Il movimento di emancipazione della donna fra socialismo e differenza

La lotta per l’eguaglianza a livello dei diritti civili, politici, economici e sociali è stata e resta decisiva. D’altra parte, in momenti e in fasi storiche di debolezza di chi si batte per l’emancipazione della donna, anche la rivendicazione della differenza può tornare, da un punto di vista tattico, utile. Mentre regressiva e controproducente appare sia l’astratta contrapposizione della differenza dei sessi, rispetto alle lotte per l’eguaglianza dei diritti, sia le tendenze a separare la lotta delle donne dal movimento per l’emancipazione dell’umanità.


Il movimento di emancipazione della donna fra socialismo e differenza

Il vantaggio, tattico, di essere considerate differenti

Il “femminismo cristiano è forse l’esempio più evidente dei travestimenti tattici che ha dovuto assumere la lotta per l’eguaglianza fra i sessi in contesti in cui i rapporti di forza non sono favorevoli alle forze che si battono per l’emancipazione. Come in altri casi, precedenti e futuri, il movimento per l’emancipazione della donna ha ottenuto nuova linfa all’interno del movimento di lotta per l’abolizione della schiavitù. Gli spazi che si sono aperti per lo sviluppo del movimento per l’emancipazione delle donne negli Stati uniti si collocano all’interno di alcune delle casematte decisive per la lotta per l’egemonia nella società civile come i salotti e i clubs. All’interno di tale movimento “democratico” cristiano si cercherà nella Bibbia la libertà delle donne e l’inesistenza nelle Scritture di qualcosa che possa giustificare la disuguaglianza tra uomini e donne. In tal contesto nel luglio del 1848 alcune centinaia di donne si riuniscono in una cappella per redigere la Dichiarazione dei sentimenti che contiene le stesse rivendicazioni di principio della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1791 di Olympe de Gouges: uomini e donne sono stati creati uguali, devono, perciò, godere degli stessi diritti, in particolare il diritto di voto, all’istruzione e al poter prendere parola pubblicamente. D’altra parte, l’ambiente ben differente rispetto alla Francia rivoluzionaria, in cui queste coraggiose donne sono costrette a lottare, non è privo di conseguenze e quindi l’appello a ciò che in comune hanno gli esseri umani si accompagna a una forte sottolineatura della maternità. In questo modo il femminismo cristiano tranquillizza i maschi cristianodemocratici. Nel movimento di emancipazione femminile statunitense si sottolinea l’importanza dell’istruzione, perché è ciò di cui le donne hanno bisogno all’interno della famiglia per svolgere nel modo migliore il proprio ruolo peculiare. Inoltre ciò gli apre la possibilità di diventare professioniste della cura alla persona prima all’interno del nucleo famigliare, ma potenzialmente anche al di là dell’ambito domestico. Così, però, le donne non sono mai riconosciute e rispettate come persone ma soltanto come mogli e madri. In tal modo emergono chiaramente i limiti di quella componente del femminismo che rivendica la differenza, ponendola in contrasto con la decisiva lotta per l’eguaglianza.

In ogni caso la Dichiarazione dei sentimenti è anch’essa influenzata dalla lotta laica per l’eguaglianza e dal movimento operaio, come si vede dalle rivendicazioni sviluppate per il diritto di voto, di accesso all’istruzione e alle professioni con un’equa retribuzione. Ci si può domandare se far leva sulla figura della madre sia stato utile o dannoso alla lotta per l’emancipazione della donna. Sicuramente l’assecondare concezioni dominanti nel senso comune ha reso meno difficile far passare l’idea che le donne hanno dei diritti. D’altra parte l’insistere sulla domesticità, l’attitudine alla cura, il proprio ruolo sociale come madre ha reso più facile il perpetuarsi della segregazione e della schiavitù domestica. Quando lo sviluppo delle forze produttive tenderà a privilegiare il lavoro maschile e le donne saranno confinate a occuparsi della riproduzione della forza lavoro, le prospettive che mettono in primo piano la differenza, piuttosto che l’eguaglianza, finiscono involontariamente per favorire tali perverse dinamiche sociali.

L’organizzazione e il lavoro come priorità

La lotta per l’emancipazione della donna sviluppatasi all’interno del movimento dei lavoratori salariati del XX secolo è caratterizzata da aperture e da rifiuti. Innanzitutto l’affermarsi del modo capitalistico di produzione ha dissolto il modo di produzione tradizionale patriarcale, costringendo le donne ad allontanarsi da casa e ad allentare i vincoli di parentela, dando impulso a dinamiche di emancipazione. D’altra parte occorre tener ben presente che si tratta esclusivamente del primo impulso, perché le donne a causa dello sfruttamento rischiano di cadere dalla padella nella brace, i salari sono più bassi e gli stessi compagni di lavoro appaiono, per lo più, ostili. D’altra parte anche il movimento sindacale è costretto ad aprirsi alle donne, anche perché il numero delle lavoratrici salariate cresce in modo esponenziale in tutta Europa già a partire dagli inizi del novecento. Così le donne e le loro rivendicazioni si inseriscono negli spazi aperti dal movimento operaio e, più in generale, dei lavoratori salariati, resistono, scioperano e si organizzano a partire da quest’ambito. È proprio questa la funzione emancipativa del lavoro: l’esperienza della lotta e, più in generale, le relazioni solidali fra sfruttate e sfruttati che consente di realizzare.  Certo oltre alle forze materiali, sono altrettanto importanti le battaglie delle idee. Marx, Engels e Bebel avranno da questo punto di vista un ruolo importante, in quanto con le loro concezioni faranno progressi significativi rispetto alle ideologie che si erano affermate grazie alla Rivoluzione francese. In particolare, Engels sosterrà che la prima forma di oppressione è quella che subiscono le donne da parte degli uomini e che la famiglia, dunque, è la cellula di base dei rapporti di potere. Per modificare i quali diviene decisivo che le donne riescano a liberarsi dal doppio lavoro, domestico e professionale, grazie allo sviluppo di servizi pubblici collettivi. In tal modo anche la famiglia tradizionale cristiano-germanica non può più essere considerata naturale e, perciò, immutabile. Marx, Engels e Bebel sono disgustati dalla doppia morale, cioè dal fatto che mentre per gli uomini dare libero sfogo alla propria sessualità è motivo di vanto, per le donne, al contrario è considerata un’onta e, perciò, si dichiarano aperti ai liberi rapporti d’amore anche per le donne. D’altra parte, un gran numero di figure femminili autorevoli caratterizza il movimento socialista del XIX e del XX secolo: Rosa Luxemburg, Aleksandra Kollontaj, Clara Zetkin, Anna Kuliscioff, ecc.

