Europa, conflitto e unità popolare: dove vanno i comunisti spagnoli?

Traduzione dell’intervista di Mundo Obrero a Enrique Santiago, Segretario Generale del Partito Comunista Spagnolo.


Europa, conflitto e unità popolare: dove vanno i comunisti spagnoli? Credits: https://www.flickr.com/photos/izquierda-unida

Il XX Congresso del Partito Comunista Spagnolo si è svolto in due sessioni che hanno impostato un lavoro di autoriforma che non sembra avere pari tra gli altri partiti comunisti europei nell’ultimo decennio, arrivando anche a reintrodurre il marxismoleninismo nello statuto del Partito. Traduciamo qua l’intervista pubblica dalla rivista del PCE, Mundo Obrero, al nuovo Segretario Generale Enrique Santiago, avvocato noto, tra l’altro, per l’attività nel processo contro Pinochet.

L’intervista copre i temi che hanno tenuto banco nel congresso del PCE: il processo di convergenza delle sinistre e di unità popolare, la critica all’elettoralismo assunta da Izquierda Unida e come superarlo in positivo, la critica all’Unione Europea, l’organizzazione del conflitto di classe.

Al lettore, la possibilità di valutare affinità e divergenze con la discussione aperta in Italia.

MUNDO OBRERO: Hai assunto la Segreteria Generale del PCE con grande umiltà. Che presuppone questa responsabilità per Enrique Santiago?

ENRIQUE SANTIAGO: I comunisti e le comuniste hanno una grande vocazione di servizio per il nostro popolo e la società, sappiamo che bisogna lavorare collettivamente e organizzativamente, perché è l’unica maniera per ottenere delle trasformazioni. Occupare la Segreteria Generale del Partito è un onore immenso e una grande sfida. È il partito senza il quale non si può capire la storia recente della Spagna e, senza dubbio, l’unico partito che nella sua storia si è caratterizzato per la difesa in prima linea della democrazia e dei diritti fondamentali di tutto il popolo spagnolo, nelle condizioni più avverse, nella Seconda Repubblica nata sotto gli attacchi costanti delle forze reazionarie che avevano governato per secoli, resistendo nella guerra di aggressione internazionale delle forze fascista contro la democrazia, in solitudine nella lotta clandestina contro l’ultima dittatura fascista d’Europa, dando forza alla Riconciliazione Nazionale senza odio o rancore ma facendo pesare tutte le sofferenze del nostro partito e del corpo militante.

Qualunque comunista pensa che sia un onore immeritato. Chiaramente si hanno dubbi sull’essere all’altezza delle circostanze, perché molta gente del nostro popolo, non solo i compagni, pongono speranze nel nostro lavoro. È una grande responsabilità e di sicuro non è una poltrona da scaldare. La Segreteria Generale richiede molto lavoro e molti viaggi per confrontarsi con i problemi sociali, politici ed economici di tutti i territori dello stato. La verità è che non mi sono ancora seduto in un ufficio. In ogni caso, i comunisti hanno sempre avuto il sentimento collettivo di mettere a margine le considerazioni individuali e qualunque militante comunista assumerebbe queste responsabilità come lo sto facendo io.

MO: La tua storia nell’ambito giuridico, sempre a difesa dei diritti umani, così come la tua esperienza internazionale, ti permette di vedere la realtà spagnola da una prospettiva ampia, inserendo la realtà del nostro paese all’interno di ciò che succede nel mondo. Qual’è l’analisi del Segretario Generale del PCE sulla realtà del paese?

ES: Non c’è democrazia, la democrazia è il governo del popolo per il popolo, in cui il popolo ha la capacità di controllare le fonti reali del potere negli ambiti di decisioni che interessano la vita delle persone. Le istituzioni democratiche riconosciute nella Costituzione permettono solo una partecipazione limitata alla formazione del Potere Legislativo, attraverso una legge elettorale ingiusta. Non si permette la partecipazione all’elezione del Potere Esecutivo, del Potere Giudiziario e di controllarli. Questo, sul terreno strettamente politico.

In materia economica la nostra democrazia non contempla nessun meccanismo, né di partecipazione né di controllo, sulle istituzione che prendono le grandi decisioni sulla nostra vita quotidiana. Ci sono inoltre grandi carenze in materia di democrazia ecologica o femminista, in materia di diritti umani. Tutti aspetti che sfuggono al controllo, all’intervento e alla partecipazione della cittadinanza.

