«Lei ha pure famiglia»

Biagio Agnes, figlio di un capotreno delle Ferrovie dello Stato, è stato giornalista, dirigente pubblico e dirigente d’azienda italiano. Nel 2002, per la precisione l’11 dicembre, è chiamato a deporre dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia in qualità di presidente pro tempore di Stet. Il colloquio tra il presidente della Commissione e Agnes, segnalatomi dal compagno Angelo Ruggeri e disponibile online, è illuminante su chi sia il nostro futuro presidente del consiglio, il dott. Mario Draghi. Ne riporto le parti salienti.


«Lei ha pure famiglia»

Presidente: “Abbiamo un’intervista apparsa su «il Giornale» in data 7 febbraio 2000 dal titolo «Fu Romano Prodi a farmi fuori dalla Stet», in cui lei spiega l’incontro con Draghi nel gennaio 1997 (...) che a suo dire fu molto cordiale ed estremamente piacevole. A neanche ventiquattro ore dall’incontro con Draghi, lei riceve una telefonata a casa in cui apprende che il ministro del Tesoro Ciampi la attende alle ore 11 al ministero. Lei, meravigliato, telefona a Ernesto Pascale, apprendendo che anche lui è stato convocato al ministero per le 9 del mattino. Il giorno dopo lei attende in ufficio il ritorno di Pascale che dice: «mi hanno chiesto le dimissioni; mi hanno detto che è meglio per me e io mi sono dimesso». Il presidente Agnes – cioè lei – dice che non si sarebbe dimesso, mentre Pascale consiglia: «non fare sciocchezze, fallo!». Alle ore 11 lei giunge al ministero del Tesoro dove viene ricevuto da Ciampi e Draghi. Il ministro la riempie di elogi tanto da farla arrossire, ma poi a freddo (si legge sul giornale) le comunica che sarebbe meglio se si dimettesse da Stet: «lo vuole Prodi» le confida Draghi. Ci vuole dire, per favore, che cosa è successo e se questo racconto ha bisogno di modifiche oppure è l’esatto specchio della situazione?”

Biagio Agnes: “A parte gli orari, il resto è vero e dirò come è andata. Vengo convocato la mattina per telefono mentre mi trovavo a casa per le ore 18.30 del pomeriggio. Chiedo a Pascale e apprendo che anche lui è stato convocato per le 15 del pomeriggio. Alle 18.30, prima di andare all’appuntamento, vedo Pascale il quale mi dice di essersi dimesso perché glielo hanno chiesto anche se non ha capito bene il motivo. Rispondo che io non mi sarei dimesso perché non vedrei motivi per farlo. Vado all’appuntamento e sono ricevuto dall’allora ministro del Tesoro Ciampi e dal dottor Draghi. Premetto che corrisponde al vero il fatto che ventiquattro ore prima avevo visto il dottor Draghi, che non conoscevo, con cui ho parlato di strategie e della Stet – che peraltro stava attraversando un buon momento – e con il quale ci siamo lasciati dicendo «ci rivediamo». Il giorno dopo è avvenuto quello che è avvenuto. Sono andato all’appuntamento al ministero del Tesoro dove si è svolto un colloquio molto, molto civile con il ministro Ciampi, presente Draghi. Alla richiesta di dimissioni, motivate dal fatto che era meglio che nuove forze facessero le privatizzazioni, ho opposto un diniego al quale il ministro del Tesoro ha risposto: «la capisco, non posso dire che fa male, faccia come vuole». Ci siamo salutati e il dottor Draghi mi ha accompagnato alla macchina. Insieme abbiamo preso l’ascensore e parlando, Draghi mi ha chiesto: «Perché non si vuole dimettere? L’ha fatto anche Pascale». Ho risposto: «Pascale ha i suoi motivi, io ho i miei e non intendo dimettermi». Ha continuato con: «Ma chi glielo fa fare, chissà i giornali che cosa diranno...!» e io ho controbattuto: «Diranno che non mi sono dimesso, non possono dire altro». «Le conviene dimettersi, lei ha pure famiglia, perché non deve dimettersi? Pensi a tante cose!».”

(...)

Presidente: “Abbiamo il testo dove lei dice, dopo una serie di omissis, «tutto appare improprio, illogico, ingiustificato, ma io non posso non accogliere questo invito per la tranquillità mia e della mia famiglia». Che cosa vuol dire?”

Biagio Agnes: Ho ripetuto le stesse parole di Draghi. Sono andato via dal civilissimo incontro con il ministro del tesoro con la sicurezza di non dimettermi; dopo il colloquio in ascensore con Draghi, ci ho ripensato, ho fatto qualche telefonata a mia moglie e mi sono dimesso.

12/02/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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