La fine del diritto di sciopero

La storia recente della costante erosione dei diritti dei lavoratori.


La fine del diritto di sciopero

Ripercorriamo i passaggi fondamentali della storia recente che hanno determinato la costante erosione dei diritti dei lavoratori riequilibrando i rapporti di forza a vantaggio del capitale. Fine ultimo di questo processo è l’abolizione del diritto di sciopero.

di Federico Giusti*

Premessa. Dall'attacco al diritto di sciopero alla legge sulla rappresentanza che cancella la democrazia nei luoghi di lavoro.

Da 30 anni a questa parte, quelli che sommariamente venivano definiti diritti sindacali sono stati ridotti ai minimi termini perchè quei diritti erano in realtà conquiste, risultato di rapporti di forza e di quel conflitto che il lavoro aveva intrapreso per decenni contro il capitale.

La prima ondata delle privatizzazioni ha attaccato il diritto di sciopero con il decreto legge 146 e i cosiddetti servizi pubblici essenziali (ospedali, trasporti, ecc.), impedendo di fatto lo sciopero in alcuni periodi dell'anno. La seconda ondata delle privatizzazioni (meglio nota come spending review) e la crisi dell'accumulazione hanno determinato il passaggio alla modifica delle regole della rappresentanza, con l'infame protocollo di inizio 2014 che sancisce la fine di ogni residua democrazia sindacale.

La 146 e la 83\2000

Nei servizi pubblici essenziali, la legge 146 prima, e la 83/2000 dopo, richiedono un preavviso minimo di 10 giorni, ma la stessa legittimazione ad effettuare lo sciopero viene di solito determinata caso per caso, con riferimento ai motivi e alla conduzione dello stesso, il che vanifica la stessa libertà sindacale pena l'intervento della commissione antisciopero nazionale (chiamiamola con il suo nome una volta tanto) che puo' erogare sanzioni pecuniare a carico della organizzazione sindacale e dei singoli scioperanti.

Il diritto del singolo delegato rsu affermato dalla magistratura e negato dalla contrattazione nazionale

Il diritto di indire assemblee rientra tra le prerogative sia della Rsu collegialmente intesa, sia di ciascun suo componente. Lo dice la Cassazione con la sentenza 7 luglio 2014, n. 15437 che assegna il diritto di indire assemblee non solo alla Rsu collegialmente intesa, ma anche a ciascun suo componente, dando tale opportunità anche ad una organizzazione sindacale non firmataria del ccnl applicato in azienda. Questa sentenza permette ad un delegato cobas di indire un’assemblea in orario di lavoro, ma attenzione: aziende e sindacati stanno già correndo ai ripari. Infatti, alcuni contratti nazionali sottoscritti da cgil cisl uil vanificano questo diritto stabilendo l’impossibilità del delegato sindacale eletto in una loro lista a passare ad altra organizzazione sindacale, pena la decadenza dalla rsu, e ribadiscono il diritto di assemblea come prerogativa della rsu nel suo complesso.

Facciamo chiarezza

Allora avete capito come stanno le cose?

Il sindacato rappresentativo ha appoggiato la limitazione del diritto di sciopero per impedire che 25 anni fa prendessero corpo le istanze del sindacato di base. Cgil Cisl Uil hanno prima approvato un codice di autoregolamentazione, poi i loro tecnici hanno scritto con i vari governi le normative, e del resto quelli che un tempo erano i tecnici di parte sindacale sono diventati ministri e sottosegretari e i casi di Ichino, Treu sono solo gli esempi piu' noti.

Il sindacato rappresentativo ha sempre approvato normative che ledono il diritto di sciopero e dettano regole sulla rappresentanza che cancellano il diritto al dissenso.

Un salto di qualità: la fine di ogni diritto dei lavoratori

Ora si va verso una nuova fase che sancisce l'ulteriore riduzione degli esigui spazi di democrazia. Per capirlo basta leggere gli articoli di Pietro Ichino che poi ribadisce quanto ha già scritto oltre un decennio fa, con la differenza che ora esiste un governo che ha deciso di applicare le sue ricette alla lettera.

Citiamo testualmente Ichino (http://www.pietroichino.it/?p=37206): “spostare il baricentro della contrattazione collettiva verso la periferia presuppone che il sistema si doti di un criterio semplice e applicabile in modo universale di selezione dell’agente contrattuale al livello aziendale, ed eventualmente anche regionale.”

Che vuol dire? Semplicemente che il modello nuovo della contrattazione si sposterà sempre piu' verso il livello aziendale con una lunga serie di deroghe che andranno a vanificare il contratto nazionale determinando condizioni sempre peggiori per la forza lavoro. Il modello Fiat diventa il pilastro su cui costruire le nuove relazioni sindacali con le deroghe ai contratti nazionali e con relazioni costruite solo con le organizzazioni che accetteranno tout cort il sistema ricattatorio padronale, che si muoveranno solo compatibilmente con i loro interessi.

Con gli accordi interconfederali 2011, 2013 e 2014 Confindustria e sindacati confederali hanno compiuto un passo avanti importante su questo terreno, ma il criterio che hanno adottato, fondato sulla combinazione del dato elettorale con quello delle iscrizioni, è attualmente bloccato dall’impossibilità di ottenere quest’ultimo dato dalla maggioranza delle imprese.

Il modello Marchionne ha fatto scuola e ben presto, depurato di alcuni contenuti ideologici, farà da modello per la contrattazione futura.

Ichino, e la lobby democratica di cui è espressione, stanno lanciando un monito anche allo stesso sindacato rappresentativo perchè accetti lo stravolgimento delle prerogative sindacali, pena una legge sulla rappresentanza che non sia cucita su misura per cgil cisl uil, ma lasci spazio anche a modelli sindacali strutturati su macro-regioni che rispondano direttamente ai poteri economici dominanti.

Da qui nascono i continui arretramenti, l’assenza di opposizione, di scioperi, di mobilitazione, non solo verso il testo unico sulla rappresentanza ma contro le riforme della pubblica amministrazione e la cancellazione del diritto inalienabile alla salute sancito dalla riforma Lorenzin e dalle leggi regionali che verranno a ruota.

Per il sindacato non resta che la strada del conflitto, visto che anche il modello concertativo sta ormai troppo stretto al governo che vuole libertà assoluta di licenziare e sfruttare senza alcuna regola alcuna da rispettare.

Ancora una volta il diritto di sciopero è lo spartiacque invalicabile se vogliamo conservare uno strumento di difesa dei lavoratori e delle lavoratrici, strumento che non sarà certamente preservato se continueremo a muoverci nell'alveo delle compatibilità capitalistiche o del fiscal compact.

*cobaspisa.it

Foto:

Spi Cgil Sciopero Regionale E-R 16 ott 2014

CC creativecommons.org/licenses/by/2.0/ su: /www.flickr.com/photos/51572740@N07/15588971141/

03/10/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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