IV videolezione: La Repubblica di Platone

Proseguiamo con la pubblicazione delle videolezioni del corso di filosofia: “Controstoria della filosofia in una prospettiva marxista”. Secondo ciclo: “Dall’utopia comunista di Platone al realismo immanentistico di Aristotele” – tenuto dal professor Renato Caputo per l’Università popolare Antonio Gramsci – con il video della quarta lezione: La Repubblica di Platone.


1. Presentazione generale del corso:

La nostra cultura e civiltà è in buona parte fondata su due decisivi pensatori che, nei loro sistemi, hanno sintetizzato larga parte del precedente sviluppo filosofico e scientifico. Inoltre, essi costituiscono la base non solo della cultura ellenistica e cristiana tardo antica, ma della civiltà araba, medievale, umanistica e rinascimentale. Continueranno ad avere un’enorme influenza anche sulla successiva cultura moderna borghese, a partire dalla Rivoluzione scientifica e almeno fino al suo esponente più progressivo: G.W.F. Hegel. Attraverso quest’ultimo Platone e Aristotele hanno indirettamente influenzato la cultura contemporanea marxista, fino ai giorni nostri, si pensi a quanto sia direttamente e apertamente debitrice da Platone l’idea di comunismo di Alain Badiou, uno dei più affermati pensatori comunisti viventi a livello internazionale. Peraltro l’opera di Platone e Aristotele ha un’influenza così ampia e millenaria sul nostro modo di pensare, di esprimerci e di agire da non essere nemmeno avvertita dalla stragrande maggioranza degli uomini. Anche se essi – essendo tali pensieri così tanto e da così lungo tempo caratterizzanti parte significativa della cultura e civiltà umana – non ne sono consapevoli.

Dunque, per divenire finalmente pienamente consapevoli di questi capisaldi della nostra cultura e civiltà – tanto che per secoli i pensatori si sono divisi in platonici e aristotelici – e per meglio intendere gli stessi grandi pensatori moderni e contemporanei che ne sono stati, in maniera diretta o indiretta, influenzati, ci pare necessario offrire all’inizio dell’anno accademico 2021-22 dell’Università popolare Antonio Gramsci un corso introduttivo alle concezioni del mondo elaborate da Platone e Aristotele. Questi incontri avranno un valore propedeutico allo sviluppo, negli anni successivi, del nostro corso di controstoria della filosofia in una prospettiva marxista. In effetti, non è possibile comprendere pienamente e padroneggiare gli sviluppi successivi del pensiero e del modo di agire degli uomini, del loro modo di organizzare la comunità umana, senza aver ben presenti queste due colonne portanti della cultura e civiltà umana.

Nello spirito dell’Università popolare, il corso sarà rivolto a tutti coloro che hanno interesse ad apprendere e a confrontarsi dialetticamente, nell’ampio dibattito che si svilupperà al termine di ogni lezione, riguardo a tali problematiche. Quindi il corso è pensato, in primo luogo, per i filosofi della prassi (nel senso letterale del termine), ovvero per coloro che amano accrescere, nel dialogo collettivo, la propria conoscenza del mondo, per poter contribuire a trasformarlo, possibilmente in modo radicale.

In effetti, come vedremo, lo stesso spirito dell’utopia che anima i filosofi della prassi ha le sue origini e i propri fondamenti proprio nel pensiero di Platone, nel quale incontriamo peraltro la prima grande teorizzazione della società ideale, ovvero della società comunista. Un ideale che sarà ripreso e sviluppato in tutte le epoche successive, mantenendo un legame diretto con Platone almeno fino al diciassettesimo secolo, per poi cercare di superarlo in modo dialettico, in maniera più o meno consapevole. In Aristotele troveremo, al contrario, il padre nobile dell’altra grande corrente del pensiero politico e sociale, la corrente del realismo che confluirà, insieme all’utopismo platonico, nel marxismo, che li sintetizzerà, superandoli dialetticamente.

