Lo stato di emergenza sta nella democrazia?

Il Patriot act francese, dopo gli errori americani.


Lo stato di emergenza sta nella democrazia?

E’ possibile declinare la guerra - perché la Francia si sente in guerra - con la democrazia? Il Patriot act francese, dopo gli errori americani. La Francia verso uno stato d’emergenza “alleggerito” nei poteri allo Stato ma che può durare più a lungo.

di Ennio Remondino

Il Patriot act francese. Dunque il presidente francese vuole riformare la costituzione, e lo fa -spiega Le Monde - prendendo spunto dal comitato Balladur del 2007, che proponeva di inserire nella carta costituzionale lo “Stato d’emergenza”.

Fu una iniziativa di Sarkozy che costituì un Comité de réflexion et de proposition sur la modernisation et le rééquilibrage des institutions de la V° République.

Un precedente “Comitato di riflessione” era stato nominato dal Presidente Mitterrand. Studio senza conseguenze.

Ora una fonte dall’Eliseo ha parlato della creazione di un regime costituzionale “di stato di crisi” e di un “visto di ritorno” per i francesi o i residenti in Francia che fossero “coinvolti in attività terroriste all’estero”.

Più precisamente, Hollande vuole rivedere due articoli della costituzione francese:

Articolo 36. Regola “lo stato d’assedio” quando la Francia è attaccata o colpita da una rivolta armata e prevede il trasferimento di alcuni poteri all’autorità militare. Può essere applicato solo in parte del territorio e permette di trasferire i poteri civili e di polizia all’esercito, insieme alla creazione di giurisdizioni militari. Lo stato d’assedio si proclama in caso di una grave crisi, una guerra o una rivolta armata.

Articolo 16. Permette al presidente di attribuirsi “poteri eccezionali” quando una minaccia “grave e immediata” incombe “sulle istituzioni della repubblica, sull’indipendenza della nazione, l’integrità del suo territorio o l’esecuzione dei suoi impegni internazionali”. L’articolo è stato concepito come una risposta all’immobilismo governativo ed è stato applicato solo una volta, all’epoca del putsch dei generali del 1961, durante la guerra d’Algeria. All’epoca De Gaulle aveva assunto pieni poteri da fine aprile a fine settembre.

Il presidente ha sottolineato che questi due articoli “non sono adatti alla situazione in cui ci troviamo”. Hollande ha parlato di “terrorismo di guerra” perché “il funzionamento regolare dei poteri pubblici non è interrotto e non è immaginabile trasferire alcuni poteri all’autorità militare. Eppure siamo in guerra”. Per questo motivo secondo il presidente è necessario avere “un diverso regime costituzionale”.

Hollande ha evocato le proposte del comitato Balladur all’epoca di Sarkozy. Sull’articolo 36 il comitato Balladur suggeriva che oltre allo “stato d’assedio” nella Costituzione fosse inserito “lo stato d’emergenza”. Di fatto lo stato d’emergenza in cui si trova la Francia da venerdì scorso non ha alcuna definizione costituzionale, ma nasce da una legge ordinaria del 1955. Basta un decreto per attivarlo, ma vale solo 12 giorni e deve essere rinnovato per legge.

Lo Stato di emergenza limita le libertà pubbliche e rende possibili: 1) instaurazione del coprifuoco; 2) circolazione e soggiorno delle persone da parte dei prefetti; 3) l’obbligo di dimora; 4) la chiusura di locali e bar; 5) il divieto di manifestazione pubblica; 6) perquisizioni diurne e notturne senza l’autorizzazione di un giudice; 7) controlli sulla stampa e sulla radio.

Ma lo stato d’emergenza non è previsto per una crisi di lunga durata: le condizioni della sua attivazione sono un “pericolo imminente risultante da attentati gravi all’ordine pubblico o eventi che per loro natura e gravità assumono il carattere di calamità pubblica”.

Ora François Hollande vorrebbe “poter disporre di uno strumento appropriato per applicare misure eccezionali per una certa durata senza passare dallo stato d’assedio e senza rinnegare le libertà pubbliche”.

In sostanza si tratterebbe di uno stato d’emergenza un po’ “alleggerito” sul piano dei poteri concessi allo Stato ma che potrebbe durare più a lungo.

Una proposta che inevitabilmente ricorda il Patriot act approvato dall’amministrazione Bush dopo l’11 settembre 2001. Che non fu un gran precedente.

remocontro

21/11/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Ennio Remondino

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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