Panama Papers: tanto fumo ma l’arrosto è altrove

Caso Panama Papers: una gola profonda passa milioni di documenti che rivelano i nomi dei grandi evasori del mondo.


Panama Papers: tanto fumo ma l’arrosto è altrove

Le rivelazioni del caso Panama Papers: una gola profonda passa oltre undici milioni di documenti che rivelano i nomi dei grandi evasori del mondo. Ma a brillare sono soprattutto gli assenti e i veri moventi sembrano emergere anche sulla stampa ufficiale.

di Alessandro Bartoloni

Che nei Panama Papers ci sia qualche cosa che non va, oramai cominciano a sospettarlo in molti. Addirittura il Sole 24 ore intervista Falciani, che parla apertamente di spionaggio economico ai danni di Europa e paesi emergenti. D’altronde, nessuna possibilità di accedere ai documenti originali, ma solo la possibilità di leggere i resoconti prodotti dai giornalisti mainstream che ne hanno il privilegio grazie alla loro affiliazione a un network di giornalisti investigativi nato negli Usa. Una situazione imbarazzante, tanto che perfino il Guardian è costretto ad ammettere che la maggior parte dell’informazione è destinata a rimanere segreta. Ma sopratutto, nessun nome americano tra quelli circolati fino ad oggi. Che negli oltre 11 milioni di documenti misteriosamente trafugati non ci sia neanche una persona o una società con sede nella prima economia al mondo è ovviamente impossibile. Magari qualcosa uscirà fuori, fatto sta che il clamore mediatico per il momento si concentra da tutt’altra parte coprendo l’informazione essenziale.

Il fatto rilevante, infatti, è che sono proprio gli Stati Uniti il nuovo paradiso fiscale per eccellenza. A dirlo non è un bolscevico e a scriverlo non è la Pravda ma un manager della Rothschild & Co, e a riportarlo è l’agenzia della stampa finanziaria per eccellenza, la Bloomberg, in un articolo apparso a fine gennaio. Sono proprio loro, senza giri di parole, a farci sapere che gli Usa rimangono l’unica grande economia mondiale a non aver ancora firmato le regole internazionali che permettono di rivelare alcuni segreti bancari per meglio combattere l’evasione fiscale. E così gli anni di battaglie per imporre moralità e trasparenza a chi celava i conti degli evasori statunitensi, pare abbiano dato i propri frutti. Prima le salatissime sanzioni, come quelle che nel 2007 hanno colpito 80 banche svizzere che, per aver aiutato cittadini Usa ad evadere il fisco, si sono viste costrette a versare circa 5 miliardi di dollari al governo a stelle e strisce. Poi il varo, nel 2010 con l’amministrazione Obama, del Foreign Account Tax Compliance Act – meglio conosciuto tramite l’acronimo Fatca – che impone agli intermediari finanziari di rivelare i conti correnti esteri dei cittadini Usa, pena multe salatissime. A quel punto, nel consesso intergovernativo dell’Oecd, ci si è fatti prendere la mano e, preso spunto da quanto varato negli Usa, si sono approvate regole ancora più stringenti in modo che ciascun paese potesse imporre obblighi di trasparenza anche per i propri cittadini. Standard recepiti da tutte le nazioni che contano meno Bahrain, Nauru, Vanuatu e, guarda caso, gli Stati Uniti d’America.

Così, miliardari di tutto il mondo stanno muovendo i propri capitali dai paradisi fiscali e non solo, verso il Nevada, il Wyoming, il Sud Dakota, il Delaware. La Rothschild & Co, ovviamente, dichiara che i propri clienti devono essere in regola con i pagamenti fiscali nei propri paesi di origine, ma alle autorità di questi ultimi i loro conti correnti rimarranno segreti e coperti da anonimato. Così un italiano, tramite una società in un paese terzo come le Isole Vergini Britanniche, può continuare tranquillamente ad evadere il fisco nostrano in tutta tranquillità, semplicemente aprendo un conto corrente negli Usa. Ma l’articolo di Bloomberg, oltre ai nomi di altri importanti trust che si stanno muovendo negli Usa, quail Cisa e Trident, ci dice anche dell’altro. Che gli uffici della Rothschild Trust North America LLC a Reno (Nevada), ad esempio, si trovano sei piani sopra la sede dell’ufficio del procuratore distrettuale. E che per raggiungerli bisogna passare per gli uffici di un’altra LLC (l’equivalente di una nostra srl), la McDonald Carano Wilson, nella quale lavorano parecchi lobbisti e altrettanti ex alti funzionari dello Stato. E ci rivela anche, Bloomberg, che secondo il manager della Rothschild, gli Stati Uniti sono privi delle risorse per colmare il vuoto normativo che genera questo enorme afflusso di capitali né hanno intenzione di farlo.

Se lo dicono loro…

08/04/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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