Chi semina vento raccoglie tempesta

Parigi. A distanza di neanche un anno dall’attentato alla sede di Charlie Hebdo, una nuova strage firmata Isis.


Chi semina vento raccoglie tempesta

Parigi. A distanza di neanche un anno dall’attentato alla sede di Charlie Hebdo, una nuova strage firmata Isis colpisce il cuore dell’Europa, causando centinaia di morti. Altri attentati ugualmente gravi si sono susseguiti nei giorni scorsi nel Sinai e in Libano. Le gravi responsabilità dell’ imperialismo occidentale si rfilettono nel sangue delle vittime che non cessa di scorrere.

di Selena Di Francescantonio

Durante la conferenza stampa sugli attentati terroristici di questa notte a Parigi, il nostro ministro dell’interno, Angelino Alfano, dichiara di fronte ai microfoni che le nostre grandi democrazie occidentali non verranno scalfite dalla violenza degli attacchi terroristici di matrice religiosa, che i radicali verranno espulsi e che un conto è difendere la libertà di culto, un altro è inneggiare alla violenza, che è quello che fanno gli imam, che progettano attentati terroristici; che la nostra democrazia crede nella libertà, si batte per difenderla e fa parte di una coalizione internazionale che, sin dalla caduta delle Torri Gemelle, cerca in tutto il mondo di difenderla, appunto.

Ecco, ora basta. Basta veramente essere costretti, ogni volta e sempre più ipocritamente, a sentir dire una quantità così grave, così immane, di bugie. Ora basta. 

Questa ipocrisia ammazza ancora più persone di quante non ne siano già morte a Parigi, a Beirut, così come in Siria, in Libia e altrove.

Chi semina vento raccoglie tempesta. E’ questa l’amara verità con cui dobbiamo convivere.

Sono anni, così come giustamente - questo sì- sottolinea anche Alfano che le nostre “grandi democrazie occidentali”, unite in una grande coalizione criminale, saccheggiano e devastano i paesi del mondo dai quali estrarre nuova linfa per un capitale marcilento, sanguinoso, affamato, imputridito dai suoi stessi meccanismi intrinseci; sono anni che, in nome della “democrazia”, si organizzano colpi di stato, dal Cile al Venezuela, alla Siria all’Ucraina; non rinunciando, pur di riuscirvi, ad armare e sostenere gruppi neonazisti o fondamentalisti religiosi, spacciati per romantici “eserciti liberi”, e che oggi, più potenti che mai, più armati che mai, più preparati che mai, ripiegano anche nel cuore dell’Europa per applicare quello che hanno imparato, quello che di inumano in loro è stato a suo tempo fomentato, quello che si sapeva che avrebbero fatto se non fossero stati fermati per tempo. Sono anni che, in Medio Oriente, non si fa altro che destabilizzare in ogni modo e gettare nel caos quei paesi più laici che, pur non essendo esenti da criticità, cercavano, rispetto ad altri, di combattere e respingere il fondamentalismo islamico.

Tutto questo l’ha prodotto l’imperialismo occidentale, ed è più vivo, più pericoloso che mai.

“Bastardi islamici”, si legge su Libero. “Oriana Fallaci in tutte le scuole”, fa eco Salvini. “Diciamo basta con l'immigrazione musulmana almeno fino a quando l'Islam non avrà risolto i problemi di violenza interni alla sua cultura. Basta con l'immigrazione irregolare e clandestina: gli immigrati clandestini devono tornare a casa loro”, dichiara sui social Giorgia Meloni.

E allora non staremo qui a ripetere, ancora una volta, quanto becero sia questo populismo, questo vigliacco ripiegamento razzista, tanto comodo quanto complice; quanto sia evidente, a giudicare tanto da queste dichiarazioni, quanto dalle sciocche adunate fascio-leghiste e da quei muri già innalzati nel cuore dell’Europa, che in questo vuole essere individuata una valvola di sfogo per quella giusta rabbia, quell’orrore che tutti noi proviamo ogni volta che muore senza ragione alcuna una persona, di qualsiasi nazionalità essa sia. 

Questa è la risposta delle grandi democrazie. L’apartheid culturale. L’odio, fomentato dall’odio, per rispondere ad altro odio. Soffiando in modo meschino sulle braci, ancora ardenti dal secolo scorso, della xenofobia, di quel sentimento di superiorità di cui le società occidentali si sentono intrinsecamente portatrici.

Questo è un sistema che pretende di sopravvivere sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sul suo annientamento, se necessario (e, ad un certo punto, diventa necessario) a garantire la sua sudditanza all’accumulazione del profitto. Un’accumulazione che non conosce limiti, non conosce ostacoli, ed è pronta a sopportare e ad assistere, pur di continuare ad esistere, allo scivolamento degli uomini verso i loro più bassi istinti, le più deteriori ed avvilenti performance.

Un sistema di sfruttamento che, per poter proseguire indisturbato, per la metà del tempo è impegnato a gettarci sabbia negli occhi, affinché si riesca a vedere solo una parte dello scenario che ci si para davanti e, quando ciò non risulta possibile perchè il marcio affiora troppo vicino a noi, ci indica senza esitazioni la direzione più fuorviante e abnorme nella quale incanalare, senza correre rischi, le nostre più che giustificate rimostranze.

Come e quanto a lungo può reggere un sistema del genere senza degenerare, nella folle rincorsa della supremazia delle cose, delle merci, sull’uomo, nell’auto-annientamento definitivo? La vera utopia sarebbe credere che questo sia l’unico dei mondi possibili e che non possa essere cambiato.

Non esiste altro modo di combattere il terrore scatenato dall’uomo che crede nei feticci se non credendo nell’uomo stesso, nel fatto che gli stessi uomini sappiano, possano e debbano iniziare a camminare lungo una nuova strada, che li porti verso un avvenire che sia anche il loro inizio.

 

15/11/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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