A tutto questo si deve sommare il neoliberismo, l’assottigliamento fino alla sparizione delle norme di convivenza civile sostituite con la legge del più forte, la regressione storica rispetto ai punti raggiunto dalla Rivoluzione Francese e dalla Rivoluzione Sovietica. Stiamo tornando a regimi e modelli in cui governano le oligarchie, con penose conseguenze per la qualità della vita delle persone, per l’ambiente, per le pensioni, per i servizi sociali, per la sanità pubblica, per l’educazione pubblica e per i diritti dei lavoratori. Nessun lavoratore ha il diritto a conservare il suo lavoro e avere un impiego non garantisce di non essere poveri. Il lavoro precario e senza dignità ci riduce a una condizione di servitù.

In Spagna, oggi, la novità storica è che ci sono famiglie povere che non sono disoccupate. In definitiva, si tratta di un sistema configurato in maniera ingiusta e i comunisti non accettano che questo sia l’ordine naturale delle cose. L’ordine naturale è quello che permette a tutti e tutte di essere uguali e in cui si rispettano non solo i diritti civili ma anche quelli economici e sociali. Ai comunisti e alle comuniste spetta lavorare per alterare la situazione attuale.

MO: Non ti pare che mentre si usa l’espressione “governo della legge”, si retrocede nelle libertà civili e nei diritti sociali?

ES: Ci sono leggi giuste e ingiuste. È la prima cosa insegnata alla Facoltà di Diritto, […] ciò che è legale e ciò che è giusto sono concetti assolutamente diversi. Il risultato della mancanza di controllo democratico delle istituzioni da parte del popolo è una legislazione sempre più restrittiva. Nel capitalismo, ogni offensiva contro i diritti economici e sociali è accompagnata da una restrizione dei diritti civili e politici, per evitare proteste e mobilitazioni. Questo è ciò che sta accadendo oggi, approfittando degli eventi politici in Catalogna, la Corte Suprema sta costruendo una dottrina che non si applicherà solo al movimento indipendentista. Qualsiasi mobilitazione di massa, se rivendica qualcosa di contrario alla legge, ad esempio l'abrogazione dell'articolo 135 della Costituzione [l’articolo che introduce il pareggio di bilancio in maniera simile al nostro articolo 81, NdT], diventa un’azione violenta contro lo Stato e quindi è considerata una ribellione da punire col codice penale. In Spagna c'è una involuzione nell'applicazione delle leggi da parte del potere giudiziario. I cittadini devono essere consapevoli e non dovrebbero permetterlo. Abbiamo una democrazia da vetrina, c'è una finestra attraverso la quale puoi vedere i diritti inclusi nella Costituzione, ma non puoi accedervi.

MO: Le conclusioni del XX Congresso e i documenti approvati nelle sessioni del nuovo Comitato Centrale legano la strategia della rottura democratica con la costruzione dell’unità popolare. Qual è il ruolo del PCE in questo processo? Come si combina la costruzione del Blocco Politico e Sociale con la confluenza in vista delle elezioni politiche del prossimo anno?

ES: Quando affrontiamo un sistema che causa tanto dolore al nostro popolo, si evidenzia la necessità di un cambiamento che ha bisogno di una maggioranza. Questo significa che dobbiamo sommare le lotte per la trasformazione, per i cambiamenti politici e sociali, con settori sempre più ampi della nostra società. La formazione di ampie alleanze popolari è nel DNA del movimento comunista. Proprio per questo noi comunisti e comuniste abbiamo un solido bagaglio ideologico e politico che ci permette di analizzare la realtà e disegnare strategie per la trasformazione rivoluzionaria della società. L’unità popolare non ci può danneggiare e neanche farci svanire.

La nostra sfida è far arrivare le nostre proposte di lotte e trasformazione sociale a settori sociali ampi, e farlo con una militanza molto inferiore, a livello quantitativo, di quello che dovrebbe essere secondo me la militanza del PCE. Il nostro obbligo è dare forma a questa maggioranza politica alternativa e di trasformazione con settori che non sono comunisti.

A partire da questo la militanza si sviluppa su due vettori: quello dell’organizzazione del conflitto sociale, delle lotte, e quello dell’espressione elettorale. In una democrazia formale come la nostra, entrambi gli elementi sono importanti. Uno per rivendicare i nostri diritti e organizzare la resistenza, l’altro per occupare spazi nelle istituzioni che permettano di governare a favore della maggioranza. Dobbiamo affrontare questo processo con le distinte idee di progresso esistenti nella società.

L’unità popolare non è un'opzione, è un obbligo e non possiamo aspirare a raggiungerla solo con quelli che hanno la nostra stessa identità politica, ma con tutti quelli che sono oggettivamente interessati al cambiamento a cui aspiriamo. L’unità popolare non è una lotta tra ideologie o eredità politiche, si costruisce attorno a proposte e programmi. Credo che le posizioni contrarie alla convergenza nascondano miopia e paura, probabilmente nei confronti di ciò che non si conosce. Però la militanza comunista non può limitarsi al confronto con quelli che la pensano uguale, deve essere fondamentalmente per le strade.

