Banche europee in crisi

In tre Paesi fondatori dell’UE, che nel 2017 aprono le urne, banche sull’orlo del fallimento


Banche europee in crisi

FRANCOFORTE. La BCE cerca di tenere sotto controllo le azioni decisive delle banche italiane: non soltanto Montepaschi Siena, ma anche Popolare Vicenza e Veneto Banca, Carige e le altre banche che potrebbero chiedere l’aiuto pubblico per uscire dalla situazione critica e tentare di attivare il rilancio.

La decisione del governo italiano per salvare Montepaschi Siena cerca di intervenire nel prefallimento della banca più antica d’Italia.

Banche alle prese con contingenze difficili sono anche altre e il fondo da 20 miliardi stanziato dal governo sembra che basti come “paracadute” per

altri istituti di credito da tempo sotto la lente del controllo da parte di BCE: Popolare Etruria, Cassa di Risparmio di Cesena, Cassa di Risparmio di Chieti e Banca Marche, che messe sul mercato non hanno ancora conosciuto chi possa comprarle. Poi Veneto Banca e Popolare Vicentina, nelle mani del Fondo Quaestio, ma coinvolte dalla non semplice transizione della loro fusione. Infine Carige, non ancora in sicurezza.

Gli evidenti errori degli amministratori, alcuni dei quali risponderanno anche al giudice per le malefatte, portano con sé rischi elevati per i risparmiatori e per i lavoratori.

A Francoforte si analizzano anche banche tedesche e francesi. Il caso vuole che la turbolenza bancaria e della finanza “tossica” riguardi tre Paesi fondatori dell’UE che nel 2017 andranno al voto per le elezioni politiche: Francia e Germania hanno già fissato le date, l’Italia potrebbe aggiungersi presto.

La Deutsche Bank ha venduto la sua società di assicurazioni inglese Abbey Life Assurance Co. a Phoenix Group per 935 milioni di sterline, circa 1,09 miliardi di euro. Deutsche Bank aveva acquistato Abbey Life una decina di anni fa per 1 miliardo di sterline. La cessione faceva parte del piano di ristrutturazione del colosso bancario tedesco. E’ stato accertato che Abbey Life, secondo quanto ha anche scritto il Financial Times, gestiva contratti nel 2000 (da allora la società non ha più pubblicato alcun bilancio) per 12 miliardi di sterline. A conti fatti questa non è stata una vendita, ma una svendita tipo saldo di fine stagione. Deutsche Bank deve far cassa, racimolare il più possibile, per salvarsi. Oltre ai timori per un fallimentare maxi aumento di capitale da parte di Deutsche Bank (come successo in Italia a MPS) pesano sul mercato le voci riguardanti la Commerzbank, indiscrezioni riportate anche dal quotidiano Handelsblatt che cita fonti anonime del settore finanziario, sul taglio di 9.000 posti di lavoro nei prossimi mesi e nessun dividendo per il 2016. Il titolo è in calo del 2,85% alla Borsa di Francoforte. A detta degli analisti di Equinet, la riduzione significherebbe la perdita di circa 5.000 posti di lavoro in più. Se le banche tedesche vanno male la responsabilità è dei derivati, della leva finanziaria, ma anche delle elevate sofferenze.

Sui mercati finanziari c’è anche la “variabile” Trump, nuovo presidente USA. A Francoforte gira la domanda:  cosa hanno Trump e le maggiori banche tedesche in comune? Qualche analista ha già la risposta: entrambi sono corrotti e una minaccia per la democrazia.

Sappiamo che aziende tedesche, - Bayer, Siemens, Allianz e alcune grandi banche - non hanno mancato di sostenere Trump con milioni di dollari nell’ultima e recente campagna elettorale statunitense. Molte critiche da Bernd Riexinger, politico di Sinistra, che ha sottolineato come “non possiamo ignorare che Trump e il populismo di destra in Europa hanno il supporto dalle élite. La democrazia è in una profonda crisi. In quasi tutti i Paesi la concentrazione della ricchezza e della proprietà nelle mani di una classe di super-ricchi è in aumento. E il potere economico è il potere politico”. 

