Governo in affanno

Il governo Meloni al giro di boa appare in affanno e non capace di rilanciare la sua egemonia anzi è sempre più vicino il momento del passaggio verso un governo della coercizione.


Governo in affanno Credits: EU//Christophe Licoppe

Il governo Meloni sta lentamente calando la maschera e giunto ormai al secondo giro di boa, inizia a svelare il suo vero volto di governo antipopolare. La proposta di legge finanziaria di quest’anno è partita da posizioni di attacco pesantissimo al salario sociale e non poteva essere diversamente visto che l’attuale governo, in barba a tutte le dichiarazioni antieuropeiste dei tempi passati, una volta giunto al potere ha pienamente accettato il nuovo patto di stabilità che prevede il rispetto dei parametri di “spesa netta” e cioè, in soldoni, il taglio di oltre dodici miliardi di euro ai ministeri. Tagli lineari che faranno fuori fette consistenti di salario indiretto con ricadute negative e inevitabili sui principali comparti a partire dalla sanità, dove si sono registrate già alcune prime importanti manifestazioni di protesta. Altri settori hanno manifestato in questo autunno -fin troppo caldo nel termometro ma freddo nel conflitto-  come la scuola e la funzione pubblica dove è avvenuto un altro strappo significativo sulla firma della preintesa contrattuale. Al tavolo dell’ARAN infatti la CISL insieme ad altri sindacati corporativi hanno rotto gli accordi con CGIL e UIL firmando la preintesa e difatti sottoscrivendo clamorosamente un contratto a ribasso che non tiene conto dell’inflazione reale. Sempre sul piano interno il governo meloniano registra un ulteriore scoppola sulla legge cosiddetta dell’autonomia differenziata da parte della corte costituzionale. Meritano di essere sottolineate, seppur classificabili solo come schermaglie, le frizioni tra il partito della famiglia berlusconi e la lega sul taglio del canone Rai registrando la prima ufficiale rottura della maggioranza.

Infine è da registrare il significativo sciopero generale dello scorso 29 Novembre, molto partecipato, contro il quale si è scagliato il governo in modo rabbioso con in testa il ministro Salvini.

Sul piano della politica estera, dopo la figuraccia dell'affaire Albania, il governo Meloni non pare distinguersi dai principali guerrafondai europei abbracciando, come annunciato nella riunione di Varsavia dei ministri degli esteri, l’avvio di un’economia di guerra. Tramontata la fase delle promesse e chiuso anche il breve ciclo di leggero contenimento dei prelievi, (n.b. l’anno scorso c’erano le elezioni europee) del primo anno di governo, le vele ormai sembrano dispiegate e la rotta ben delineata verso la nuova austerità.

L’assetto economico delineato dalla ciurma meloniana appare abbastanza chiaro:  austerità e tagli alla spesa pubblica al segno più del bilancio,   spesa militare al segno meno, nella speranza di ripartire con l’accumulazione di plusvalore. Diciamo che l’agenda Draghi entra in questo modo nei programmi di governo mostrando quanta poca discontinuità ci sia rispetto ai governi precedenti. Il brutto risultato della lega alle recenti elezioni regionali in Umbria ed Emilia Romagna testimonia la perdita di egemonia di questo partito la cui leadership è ormai completamente sputtanata:  persino la Fornero si fa beffa di Salvini nei talk in onda nel prime time. Le due forze della destra radicale al governo sembrano in rotta di collisione ma al momento gli interessi unitari prevalgono anche se i settori della piccola e media borghesia, i leghisti per capirci, spingono affinché si faccia finita con la guerra per riprendere la sana economia di scambio. 

Una carrellata di fatti che non significano certo crisi di governo, come alcuni si spingono a dire ma che testimoniano l’inizio di una fase in salita dove presumibilmente per portare avanti il proprio programma, antidemocratico e antipopolare, non basterà più l’inerzia di egemonia di cui ancora gode il partito della premier ma a questa forza d’inerzia bisognerà affiancare, sempre più prepotentemente, l’arma della coercizione.

29/11/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: EU//Christophe Licoppe

Condividi

Tags:

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: