L’ultima Metamorfosi di Proteo

I fondi europei per la ripresa post Covid-19 sono destinati quasi esclusivamente a creare un ambiente favorevole all’aumento dei profitti. Ne fanno la spesa i contratti nazionali di lavoro, il lavoro stabile, la legalità e il carattere dell’istruzione pubblica.


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L’ultima metamorfosi di Proteo: il modello della sostenibilità e dell’innovazione nell’accelerazione del “Programma Nazionale di Riforma” (6 luglio 2020) e del “Next Generation EU” (17 - 21 luglio 2020)

Proteo, il primo figlio di Poseidone, cambiava aspetto a seconda delle circostanze. A Proteo assomiglia il capitalismo, grazie alla sua capacità di adattamento nel superare le (proprie) crisi con le quali ha dovuto convivere nel corso della sua plurisecolare esistenza.

E non era ancora uscito, almeno in Europa, dall’ultima fase acuta (iniziata nel 2007 - 2008) della sua crisi pluridecennale, allorché un evento inusitato, la pandemia da coronavirus, ha accelerato i processi in corso, le metamorfosi già avviate, e reso indispensabili, in un arco di tempo assai breve, precise risposte.

Con il presente lavoro ho cercato di descrivere non solo l’accelerazione dei rivoluzionamenti (in corso almeno da due decenni) dei processi produttivi della quarta industrializzazione, ma anche il complesso, contraddittorio processo di transizione (in corso anch’esso da tempo) del movimento di parte del capitale, nelle sue varie forme, verso catene di valore e aree di accumulazione nuove e più fruttuose.

La transizione è guidata da pochi grandi player privati (e, in misura minore, pubblici) che, pur non disdegnando affatto i benefici della “vecchia economia”, si sono avviati su percorsi innovativi.
Le transizioni, come è ripetuto in forma quasi compulsiva in tutti i documenti ufficiali e nel dibattito pubblico, sono quelle verso un’economia verde e circolare e verso il digitale e la digitalizzazione (le transizioni green e digitale).

Gli Stati e i governi, nella fase del capitalismo monopolistico di Stato, divenuti da un secolo, sia pure in forma e intensità diverse, elementi strutturali a difesa dell’accumulazione, hanno assunto e svolgono negli ultimi anni un ruolo protagonista, accentuato dopo l’ultima crisi ante Covid e dilatato nel tempo della pandemia.

Altrettale è il processo delle istituzioni UE, poste in posizione sempre più sovraordinata. Gli Stati e l’UE hanno centralizzato e organizzato la gigantesca opera di socializzazione delle perdite delle imprese di tutte le dimensioni cui abbiamo assistito negli scorsi mesi, e che hanno realizzato attraverso una rapidissima dilatazione del debito pubblico (politica vituperata nei tre decenni precedenti). La socializzazione delle perdite si è concretizzata in forme molteplici quali l’erogazione di sussidi, elargizioni a fondo perduto, ricapitalizzazioni, detassazioni, sconti, abbuoni fiscali, incentivi, etc.

Lo Stato, ai tempi del coronavirus, accelera la sua rimodulazione e la riduzione dei suoi costi, divenendo al contempo un grande mercato di sbocco di tecnologie digitali, foriere di espulsioni dal lavoro di un gran numero di lavoratori pubblici (al pari di quel che avviene nel settore privato). Una rimodulazione che vede lo Stato trasformarsi in agile, efficiente asse portante dell’ordinamento economico vigente, attraverso la velocizzazione e l’”efficientamento”, ormai privo di garanzie per gli utenti, delle procedure pubbliche, in primis della “giustizia” destinata alla miglior possibile tutela della certezza dei contratti (come noto, esigenza originaria del capitalismo).

Questo cambiamento, che ha un prezzo elevato in termini di libertà pubbliche e private e di democrazia, è favorito e accelerato, nel tempo del Covid, dall’enorme dispiegamento di risorse pubbliche dei Piani comunitari e nazionali quali il Recovery Fund, il Programma Nazionale di Riforma e il Recovery Plan.

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14/09/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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