Spagna: è possibile un governo di sinistra?

Il sistema politico è frammentato. I numeri sono a favore della Grande Coalizione.


Spagna: è possibile un governo di sinistra?

La notizia è rimbalzata brevemente sui giornali per poi disperdersi: Podemos governerà la Spagna insieme ai socialdemocratici del PSOE. La questione è un po’ più complessa di così. Il sistema politico è frammentato. I numeri sono a favore della Grande Coalizione.

di Paolo Rizzi

Il compito di formare un nuovo governo spetterebbe, in teoria, ai conservatori del Partito Popolare che sono arrivati primi alle elezioni del 20 dicembre scorso. Il premier uscente Mariano Rajoy ha però rifiutato l’incarico spingendo il Re Filippo VI ad avviare un nuovo giro di consultazioni con tutti i partiti. Il PSOE a sua volta sostiene che sia comunque compito dei popolari provare a formare un governo, anche non guidato da Rajoy. Perché i socialdemocratici, arrivati secondi alle elezioni, vogliono che sia così? Semplice: per dimostrare che i popolari non sono in grado di costruire un’alleanza di governo e che sono quindi i socialdemocratici stessi la forza legittimata a guidare il prossimo esecutivo.

Le condizioni di PODEMOS.

Qui entra in scena la possibilità di un governo “di sinistra”. I socialdemocratici, esattamente come i popolari, devono cercare di costruire un’alleanza di governo per ottenere una maggioranza nel parlamento più frammentato della storia spagnola.

I partiti spagnoli sono, di fatto, in consultazione permanente tra di loro per cercare di risolvere questa situazione. Durante queste trattative il leader di Podemos Pablo Iglesias, con il suo consueto gusto per le mosse clamorose, ha proposto al PSOE un governo di sinistra. In questo governo, Podemos dovrebbe avere il vice presidente del consiglio (Iglesias stesso) e sei ministri tra cui uno per la plurinazionalità. Si tratta di una proposta difficile da accettare per il leader socialdemocratico Sanchez, appena è stata formulata, la destra interna al PSOE ha detto che si tratterebbe di un governo sotto continuo ricatto della sinistra radicale (noi italiani dovremmo avere memoria di situazioni simili).

Ma non si tratta solo di numeri, si tratta di linee politiche divergenti. Il PSOE ha fatto, almeno a parole, mea culpa sulle riforme del lavoro e si è detto disponibile ad abolirle in nome di un “governo di cambiamento”, e altre aperture potrebbero essere messe sul tavolo delle trattative (anche qui, come osservatori italiani dovremmo avere ricordi precisi sull’abolizione della Legge Biagi). Ma sul programma di governo incombe soprattutto la questione della plurinazionalità. Ovvero, la svolta di Podemos a favore delle autonome e indipendenze locali, in particolare sulla Catalogna. Nel caso della regione in cui è appena stato formato un governo indipendentista , Podemos ha cambiato la sua posizione arrivando a sostenere il “referendum per il diritto a decidere” sull’autonomia o l’indipendenza. La linea tradizionale del PSOE è invece quella di riconoscere vari gradi di autonomia alle regioni con forti identità nazionali, ma non concedere nulla sul terreno dell’indipendenza.

Il PSOE si è preso questa settimana per decidere, sperando di poter guadagnare tempo affibbiando ai popolari il compito di (non) formare un governo. Per sabato 30 gennaio è prevista una riunione nazionale dei socialdemocratici in cui verrà resa pubblica la linea.

I numeri (complessi) per governare

Per ottenere la maggioranza alla camera servono 175 parlamentari.

La prima complicazione è il gruppo di Podemos. La formazione di Iglesias si è presentata con liste di coalizione in Catalogna, in Galizia e nella Comunità Valenziana. Il progetto originale era quella di formare un gruppo parlamentare autonomo per ogni coalizione regionale, questa possibilità però è stata negata per motivi tecnici, portando alla formazione di un gruppo unico di 65 deputati di cui 45 membri di Podemos, 4 di Barcellona in Comune, 3 di Izquierda Unida, 3 degli ecologisti di Equo, 3 dei Verdi Catalani, 2 nazionalisti galiziani e un indipendente. Al gruppo parlamentare non hanno aderito i 4 eletti di Compromìs, formazione nazionalista che faceva parte dell’alleanza locale nella Comunità Valenziana.

