Amazzonia: un dramma senza fine

In quest’articolo descriviamo l’attuale situazione socio-sanitaria in Brasile, concentrandoci sulla regione amazzonica, dove la scarsità di ossigeno ha prodotto decine di morti negli ospedali nelle ultime settimane.


Amazzonia: un dramma senza fine

Non bastassero i progetti speculativi del governo Bolsonaro, che vorrebbe fare di questa regione tropicale un’immensa piantagione per allevamento di animali o un’immensa riserva per esplorazione dei minerali, nelle ultime settimane tale regione si è trovata al centro del ciclone della nuova variante del Covid-19, più aggressiva e probabilmente molto più letale, che unita alle negligenze del governo statale e di quello federale, ha prodotto il disastro che si sta consumando in queste settimane.

Le immagini e i video, a volte artigianali, che ci giungono da quelle zone sono impressionanti, con decine, centinaia di persone che sono morte per l’assenza di ossigeno in molti ospedali dello Stato, a cui si collega il collasso dell’intero sistema sanitario, costretto a spostare bambini nati prematuri verso altri Stati della federazione, l’enorme difficoltà del sistema funerario di gestire il continuo afflusso di corpi da cremare, a cui si sommano gli ingenti danni fisici e morali a tutti i professionisti del ramo sanitario che devono assistere a questo scempio senza poter fare nulla o quasi per contenerlo e di tutti i pazienti che sopravvivranno a questa immensa carneficina. Ciò che è accaduto nel corso del 2020 non sembra essere minimamente paragonabile a ciò che sta avvenendo in questo inizio del 2021.

Ma ovviamente ciò che sta avvenendo non ha nulla di “naturale”. Già a dicembre, infatti, un repentino aumento dei casi aveva portato il governatore bolsonarista a decretare un semi-lockdown, salvo poi rimangiarselo dopo poche ore a causa delle pressione dei commercianti. Ma in tutto ciò il mancato intervento del governo federale, che i più malevoli attribuiscono a un proposito genocida, è stato fondamentale. Il 7 gennaio, infatti, il governo era stato avvisato dell’imminente collasso del sistema sanitario, ma non aveva fatto nulla; l’11 il generale Pazuello, attuale ministro della Sanità (incarico per il quale non ha nessuna competenza) ha detto che il suo ministero sarebbe stato in grado di far fronte a qualunque domanda di rifornimenti, il 14 però è cominciato a mancare l’ossigeno in gran parte degli ospedali e il 17 gli studenti di tutto il paese sono stati convocati per i test d’ingresso universitari, svolti in presenza e in aule che erano così sovraffollate da dover rimandare a casa molti studenti, proprio per l’assenza di spazi adeguati.

In una situazione del genere parlare di semplice incompetenza ci appare quantomeno riduttivo, sembra infatti difficile pensare che gli oltre 215mila morti in Brasile non si sarebbero potuti evitare almeno in una loro consistente parte, visto che neanche le più elementari misure di contrasto alla pandemia sono state adottate, e neanche si è riusciti a realizzare un programma vaccinale su larga scala, costringendo così gli Stati a regolarsi ognuno per sé, creando evidenti disparità e problematiche. Il Brasile oltretutto possiede vari poli di ricerca pubblici che avrebbero potuto dunque sviluppare un proprio vaccino o collaborare a quello di altri, e un sistema di sanità pubblica che, per quanto sottofinanziato, rimane tra i migliori. La strage in corso ha dunque delle responsabilità che in nessun modo possono essere occultate. Bolsonaro, la sua base di estrema destra e i generali, che discutono su molte cose, sono invece concordi su questa gestione criminosa della pandemia.

Bolsonaro sembra comportarsi da tempo come un assassino che, pur essendoci prove schiaccianti contro di lui, continui ad affermare che non è lui la causa di questa situazione. Questo suo lavarsene le mani non viene però solamente dalla sua formazione paramilitare durante la dittatura, ma perché la sua speranza è quella di portare a termine un colpo di Stato. Quando infatti afferma che “Il Brasile è un caos, che non è governabile” lo fa affinché l’esplosione della crisi sanitaria e sociale gli permetta di presentarsi come il salvatore della patria, garantendogli di salvarsi dai processi che attendono lui e la sua famiglia non appena finirà il suo mandato, non essendo più possibile nascondere i gravi crimini che hanno commesso.

I militari invece temono soprattutto il caos sociale e la rivolta che potrebbero instaurarsi, per questo motivo è necessario il loro ruolo di “pacificatori”, che in cambio di un minimo mantenimento dell’ordine sociale, ostacolano da decenni qualunque cambiamento strutturale del paese. Non vi è nessuno dei tre poteri dello Stato che non abbia subito l’intervento più o meno diretto dei militari, di cui forse il tweet del generale Villas Boas a favore dell’arresto di Lula nel 2018 appare il caso più emblematico. Il loro compito non è dunque in nessun caso quello di difendere la Costituzione o la democrazia, ma semplicemente quello di mantenere l’ordine sociale, ossia un sistema di potere fondato sul dominio oligarchico dei grandi latifondisti e della borghesia sul resto della popolazione, costi quel che costi. Al di là di questo, l’esercito brasiliano è oggi un’istituzione fondata su un sistema arcaico di privilegi e di corruzione a pie’ sospinto.

Ciò succede perché probabilmente l’unico modo di governo funzionale al mantenimento di questo dominio, in un paese in cui ci sono decine di milioni di disoccupati e altre decine di milioni di persone che semplicemente hanno smesso di cercare lavoro, in un contesto di accentuata recessione economica, deindustrializzazione accelerata e inflazione, è quello di un esercito che agisce come se fosse una potenza straniera. La missione dunque è quella di lasciare il popolo affamato, mantenendo costante il drenaggio delle risorse nazionali verso altri lidi.

Nel frattempo prosegue lentissima la vaccinazione in massa della popolazione, con già centinaia di migliaia di “salta-fila”, che sottraggono le dosi destinati al personale sanitario e più a rischio per vaccinare amici, parenti di politici e impresari. In Manaus, capitale dello Stato amazzonico, solo il 20% delle dosi è andato a chi ne aveva davvero diritto, costringendo a sospendere temporaneamente la somministrazione. Bolsonaro a tal proposito non ha trovato di meglio che proporre l’acquisto di dosi del vaccino AstraZeneca da parte delle aziende private, per vaccinare i propri dipendenti, proposta fortunatamente respinta dallo stesso laboratorio, che ha detto di non avere modo di attendere alle richieste del settore privato in questo momento. Dall’altro canto, l’essere messo sotto processo dell’attuale ministro della Sanità a proposito dell’assenza di respiratori in Amazzonia, sebbene ci siano prove schiaccianti contro di lui, serve soprattutto per nascondere le responsabilità dei suoi superiori. E peggio ha fatto lo stesso esercito, che sulle sue pagine ufficiali di reti sociali ha pubblicato foto di soldati che concludevano il corso preparatorio tentando di coprire l’assenza di mascherine con delle mascherine aggiunte al computer con Photoshop, nel vano tentativo di nascondere la totale mancanza di rispetto delle norme basiche di contenimento della pandemia.

Il ritratto appena descritto dà indubbiamente l’immagine di un ordine sociale in grave crisi, prossimo all’esplosione. Le prossime settimane ci riveleranno in che verso si muoverà quest’esplosione, se nel senso di una ulteriore recrudescenza in senso reazionario dei rapporti sociali, o se finalmente in quello dell’avvio di un processo che liberi il Brasile dall”abisso in cui è sprofondato.

29/01/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Matteo Bifone

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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