Più in generale Platone darà uno sviluppo decisivo al pensiero dialettico, talmente grande e influente da essere in qualche modo eguagliato solo da Hegel e Karl Marx. Mentre il pensiero di Aristotele ha offerto un apporto essenziale all’affermazione della moderna concezione filosofico-scientifica del mondo, di contro alla tradizionale visione mitologico-religiosa. Da questo punto di vista Aristotele è alla base di tutto il pensiero radicale immanentistico, che sarà elemento portante del marxismo scientifico a partire dai suoi padri nobili Marx e Friedrich Engels.

Il pensiero utopistico di Platone e la sua prima grande teorizzazione di una società comunista sono considerati come fondamento di tali concezioni anche dai loro più agguerriti nemici, da Aristofane nel mondo antico, ai padri della chiesa nel mondo cristiano, a Friedrich Nietzsche nel mondo moderno, per arrivare a Karl Popper nel mondo contemporaneo. Per Nietzsche il pensiero dell’emancipazione dal rapporto servo-padrone, dominante nel mondo arcaico greco aristocratico, è per la prima volta stato gagliardamente contrastato da Socrate-Platone, con cui si sarebbe affermato il razionalismo e la visione morale del mondo. Perciò, il più grande fra i pensatori reazionari vede proprio in Socrate-Platone l’origine di quella decadenza della civiltà occidentale che sarebbe culminata con il primo tentativo di costruire una società comunista ai tempi della Comune di Parigi. Inoltre il discorso di Socrate-Platone sarebbe pericolosamente sovversivo proprio in quanto mette in questione, per la prima volta in modo radicale, la società oligarchica e schiavista sino ad allora assolutamente dominante.

Per Popper, capofila dei pensatori contemporanei liberisti e anticomunisti, non solo alla base del marxismo, ma dell’intero pensiero utopistico vi sarebbe proprio Platone. Perciò, come già Nietzsche, per contrastare alla radice i modi di pensare e, di conseguenza, agire in modo radicale e rivoluzionario diviene essenziale risalire e condurre una critica demolitrice del pensiero di Platone.

Del resto il pensiero di Platone è ancora oggi incredibilmente attuale, in quanto non solo vi ritroviamo molti degli aspetti caratterizzanti anche l’odierna utopia sociale e politica, oltre che quella di tutta la storia precedente, ma perché vi è possibile ritrovare anche quelle contraddizioni, quei punti problematici e deboli che sono alla base dell’attuale crisi dell’utopia. Chi intendesse continuare a leggere la presentazione del corso clicca qui.

2. Versione cartacea della videolezione

L’abolizione della proprietà privata

Platone è consapevole dei rischi del potere: la brama di ricchezza mette a rischio il benessere collettivo. Per ovviare a questi pericoli ed evitare le discordie che derivano dalla proprietà e dall’avidità di ricchezza, Platone stabilisce il divieto per governanti e guardiani di possedere la proprietà privata. Divieto che non concerne solo i beni materiali, ma anche la famiglia.

Il divieto della proprietà privata a partire dalla sua base: la famiglia e l’emancipazione della donna

Anche le donne saranno in comune, non più proprietà privata dei maschi, e i figli allevati a cura dello Stato, sì da sopprimere la famiglia quale base di ogni privatizzazione. La soppressione della famiglia libererà la donna dalla sua tradizionale schiavitù domestica, che è l’unico motivo della sua inferiorità culturale. Per Platone non c’è motivo di escludere le donne dall’educazione, anche nelle sue forme più elevate e se meritevoli dall’esercizio della filosofia e del governo. È questo uno dei tratti più rivoluzionari di Platone, insieme al comunismo dei beni, almeno per i ceti governanti e i guerrieri. Elementi che rimangono quasi isolati in tutto il mondo antico.

Ma i filosofi governanti sono anche felici, visto che sono sottoposti a molte restrizioni? Per Platone sì, in quanto la felicità corrisponde con la giustizia e, quindi, con lo svolgere il proprio compito in vista della felicità della comunità. La vita in comune rafforzerà i vincoli di amicizia e solidarietà, garanzia di coesione del gruppo dirigente.

I limiti della concezione platonica dello Stato

Al sostentamento del gruppo dirigente provvederanno i produttori, ai quali la proprietà privata è concessa nei limiti fissati dal governo. La polis, secondo Platone, dovrà avere dimensioni limitate, fondarsi principalmente sulla produzione agricola, riducendo al minimo l’attività commerciale ed evitando ogni politica imperialistica.