Fondamentale il lavoro di Clara Zetkin socialista e femminista che dirigerà il giornale Die Gleichheit [l’uguaglianza], mediante cui le militanti abbonate si riuniscono nei circoli e con la scusa di socializzare intorno a una una tazza di caffè fanno politica, e la fanno in modo efficace, tanto che gli abbonamenti e la conseguente partecipazione alla vita politica continuano a crescere. Quando il Partito socialdemocratico tedesco di cui era militante voterà a favore dei crediti di guerra, Zetkin diverrà una dei principali dirigenti del Partito comunista tedesco e andrà a dirigere il lavoro femminile all’interno della Terza Internazionale come aveva già fatto nella Seconda. Ha ora alle spalle la straordinaria esperienza del movimento suffragista, cui le socialiste hanno partecipato da protagoniste. 

In seguito alle Rivoluzioni in Russia del 1917 e, in particolare, con la nuova costituzione socialista e marxista le donne realizzano per la prima volta in pieno le loro secolari aspirazioni: l’uguaglianza giuridica e all’interno della famiglia, la possibilità di poter scegliere liberamente il proprio domicilio, la libertà di mantenere il proprio cognome di origine e sono tra le prime al mondo a votare e a poter essere elette, vedono per la prima volta riconosciuto il diritto all’aborto, l’accesso all’istruzione a tutti i livelli, i congedi di maternità, si sviluppano servizi pubblici collettivi per liberare le donne dalla schiavitù domestica (cose impensabili nella società borghese e capitalista), sono riconosciute le famiglie di fatto e gli omosessuali non sono più discriminati.

Zetkin sostiene che la donna è come l’uomo, ovvero un essere umano e il sesso è solo una variante di secondaria importanza. Pensa, sulla base della concezione materialista della storia, che devono mutare le condizioni di vita, anche sul piano economico e sociale, perché muti il modo di percepirsi delle donne; considera, dal punto di vista marxista, le donne come un soggetto collettivo che, liberando se stesse, rendono possibile la liberazione dell’intera umanità; ritiene che gli uomini debbano condividere il lavoro domestico con le donne e critica la doppia morale, il doppio standard che vige nella società borghese nei confronti soprattutto della sfera della sessualità.

D’altra parte, sia Zetkin che tutto il movimento per l’emancipazione della donna che si colloca nell’intersezione tra genere e classe deve fare i conti con le tutele, con i diritti specifici delle donne, legati alla differenza del corpo e alla sfera specifica della riproduzione. Questi diritti sono spesso un’arma a doppio taglio perché aumentano il costo della forza lavoro per il capitalista e abbassano i livelli di sfruttamento e, quindi, di profitto, disincentivando l’assunzione di forza lavoro femminile. Tant’è che molte femministe sono contrarie alla difesa di tali diritti specifici. Zetkin assume da marxista una posizione giustamente dialettica, si pronuncia contro le tutele specifiche quando si tratta ancora di imporre l’ingresso delle donne nelle fabbriche e, più in generale, nei luoghi di lavoro, ma torna a essere favorevole e a rivendicare le tutele specifiche non appena le porte del mondo del lavoro non sono più precluse alle donne.

Qual è dunque la migliore soluzione a questo annoso problema? Le lavoratrici rivendicano ad esempio il diritto al riposo, ma gli uomini non hanno diritto anch’essi a riposarsi? Le donne rivendicano orari di lavoro meno pesanti, ma non ne avrebbero bisogno anche gli uomini? Le donne si oppongono giustamente al lavoro notturno quando non sia assolutamente indispensabile, ma tale sacrosanto diritto deve valere solo per loro? Le donne si battono per i congedi maternità, ma perché tali congedi nel bene e nel male non debbono essere condivisi con gli uomini? La soluzione, come di consueto, va individuata a livello universale, cioè le donne debbono battersi insieme agli uomini per l’estensione e il pieno riconoscimento a tutti dei diritti dei lavoratori.

In caso contrario, ogni conquista del movimento delle donne rischia di essere un’arma a doppio taglio. Se le donne sono esentate dai turni di lavoro pesanti, dal lavoro notturno, hanno diritto esclusivo ai congedi di maternità etc. naturalmente i padroni tenderanno ad assumere prevalentemente i maschi e questi ultimi, essendo maggiormente esentati dai lavori domestici o dalle pratiche legate alla riproduzione hanno più facilità delle donne di fare carriera e di raggiungere i ruoli apicali nel mondo del lavoro.

13/05/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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