Per un equo sistema di tassazione che salvaguardi salari e welfare

L’equità si raggiunge ripristinando la progressività delle imposte, tassando i grandi capitali e con un'adeguata indicizzazione dei salari, non con la tassa piatta


Per un equo sistema di tassazione che salvaguardi salari e welfare

Che cosa è l' Irpef?

Un'imposta sul reddito delle persone fisiche legata al possesso di alcuni redditi: fondiari (fabbricati e terreni), di capitale, di lavoro dipendente (inclusi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di pensione), delle libere professioni e dello svolgimento di attività di impresa.

La progressività di questa tassazione dovrebbe essere il faro guida di ogni delega in materia fiscale.

Alcune spese (“oneri deducibili”) possono ridurre il reddito complessivo soggetto a tassazione, ad esempio i contributi previdenziali e assistenziali o le erogazioni in favore degli enti no profit che poi rientrano nel mecenatismo ipocrita e nella beneficenza interessata dei dominanti che guadagnano lustro e credibilità popolare da aiuti interessati funzionali a pagare meno tasse.

L'idea della tassa piatta (flat tax), oggi vigente per gli autonomi, per quanto possa essere declinata in varie modalità, rappresenta un vulnus del carattere progressivo della tassazione che rientrava per altro nei dettami costituzionali.

Anni di stravolgimento del sistema fiscale all'insegna della riduzione degli scaglioni hanno costruito un paese con crescenti disuguaglianze, acuite anche dalla detassazione dei premi di secondo livello, dagli sgravi e aiuti alle imprese, favori di classe terminati con l'odierna riduzione del cuneo fiscale che favorisce soprattutto le parti datoriali.

Da tempo il sistema fiscale è stato costruito su modelli che penalizzano il lavoro dipendente. Già nel 2021 la base imponibile era costituita per oltre l’85 per cento da redditi di questi lavoratori e dalle pensioni.

Aggredire i grandi capitali economici e finanziari è diventato un tabù nell'epoca neoliberista e le conseguenze sono percepibili nella canea mediatica attorno alla riduzione del cuneo fiscale che ormai accomuna partiti di destre, di centro e di cosiddetta sinistra, datori e sindacati.

Lo abbiamo detto e scritto in tante occasioni, il recupero del potere d'acquisto si ottiene con aumenti sensibili degli stipendi e con meccanismi stabili che leghino il costo del lavoro al costo della vita. Per anni hanno eroso il potere d'acquisto di salari e pensioni attraverso contratti nazionali siglati al ribasso, vuoi per le esose e indecorose piattaforme sindacali vuoi per i meccanismi sanciti dal codice Ipca che con l'aumento delle tariffe energetiche ha palesato la propria inadeguatezza.

Si è detto che la scala mobile, collegando i salari al costo della vita, avrebbe rappresentato un insormontabile problema ai conti pubblici, oggi capiamo che avere inserito il pareggio di bilancio in Costituzione ha non solo impoverito il welfare e i servizi pubblici ma la quota di ricchezza prodotta si è indirizzata verso i capitali a discapito dei salari e del welfare.

Lavoro autonomo, imprese, fabbricati, fondi agricoli e capitale costituiscono solo il 15 per cento della base Irpef. È evidente che questa situazione fotografi una disparità di trattamento assai pericolosa per la tenuta sociale di un paese nel quale crescono le disuguaglianze. Ma la risposta dei Governi via via succedutisi è stata all'insegna della criminalizzazione e repressione del dissenso e del conflitto o deviando l'attenzione generale verso falsi problemi sui quali è costruita anche l'egemonia dei dominanti (ad esempio le problematiche legate all'immigrazione).

Un sistema fiscale credibile dovrebbe prendere atto di questa situazione e non accanirsi sull'idea che pagare meno tasse sia la soluzione del problema. E qui entra in gioco anche il nero, l'evasione fiscale assai più diffusa in Italia che in ogni altro paese europeo. Su 41,5 milioni di contribuenti (i dati sono reperibili sul sito de La Voce.info), 17,7 milioni dichiarano un reddito inferiore a 15 mila euro e pagano in media meno di mille euro di imposta all’anno.

L'imposta viene quindi pagata da lavoratori dipendenti e pensionati in misura assai maggiore di altri. Questo è uno degli annosi problemi mai affrontati nel corso degli anni.

Ripristinare allora gli scaglioni di un tempo ci restituirebbe un sistema fiscale equo e progressivo senza dimenticare la soluzione dell'annoso problema che a pagare le tasse sono soprattutto quanti non hanno scappatoie come appunto pensionati e dipendenti mentre invece chi oggi possiede capitali, fondi e immobili continua ad avere, inspiegabilmente, un trattamento privilegiato fuori per altro da ogni logica contabile.

E qui entrano in gioco detrazioni e deduzioni delle quali beneficiano soprattutto i redditi elevati i quali, alla fine, raggiungono il risultato sperato, quello di pagare meno tasse.

La questione fiscale in Italia si affronta tenendo insieme tutti i vari elementi ossia gli scaglioni fiscali (da accrescere nel nome della progressività ed equità delle imposte), il welfare, la tassazione dei grandi capitali, il recupero del potere di acquisto collegando salari al costo reale della vita e affermando un principio di fondo non discriminatorio come è invece la tassa piatta che favorisce gli autonomi a discapito dei lavoratori dipendenti.

12/05/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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