Jimmy’s Hall, il riscatto a tempo di jazz

Jimmy’s Hall, ultimo e applauditissimo film di Ken Loach al Festival di Cannes, ora in programmazione nelle sale italiane, è ispirato a una storia vera, quella di James Gralton, attivista comunista irlandese della contea di Leitrim nell’Irlanda del nord. Il film è ambientato nell’Irlanda rurale degli anni Trenta, dove Jimmy ritorna dagli Stati uniti, lì costretto ad emigrare per evitare l’arresto negli anni della guerra civile.  


Jimmy’s Hall, il riscatto a tempo di jazz

 

di Rosalinda Renda e Renato Caputo

Jimmy’s Hall, ultimo e applauditissimo film di Ken Loach al Festival di Cannes, ora in programmazione nelle sale italiane, è ispirato a una storia vera, quella di James Gralton, attivista comunista irlandese della contea di Leitrim nell’Irlanda del nord. Il film è ambientato nell’Irlanda rurale degli anni Trenta, dove Jimmy ritorna dagli Stati uniti, lì costretto ad emigrare per evitare l’arresto negli anni della guerra civile. Sollecitato dai giovani del luogo, Jimmy si convince a far rivivere la sala da ballo che aveva messo in piedi con i suoi compagni dieci anni prima. La sala era uno spazio sociale dove uomini e donne del paese partecipavano ad attività culturali e condividevano idee, oltre che la danza. Dieci anni dopo molte cose erano cambiate, ma non le forze conservatrici e reazionarie: la Chiesa, che fa di tutto per mantenere l’egemonia sull’ambito culturale ed educativo, e i fascisti locali che la sostengono e che sferrano verso Jimmy e i suoi compagni violenti attacchi senza esclusione di colpi.

Loach abbandona in questo film le atmosfere metropolitane contemporanee e si rivolge alla working class, agli sfruttati e diseredati degli anni Venti e Trenta. In questo suo film storico (non il primo, del resto), il regista britannico non racconta però la storia ufficiale bensì la storia dei dominati vista nella prospettiva dei dominati stessi, che vivono in una piccola contea irlandese. Se questa prospettiva “inusuale” è indubbiamente riuscita, lo è meno la caratterizzazione dei personaggi che risultano (ad eccezione del prete del villaggio, strenuo oppositore di Jimmy) troppo schematici e poco dialettici.

Questo mancato approfondimento dei personaggi è sicuramente più funzionale al messaggio politico, in quanto risulta chiaro ed evidente come stanno le cose, chi sono i potenti, chi i violenti, chi è contrario alla diffusione della cultura e chi invece vuole il riscatto e il cambiamento, ma la mancanza di complessità e di dialetticità rende il tutto poco realistico e, a tratti, un po’ noioso perché un po’ troppo prevedibile.
Il tema della condivisione e della difesa dello spazio sociale, una sorta di centro sociale ante litteram, risulta sicuramente affascinante e interessante anche perché emerge l’importanza della condivisione della cultura oltre che del piacere dello stare insieme e del divertimento. Tuttavia, questa sorta di rifugio dalla società oppressiva può sembrare una sorta di fuga dalle contraddizioni della società capitalistica che comporta necessariamente la mancata messa in evidenza dei conflitti che la animano, in primo luogo quello tra capitale e lavoro. In tal modo, però viene anche meno la prospettiva di un suo superamento e questa utopistica soluzione di una realtà liberata ed autogestita all’interno della società capitalistica non può che essere sopraffatta.

Il film è comunque gradevole ed è animato da un’interessantissima colonna sonora che spazia tra le sonorità irlandesi e il jazz sfrenato degli anni Trenta. Consigliato, con la speranza che non sia l’ultimo film non documentario, come Loach aveva annunciato, perché altrimenti non potremo che sentire la mancanza di questo autore oggi purtroppo tra i pochi grandi esponenti di un cinema impegnato e militante. 

 

26/12/2014 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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