Ammesso che un accordo tra Podemos e PSOE (90 deputati) vincolasse anche tutti i deputati non appartenenti a Podemos, alla coalizione mancherebbero 21 voti. Per raggranellare tutti quei voti dovrebbero votare a favore tutte le altre forza di sinistra e regionaliste: Izquierda Unida (la storica alleanza di sinistra imperniata sul Partito Comunista Spagnolo) che ha eletto deputati al di fuori delle liste di coalizione, il centrosinistra e la sinistra radicale dei Paesi Baschi, i nazionalisti valenziani e quelli delle Canarie, la Sinistra Repubblicana di Catalogna. Alcune di queste forze, tra cui Izquierda Unida, hanno dato la disponibilità a “facilitare” la nascita di un governo di cambiamento sulla base di accordi programmatici precisi. Anche così, si tratterebbe di una coalizione che raggiunge a malapena la maggioranza assoluta della Camera.

Un’altra opzione sarebbe il “governo del cambiamento non di sinistra”, PSOE e Podemos potrebbero cercare quantomeno l’astensione dei Ciudadanos, formazione che si è presentata come “né di destra né di sinistra” contro la corruzione, ma che ha assunto velocemente i connotati di un partito di destra nazionalista. A tenere insieme una coalizione del genere sarebbe lo spirito anti corruzione e anti casta, difficile parlare di programmi politici, tanto più che Ciudadanos è tra i più feroci oppositori dell’indipendenza catalana.

Tra difficoltà programmatiche e difficoltà numeriche, rimane l’opzione che nessuno vuole (almeno pubblicamente): la Grande Coalizione. PSOE, Popolari e Ciudadanos potrebbero governare con un’ampissima maggioranza (253 deputati su 350). A tenerli lontani, per ora, non sono questioni programmatiche, ma di opportunità. In particolare PSOE e Popolari hanno già perso milioni di voti di elettori che li considerano “uguali” e dovranno faticare per far accettare un’opzione del genere di fronte agli elettori. D’altra parte, con la Catalogna governata dagli indipendentisti e la famiglia reale sotto processo per scandali finanziari, ipotizzare nuove elezioni non sembra proprio l’opzione preferita da tutte le forze (dal padronato all’Unione Europea) che invece vorrebbero un governo stabile.

Che il sistema istituzionale spinga verso la “stabilità”, è confermato anche dall’atteggiamento sulla formazione dei gruppi parlamentari delle forze “anti sistema”. Come già accennato, alle alleanze di sinistra collegate a Podemos è stata negata la possibilità di formare gruppi parlamentari autonomi, creando così un gruppo parlamentare particolarmente eterogeneo e, potenzialmente, meno efficace. A Izquierda Unida è stata invece negata la possibilità di unirsi in un gruppo parlamentare con la Sinistra Repubblicana di Catalogna e BILDU (gli indipendentisti baschi di sinistra). I grandi organi di stampa hanno attaccato questo “gruppo misto di sinistra”, sostenendo che fosse una truffa per intascare i rimborsi pubblici, sottacendo che, rifiutando la formazione di questo gruppo, di fatto si condannano i deputati di Izquierda Unida e BILDU a essere “deputati di serie B” con varie limitazioni nei lavori parlamentari.

La situazione è inedita per la Spagna, partiti e forze sociali non sanno esattamente come muoversi in un quadro che non è più dominato dal bipartitismo. Un governo di sinistra è possibile ma di difficile realizzazione. Per capire la direzione in cui si muoverà la situazione, bisognerà attendere almeno la fine di questa settimana.

29/01/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Paolo Rizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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