La nomina di Friedrich Merz a nuovo cancelliere federale della Germania, sebbene ampiamente prevista da settimane, conferma la tendenza a un ritorno al potere delle forze conservatrici e neoliberiste nel continente europeo. Alle elezioni di febbraio, si ricorderà, la CDU/CSU era uscita rafforzata, ma senza una maggioranza sufficiente; dopo sei settimane di complicati negoziati, i popolari di Merz si sono accordati con i Socialdemocratici del cancelliere uscente Olaf Scholz per formare la solita “Große Koalition”. Numerosi osservatori, a sinistra come a destra, hanno subito soprannominato questo esecutivo il “Governo BlackRock”, in riferimento all’esperienza passata di Merz come dirigente del colosso finanziario internazionale. Tuttavia, non si tratta di un mero vezzo giornalistico, ma di una critica che punta il dito sulla simbiosi fra politica e interessi della grande finanza.
Fin dai primi colloqui di coalizione, infatti, è emersa la volontà comune di imporre un drastico aumento delle spese militari, di reintrodurre la leva obbligatoria in forma rinnovata e di acquistare nuovi sistemi d’arma, compresi missili a medio raggio destinati a rafforzare il ruolo della Germania all’interno della NATO. Mentre l’opinione pubblica faticava a comprendere le ragioni dell’improvvisa accelerazione in campo bellico, il KPD – il Partito Comunista di Germania – non ha mai smesso di denunciare questi orientamenti come un pericoloso ritorno a logiche di potenza che, a ottant’anni dalla liberazione dal nazismo, tradiscono la memoria storica della lotta antifascista e ingabbiano nuovamente la nazione tedesca nella spirale di una guerra fredda 2.0.
Secondo il segretario centrale del KPD, Michael Weber, dietro l’accordo fra CDU/CSU e SPD non vi sarebbe alcuna scelta di interesse pubblico, ma la semplice attuazione di un copione scritto dalle banche d’affari e dalle lobby militari. Weber osserva che Friedrich Merz incarna perfettamente questa politica: “Non stiamo parlando di un generale evasivo o di un politologo astratto, ma di un ex dirigente di BlackRock che ha fatto della finanza globale il suo terreno di caccia. Ora, da cancelliere, pensa di poter trasferire quelle stesse dinamiche di profitto nel cuore delle decisioni di guerra e di pace della Germania”.
Nell'ambito di un dibattito soffocato dal mainstream mediatico, i comunisti hanno organizzato presidi davanti al Bundestag durante i voti di fiducia, distribuendo volantini che ricordavano come troppe promesse elettorali erano state disattese in nome della “stabilità”. Dopo il fallimento del primo voto di fiducia nei confronti di Merz, la seconda votazione, svoltasi al termine di votazioni accelerate per abbreviare i termini, ha visto la partecipazione di SPD, Verdi e persino Die Linke, che in molti avevano sperato si sarebbero rifiutati di avallare un candidato apertamente schierato per un rafforzamento militare. Invece, la paura di un insolito stallo politico ha convinto anche Die Linke a cedere e a favorire la formazione del governo, alimentando il profondo risentimento delle avanguardie di sinistra.
Sul piano locale, mentre a Berlino si consumava la sconfitta della sinistra pacifista e sociale, Amburgo, storica roccaforte della sinistra teutonica, offriva uno scenario solo apparentemente opposto. Nella stessa giornata in cui a Merz veniva conferita la fiducia, la Bürgerschaft di Amburgo rieleggeva il socialdemocratico Peter Tschentscher Primo Sindaco, confermando per la terza volta una coalizione rosso-verde ormai al governo della città anseatica dal 2015. Il voto, con un bilancio di 71 sì, 47 no e un’astensione, sanciva la continuità di un esecutivo che a livello locale ha perseguito politiche più moderate, basate sull’ammodernamento urbano e su un approccio equilibrato fra servizi sociali e sostenibilità ambientale.