Anche qui a Francoforte Die Linke è sinonimo di buon lavoro, partito che auspica una vita migliore per tutti. E’ necessario rovesciare chi detiene il potere economico e ridistribuire la ricchezza. In altre parole occorre lottare contro il razzismo e il “destra-adescamento”, per una società dove gli immigrati siano socialmente inseriti nel lavoro e nella società con la stessa dignità che spetta a ogni essere umano, dovunque.

Ritornando al sistema bancario tossico in Germania (ma il ragionamento può estendersi in Francia e in Italia), si può affermare che Deutsche Bank è in seri guai e i dubbi sulle sue condizioni finanziarie hanno spinto diversi fondi speculativi a ritirare i loro investimenti, con conseguenti consistenti perdite in Borsa.

Il ritiro degli investimenti ha contribuito a far perdere quasi il 7 per cento al valore delle azioni di Deutsche Bank anche a Wall Street, mentre alla Borsa di Francoforte il titolo della banca continua a subire perdite, seppure più contenute. Ci si trova in uno stagno. La situazione per Deutsche Bank è peggiorata da metà settembre, quando il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti le ha imposto una multa da 14 miliardi di dollari, con l’accusa di avere venduto titoli garantiti da mutui ipotecari in modo fraudolento. Questi contenziosi risalgono al periodo delle speculazioni finanziarie che portarono alla crisi del 2008 a partire dagli USA. Secondo gli analisti, Deutsche Bank non potrà permettersi nessun accordo oltre i 6 miliardi di dollari. Per cifre più alte, considerati gli altri problemi finanziari, Deutsche Bank dovrebbe chiedere nuovi investimenti o chiedere il salvataggio da parte del governo tedesco.

Azionisti e investitori non sembrano essere ottimisti, il titolo in Borsa ha perso il 53% del suo valore da inizio anno, riducendo quindi il valore di mercato della banca. Deutsche Bank è però essenziale per la stabilità dei mercati in Europa, sia perché: ha attività di vario tipo per un valore stimato intorno a 1.800 miliardi di euro (quasi la metà dell’intera economia tedesca) e poi perché gestisce la principale banca di investimenti europea.

Deutsche Bank la nuova Lehman Brothers (la grande banca di investimenti statunitense che fallì nel settembre del 2008) ? Secondo qualche analista Deutsch Bank è un caso diverso: potrebbe farcela da sola a superare questa fase e avrebbe comunque il governo tedesco disposto ad andarle in soccorso, perché è troppo importante per l’economia tedesca. La Bundesbank da parte sua auspicherebbe che il rafforzamento dell’ESM portasse questa entità a diventare alternativa al FMI, così verrebbero trasferite competenze della Commissione Europea e della BCE, con la quale Berlino è spesso in disaccordo.

Passando il confine geografico e arrivando in Francia si può domandare come stanno le banche francesi. Qualcuno gira intorno al quesito e parte dal ruolo vantato dalla Francia nella creazione e nel successo iniziale dell’euro. Fu il presidente François Mitterrand che nel 1989 convinse il cancelliere Helmut Kohl a eseguire l’unione monetaria in cambio del sostegno francese per la riunificazione tedesca. In realtà, la Francia e la Germania, insieme con i Paesi Bassi, hanno drammatizzato il loro impegno in modo efficace aggregando il franco e il marco in un’unione monetaria che ha tenuto i tassi di cambio in una banda stretta, con l’annunciata nascita dell’euro nel 1999. Negli anni del boom, a metà della prima decade del 2000, la Francia ha quasi raggiunto la Germania come motore gemello di una crescita fiorente, di 17 nazioni dell’Eurozona.

Uno sguardo più profondo mostra che la Francia è non meno impantanata nella crisi economica, in cui i ruoli dei sistemi bancario e finanziario hanno determinato il peggioramento. Così la Francia si sta dirigendo verso una “Bastiglia economica”, più a lungo rimane su questa strada e più diventa possibile che il regime della zona Euro possa crollare, per responsabilità grande ascrivibile alle banche e alla loro politica.

31/12/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Guido Capizzi

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: