Cgil, una crisi sempre più profonda

I plurimi attacchi del governo Renzi al mondo del lavoro approfondiscono una lacerante crisi del sindacato, in particolare della Cgil, e del movimento operaio in Italia. Ma oggi più che mai si avverte l’esigenza di ricostruire un sindacato autonomo, di massa, democratico e di classe.


Cgil, una crisi sempre più profonda

I plurimi attacchi del governo Renzi al mondo del lavoro approfondiscono una lacerante crisi del sindacato, in particolare della Cgil, e del movimento operaio in Italia. Ma oggi più che mai si avverte l’esigenza di ricostruire un sindacato autonomo, di massa, democratico e di classe.

di Nando Simeone

Lo stravolgimento dello Statuto dei Lavoratori, l’avvento del Jobs Act, la cancellazione dell’articolo 18 e l’applicazione dell’accordo del 10 di gennaio, chiudono un ciclo storico di “fare sindacato” basato sulla centralità del lavoratore “garantito”, con una minoranza di lavoratori precari e senza diritti che, comunque, dopo un periodo più o meno travagliato, arrivava alla piena stabilizzazione; questo processo subirà una netta inversione di tendenza e nel breve e medio periodo avremo una composizione di classe esattamente a parti invertite.

Siamo di fronte ad una sconfitta storica che spingerà il maggior sindacato italiano, la Cgil, verso un modello sindacale corporativo ed aziendalista, modello già in parte praticato dalla CISL. Solo la ripresa di un nuovo ciclo di lotte potrà arrestare questo lento e graduale processo degenerativo del sindacato.

Le lotte e le vertenze sono tantissime, la quasi totalità sono di natura difensiva, cioè di risposta all’attacco della controparte padronale. Altra caratteristica di queste lotte è la sua natura fortemente parcellizzata e frammentata, mentre molte di esse entrano in conflitto con la dirigenza burocratica del sindacato, se non addirittura sviluppandosi in alternativa ad essa. La difficoltà è duplice in quanto si intrecciano due assenze: quella di un sindacato degno di questo nome e quello di una forza politica di una sinistra di classe con un’influenza di massa che abbiano la capacità e la credibilità di unificare le tante lotte disperse e frammentate. Questa duplice assenza è anche il motivo per cui, nel nostro Paese, da troppo tempo manca un movimento di massa generale di opposizione alle politiche di austerity.

Se guardiamo ad uno dei movimenti di massa più profondo degli ultimi 20 anni - parliamo della straordinaria lotta dei lavoratori della scuola contro la cosiddetta buona scuola del Governo Renzi - viene confermata ancora una volta la natura contraddittoria della burocrazia sindacale, in particolare quella della Cgil, con un grande ruolo nella promozione e tenuta della lotta e contemporaneamente rinuncia a generalizzarla, proprio in un settore come la scuola che strutturalmente ha delle caratteristiche “generali” , docenti, lavoratori non docenti, studenti, genitori insieme rappresentano un settore importante della società, capace di esercitare una egemonia nel complesso della società tutta. Perché questo? Abbiamo detto della natura contraddittoria della burocrazia che promuove e gestisce le lotte per mantenere un controllo sui lavoratori e, contemporaneamente, non spinge oltre perché il suo partito di riferimento, il PD, è al governo.

Sia pure con molte contraddizioni, il gruppo dirigente della Cgil mantiene rapporti stabili con il PD avendo come riferimento politico la sua sinistra interna. Le schermaglie tra Renzi e la Camusso si sono prodotte più su un terreno “televisivo e giornalistico” che in una reale rottura politica, i legami tra i dirigenti Cgil e i dirigenti del PD, sopratutto sul piano locale, non hanno subito nessuna incrinatura, prova ne siano le numerose candidature dei dirigenti Cgil nelle recenti elezioni regionali.

L’esempio più eclatante è il rapporto tra la dirigenza Cgil e il PD romano dove nemmeno dopo la seconda puntata di Mafia Capitale e i provvedimenti anti-operai che questa amministrazione ha portato avanti contro i circa 23 mila lavoratori del Comune e delle aziende partecipate, circa 29 mila lavoratori, ha provato a sviluppare una mobilitazione incisiva. Esistono ancora oggi le condizioni per poter unificare le lotte dei lavoratori del Comune con quelle delle aziende comunali per non parlare delle tante vertenze negli appalti, ma questa strategia produrrebbe sicuramente la caduta della Giunta Marino, già fortemente delegittimata non solo per le sue politiche antipopolari ma anche per il vergognoso scandalo di Mafia Capitale. Evidentemente una scelta di questo tipo non è nel DNA dell’attuale gruppo dirigente del sindacato. Meglio non disturbare il manovratore e lasciare sole le tante vertenze ed accompagnare i processi di ristrutturazione. Questa pratica, alla fine, finisce per minare alla base la stessa forza del sindacato e, in ultima analisi, ne approfondisce la crisi.

Perché allora costruire una corrente classista all’interno di sindacato così burocratico? Innanzitutto c’è una questione politica di fondo, il sindacato di massa è oggettivamente l’espressione della forza collettiva della classe, nei momenti di pace sociale, di fronte ai padroni. Quando oggi si dice che nei Paesi capitalistici avanzati gli apparati sindacali tendono a divenire delle istituzioni “sindacato dei servizi” che servono unicamente a risolvere problemi di pensione e di assegni familiari ecc. ecc., questa constatazione è, in larga misura, oggettivamente esatta. Ma non si deve dimenticare che se questo apparato sindacale non esistesse affatto i lavoratori sarebbero condannati a cercare di risolvere i problemi in modo individuale; il rapporto di forza sarebbe infinitamente più sfavorevole. La funzione degli apparati sindacali è, in ultima analisi, di portare nel confronto con la controparte tutto il peso della forza collettiva della classe lavoratrice e di modificarne l’esito in modo decisivo.

Nello stesso tempo affermiamo con chiarezza che vi è la necessità di costruire quel sindacato di classe e di massa, fondato su basi democratiche, che oggi non esiste e che non sarà un processo di breve periodo o che si possa costruire dal semplice assemblaggio dei gruppi dirigenti del sindacalismo di base e della sinistra CGIL.

Anche per questi motivi è importante avere una area programmatica di classe in CGIL. È una priorità politica e sindacale creare un’area organizzata attraverso una rete di delegati e delegate per provare a modificare i rapporti di forza nei luoghi di lavoro che, in ultima analisi, sono i soli che modificano i rapporti di forza complessivi tra le classi. Occorre perciò un nuovo sindacato di classe democratico e di massa.

Questo deve essere l’orientamento strategico per qualsiasi forza politica della sinistra di classe in questa fase storica, dove si avverte fortissima la pratica di una politica consapevole di ricostruzione della coscienza e della necessità di una organizzazione sindacale di massa, autonoma, democratica e classista.

Sicuramente i punti da cui partire, senza produrre forzature, sono i sindacati di base e l’opposizione di sinistra in Cgil ma occorre anche, e soprattutto, un nuovo protagonismo della classe lavoratrice. Gli steccati si possono superare e le ricomposizioni produrre solo di fronte a grandi avvenimenti e mobilitazioni di massa che spingono tutti i protagonisti a ripensare posizioni politiche e forme organizzative e che possono permettere l’emergere delle strutture di autorganizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Non possiamo prevedere quando e come analoghe potenzialità si produrranno. Sarà la concreta dinamica della lotta di classe a produrre le ricomposizioni, come nel 1968-69, e una nuova fase di autoorganizzazione di massa, come nel 1992-93. Possiamo però lavorare per favorire al massimo la costruzione delle resistenze sociali e rafforzare tutte le iniziative critiche e di opposizione contro le scelte dei gruppi dirigenti confederali, sia dentro la CGIL, costruendo e rafforzando l’ area di opposizione al suo interno, le sue iniziative e quelle unitarie di tutte le sinistre, sia fuori di essa, spingendo verso la convergenza e, laddove possibile, anche a un forte livello di unità d’azione dei e coi sindacati di base. La presenza e il lavoro nelle strutture della CGIL resta ineludibile e si basa sul fatto che essa raccoglie ampi settori di lavoratori con cui è necessario interloquire, lottare insieme, se possibile, e costruire un’ unità di intenti con i quadri più critici e maturi, consapevoli delle necessità di dare risposte adeguate alle esigenze dei lavoratori.

Rimane centrale la costruzione dell’area classista , Il Sindacato è un’altra Cosa-Opposizione CGIL, basata sulla centralità dei delegati, per riunificare le lotte e costruire l’unità con tutto il sindacalismo conflittuale e di base e con i movimenti sociali, per promuovere lotte e mobilitazioni di resistenza contro le politiche di austerità; è il compito prioritario su cui impegnarsi nel prossimo periodo.

21/06/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Nando Simeone

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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