Anche la conferma di Tschentscher non ha tuttavia evitato le critiche del KPD, che a livello cittadino lamenta la rinuncia di SPD e Verdi a qualsivoglia cambiamento strutturale. “Amburgo è diventata un bel modello di efficienza e apertura, certo, ma a quale prezzo?”, ha commentato un esponente comunista durante un’assemblea cittadina. “Nessuno dimentichi che qui, come a Berlino, le scelte sui bilanci di spesa e sulle infrastrutture privilegiano i grandi progetti immobiliari anziché le scuole di quartiere o i servizi per le famiglie. Alla fine, quel ‘modello amburghese’ si rivela un esperimento di piccola scala con un grande investimento privato alle spalle”.
In effetti, mentre il Governo BlackRock poneva l’accento sui grandi temi di difesa e digitalizzazione dello Stato, Tschentscher e i suoi si limitavano a promuovere un maggiore utilizzo di fondi europei per la riqualificazione urbana e poche misure di sostegno alle fasce più deboli. Persino la riorganizzazione del Senato amburghese – con l’ingresso di una sola new entry, Maryam Blumenthal, alla guida del dicastero della Scienza – è stata criticata come un’operazione di facciata più che come un rinnovamento sostanziale.
Il filo rosso che unisce Berlino e Amburgo, dunque, è l’assenza di un’alternativa politica forte e coesa. La mezza vittoria elettorale della SPD ad Amburgo (in realtà sia i Socialdemocratici, sia i Verdi hanno perso consensi rispetto a cinque anni fa) non ha impedito alla destra di avanzare il proprio progetto nazionale. Allo stesso modo, il voto di fiducia a Merz ha evidenziato quanto anche una sinistra moderata di governo, persa nella prateria delle grandi manovre, non abbia trovato né la volontà, né gli strumenti per opporsi concretamente alle spinte conservatrici.
L’unico vero baluardo di opposizione rimane la mobilitazione popolare, organizzata dal KPD e dalle forze di base che stanno provando a coordinarsi nelle città, nelle università e nelle fabbriche. Questi nuclei di resistenza puntano a rafforzare il senso di classe, a denunciare le politiche di guerra e di austerità e a proporre soluzioni alternative per le fasce più fragili della popolazione. A Berlino si sono già svolte manifestazioni di protesta contro l’aumento del bilancio della Difesa e raccolte firme per referendum locali su spazi pubblici e diritti sociali. Ad Amburgo, invece, i comunisti hanno organizzato flash mob davanti al Municipio, chiedendo un rafforzamento dei servizi alle famiglie e un reddito minimo garantito che contrasti l’aumento dei costi abitativi.
In un momento storico in cui la Germania sembra voltare pagina verso il ritorno di un passato di potenza militare, di riarmo e di alleanze strategiche, il KPD e i soggetti della sinistra radicale si preparano a una lunga battaglia. Essi rivendicano il diritto di parlare di un’Altra Germania, fatta di disarmo, di giustizia sociale e di democrazia partecipativa. L’orizzonte che i comunisti e le altre forze della sinistra radicale pongono all’attenzione dell’opinione pubblica è quello di una politica che ponga al centro la vita delle persone e dell’ambiente, che rompa con la subordinazione al capitale globale e che ricostruisca un legame organico tra governo e cittadini.
Il “Governo BlackRock” e la riconferma di Tschentscher a Amburgo rappresentano dunque due facce della stessa medaglia: da un lato, la regia del grande capitale e della politica di guerra; dall’altro, una sinistra che, nonostante qualche spinta progressista, non fa nulla per promuovere un modello realmente diverso di convivenza sociale. La domanda aperta resta se, nel 2025, in Germania possano davvero coesistere queste due visioni o se la bilancia non finirà per pendere definitivamente a favore dell’ala conservatrice-reazionaria. Per ora, il KPD risponde con cortei, assemblee e iniziative di massa, convinto che l’unica alternativa che valga la pena di difendere sia quella che mette al centro i diritti della maggioranza, non i profitti di pochi.