L’aristocraticismo platonico

Platone ha una concezione aristocratica di legittimazione del potere, la sua è una reazione alla democrazia attraverso una rigida diversificazione della società contro gli sconquassi democratici. Per Platone uno Stato sano è uno Stato dove ognuno svolge il suo compito e ognuno sa stare al posto che gli compete; è appunto una forma di organicismo politico che per funzionare necessita l’accordo e l’armonia tra le parti.

Quindi Platone è contrario a una gestione comune della cosa pubblica, tant’è che i cittadini produttori sono esclusi dalla partecipazione politica e non possono esercitare nessuna forma di controllo. Nel suo anti-democraticismo vi è però un’importante novità: non vi sono gli schiavi.

Pur non essendo democratico, lo Stato platonico è aristocratico nel senso letterale del termine. La sua non è un’aristocrazia di nascita, bensì del sapere. I filosofi sono chiamati a governare non perché appartengono a una stirpe di antica nobiltà, ma perché sono in possesso del sapere e sono quindi i migliori. Per Platone è possibile inoltre la mobilità sociale, non vi sono caste chiuse. Questa società, in cui ognuno impara a dismettere il proprio individualismo e a cooperare al bene comune, è quanto più si avvicina alla realizzazione del bene nel mondo del divenire e del tempo.

Le degenerazioni dello Stato

Lo Stato descritto rappresenta un modello, in riferimento al quale è possibile migliorare gli Stati esistenti, che sono delle degenerazioni dell’ideale:

1) Oligarchia, dove governando i più ricchi domina l’avidità.

2) Democrazia, governo che nasce quando il ceto povero si ribella all’oligarchia. I cittadini sono liberi e gli è concesso di fare ciò che vogliono, il rischio è l'abbandonarsi al desiderio smodato.

3) Tirannide, forma più degenerata di governo, che nasce come reazione all’eccessiva libertà della democrazia. Il tiranno, per difendersi dall’odio dei cittadini, si circonda dei peggiori individui.

Il dibattito sulla Repubblica

Si tratta di un testo chiave della filosofia politica, che ha stimolato un secolare dibattito.

- il motivo utopico: ripreso a partire da Tommaso Moro, 1516. Molti hanno considerato l’utopia vera filosofia e vera politica, in quanto mette di fronte agli uomini un modello ideale e li spinge a correggere le imperfezioni storiche.

- la tesi dei filosofi-re: da molti rifiutata in quanto il filosofo con le sua astrazioni non conoscerebbe la realtà. Kant la rifiuta perché il possesso della forza corrompe inevitabilmente il libero giudizio della ragione, ma c’è anche chi la condivide in quanto i filosofi possedendo virtù e disciplina sarebbero i più atti a dirigere la cosa pubblica.

- Comunismo e statalismo: da sinistra sono stati sottolineati gli aspetti comunitari e anti-individualistici, la preminenza del bene collettivo su quello personale, e il primo abbozzo di comunismo. Ma anche c’è chi, come Marx, l’ha criticata in quanto ha visto nell’organicismo platonico un’ideologia tesa a giustificare una società classista, fondata su una rigida divisione del lavoro.

Al contrario i liberali come Popper l’hanno criticata per lo statalismo, prototipo di una società illiberale e antidemocratica, paradigma dello Stato dispotico. Per continuare a leggere la versione cartacea della videolezione clicca qui

3. Prossime lezioni le cui versioni cartacee saranno pubblicate a partire dal prossimo numero di “La Città Futura”

5) Gli ultimi dialoghi platonici – mercoledì 29 settembre ore 18.

6) L’ultimo Platone e l’introduzione ad Aristotele – mercoledì 6 ottobre ore 18. 

7) La metafisica di Aristotele – mercoledì 13 ottobre ore 18.

8) Dalla fisica alla logica di Aristotele – mercoledì 20 ottobre ore 18.

9) Dalla logica alla gnoseologia di Aristotele – mercoledì 27 ottobre ore 18.

10) Dall’etica alla retorica di Aristotele – mercoledì 3 novembre ore 18.

24/09/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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