma ciascuno di noi consuma la propria ansia da solo, vivendola come un problema individuale, il risultato di fallimenti personali…” .

Eppure il vivere in comunità ci può offrire una sponda per uscire da questa perdizione, ma in questa possibilità di salvezza dal caos convivono molte contraddizioni che devono fare i conti con il naturale desiderio di libertà contrapposto alla sicurezza che una comunità offre. La voglia di vivere in comunità per sentirsi in un’isola felice in cui tutti si sentano tutelati è viva in ciascuno di noi, ma deve interfacciarsi con la cessione della libertà personale e con la diffidenza naturale che riserviamo all’altro, al diverso da noi. Un loop che lascia poco raggio d’azione. O dentro con condizionamenti per la libertà personale o fuori ma esposti alle intemperie della vita e a vedersela soli. C’è un compromesso che possa rendere compatibili le due fasi? Si può vivere con libertà di pensiero e azione e sentirsi tutelati in una comunità o la condizione è la cessione di una buon parte del nostro pensiero? Bauman, nel suo saggio, di questa condizione/contraddizione ne fa un’analisi approfondita.

Il primo aspetto del problema che non permette di integrarci facilmente in un sistema comunitario è rivolto a noi stessi, al nostro io pensante, che ci appare come “l’unico elemento stabile nel bel mezzo di un mondo estremamente volatile, in cui tutti gli oggetti apparentemente solidi continuano ad apparire e sparire, a cambiare forma e colore ogni volta che vi poggiamo lo sguardo..”. Veniamo colti allora dall’istinto di auto- preservazione, rivolgendo tutta l’attenzione a noi stessi, alle nostra casa, ai nostri beni, al nostro territorio. Ci autoconfiniamo nelle nostre personali sicurezze e iniziamo a diffidare di tutto ciò che ci appare estraneo, pertanto rappresenta l’incertezza e ci dà insicurezza.

Il contributo a questo stato che induce all’esodo o al vivere la comunità in modo distorto lo offre l’opinione pubblica malata di populismo, indotto dalle forze politiche dominanti. Da percezione diventa convinzione che “la vita urbana sia intrisa di pericoli e che l’eliminazione dalla nostra vita sociale di estranei invadenti e forieri di pericoli sia la più urgente delle misure da prendere per riconquistare la sicurezza perduta”. Prende corpo così l’idea distorta di comunità che induce all'espunzione delle diversità. Considerandole un attacco e un pericolo alla sicurezza. Un’idea di comunità semplificata all’osso che non prevede eterogeneità e che contribuisce a sviare l’attenzione dai veri pericoli della nostra epoca che, in un contesto sociale basato sull’indifferenza e il sospetto verso l’altro estraneo da sé, restano ignorati. Eppure, oggi più che mai, in un mondo globalizzato viviamo costantemente in uno stato di interdipendenza “nessuno può dirsi padrone del proprio destino”.

Tantomeno è completamente autonomo nel soddisfare i propri bisogni, prova ne è che la maggioranza delle nostre attività sociali sono correlate alle attività degli altri e non è possibile agire individualmente. La diffidenza verso l’altro, diverso da sé, limita queste attività e ne perdiamo il controllo, che in realtà può essere efficacemente ottenuto solo collettivamente. Oggi, come nella notte dei tempi, una comunità di individui legati dalla stessa finalità di sentirsi tutelati nei loro diritti e di esprimere forza sociale, sarebbe più che mai necessaria per contrastare i poteri dominanti, ma resta sempre legata ad un’idea utopica. “Se mai può esistere una comunità nel mondo degli individui - scrive Bauman nel suo saggio - può essere (ed è necessario che lo sia) soltanto una comunità intessuta di comune e reciproco interesse, una comunità responsabile, voltaa garantire il pari diritto di essere considerati esseri umani e la pari capacità di agire in base a tale diritto”.

L’idea utopica di comunità

Comunità. La sola parola tranquillizza, perché “emana una sensazione piacevole”, a prescindere dai vari significati si possano dare al termine. La comunità è sempre buona, mentre compagnia e società talvolta sono “cattive”. L’idea che rimanda la parola comunità è di un posto confortevole, rilassante, che offre sicurezza, mentre fuori da essa c’è il pericolo in agguato. In comunità c’è fiducia e comprensione e nessuno desidera il male altrui e può contare sulla benevolenza di tutti i membri. Bene, tutto questo è un’utopia, è la raffigurazione di una tipologia di gruppo sociale che è impossibile e impossibilitato ad esistere. La comunità in cui ci si può sentire accolti e rassicurati è un’immaginazione desiderata, ma utopica e irrealizzabile. Quella reale, ovvero la comunità esistente, è esigente con i suoi membri. Esigente a tal punto di reclamare “… ubbidienza assoluta in cambio dei servizi erogati o che promette di erogare - così la descrive Bauman - Desideri la sicurezza? Cedi la tua libertà o parte di essa. Desideri la tranquillità? Non fidarti di nessuno, al di fuori della comunità. Desideri la reciproca comprensione? Non parlare con gli estranei e non usare lingue straniere. Desideri l’incolumità? Non far entrare gli estranei…”.

Se ne evince che il prezzo da pagare per vivere in comunità è impercettibile, finché si resta in fase onirica, ma se si trasforma in realtà c’è un caro prezzo da pagare. Si paga con la perdita dell’autonomia, del diritto all’autoaffermazione e quindi ad essere se stessi. Sebbene fuori dalla comunità ci sia un altro scotto da pagare, altrettanto gravoso. Ѐ la perdita della sicurezza, del sentirsi appartenenti ad un gruppo sociale, del poter esprimere la propria personalità e sentirsene riconosciuti. Una dicotomia che ci pone di fronte ad un problema molto acuto e difficile da risolvere: sicurezza o libertà? Due valori fondamentali , ma inconciliabili e permanentemente in attrito fra loro.

Nessuno vive sereno senza libertà e sicurezza, ma viverle contemporaneamente sembra proprio sia impossibile. Bauman ci invita a non smettere di cercare la possibile soluzione, perché c’è sempre un buon motivo per migliorare i due opposti desideri, fino a renderli compatibili. Non è impossibile inventarsi una soluzione e migliorare la nostra vita in comunità. Come? Analizzandone i vari aspetti che la rendono incompatibile “perché il meglio può anche essere un nemico del bene, ma la perfezione è sicuramente un nemico mortale di entrambi”.

Continua sul prossimo numero


Fonti

Voglia di comunità” – autore Zygmunt Bauman- edit. Laterza

Link:

Grazie Zygmunt, non avremo paura
Il demone della paura: dall’insicurezza nella società liquida al terrorismo
Apocalittici e integrati di Umberto Eco

09/06/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: U Velto

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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