Coloro che credono che avanzare nella convergenza significhi dissolversi dovrebbero avere più fiducia nel nostro bagaglio storico e culturale, soprattutto negli attrezzi che utilizziamo per analizzare la realtà e per trasformarla. La psicologia direbbe che si tratta di un problema di autostima. Dobbiamo smettere di pensare di essere marginali, dobbiamo smettere di pensare che saremo respinti. Le comunisti e i comunisti sono sempre riusciti a stare all’altezza delle domande del nostro popolo. Meno paura, più autostima, più coraggio politico, più convincimento nella nostra ideologia e nei nostri impareggiabili metodi di analisi della realtà.

MO: I cambiamenti organizzativi adottati dal XX Congresso rispondono alla strategia politica, anche se qualcuno può pensare siano solo cambiamenti nominali (raggruppamento al posto di nucleo, Comitato Centrale al posto di Comitato Federale) presuppongono una vera rivoluzione interna.

ES: Non sarà facile attuare i cambiamenti al modello organizzativo, però è facile spiegarli: non possiamo avere una militanza che usa l’80% del suo lavoro militante nel mantenimento di strutture organizzative o elettorali. La crescita di queste strutture dovrà essere nella misura in cui saremo capace di aumentare i nostri iscritti, e questo lo faremo solo aumentando la nostra presenza nel conflitto. L’obiettivo è ribaltare queste proporzioni, decidere che l’80% del lavoro militante sia dedicato a organizzare, stimolare e mobilitare il nostro popolo attorno al conflitto sociale. Questo, senza nessun dubbio, non significa smobilitare le strutture del Partito e neanche le strutture elettorali e del movimento politico in cui lavoriamo, cioè Izquierda Unida. Si tratta di aumentare l’efficienza del lavoro militante, con un’organizzazione unitaria che non produce doppioni dei ruoli di responsabilità interna e che consolida l’attivismo fuori dalle nostre sedi. Lo dico in senso figurato, chiaramente, perché le nostre sedi devono diventare luoghi di incontro e organizzazione del conflitto sociale, diventare case della cultura, del dibattito, di organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici precari, di estensione della Rete di Solidarietà Popolare. Vorrei che facessimo diventare tutte le sedi del nostro Partito dei centri di agitazione politica aperti alla società.

MO: Abbiamo identificato i problemi della doppia militanza nel PCE e in IU, abbiamo respinto il carattere di partito politico assunto da IU. Qual è il compito dei comunisti e delle comuniste in IU? Cosa dovrebbe diventare IU?

ES: L’XI Assemblea [il congresso, NdT] di Izquierda Unida ha segnalato chiaramente le limitazioni di questo movimento politico e sociale che, come detto giustamente, è arrivato ad assomigliare sempre più a un partito. L’Assemblea ha anche elaborato una strategia per superare questi problemi. Una strategia che coincide con quella intesa dal PCE e che è stata discussa e approvata nel XX Congresso del PCE. IU è chiamata a superarsi, che significa trasformarsi in un movimento politico e sociale con una base sociale più ampia, molto più ampia di quella attuale. Per fare questo, IU deve abbandonare il funzionamento come partito e tornare a un funzionamento per reti, reti di opinione, di attivisti, di comunicazione, culturali. Deve diventare una struttura meno pesante ma più efficace. Bisogna avere una coordinazione migliore tra il PCE, le altre forze interne a IU, IU stessa, in modo che queste reti si nutrano del lavoro delle distinte aree, dei gruppi dirigenti e degli attivisti.

Se sapremo combinare questo con l’incremento dell’organizzazione e del conflitto, sarà più facile superare Izquierda Unida e costituire un movimento politico e sociale dalla base più ampia che si espande attorno alla mobilitazione. Mi pare che ci siano state delle analisi semplicistiche per cui il superamento di IU sia semplicemente smettere di usare formalmente IU, consegnandone le varie attività al PCE o a altri. No, superare IU non è abbandonare IU. Superare IU è rafforzare ed espandere la sua base sociale e convergere con altri attori in un nuovo movimento politico e sociale che sia molto più rappresentativo. E lì ci sarà il PCE.

MO: E a Podemos? Dobbiamo guardarci molto? Dobbiamo guardarci poco?

ES: La sinistra e i settori trasformativi devono rallegrarsi che nel nostro paese ci sia ora un gruppo parlamentare che mira al cambiamento, per affrontare le ingiustizie del sistema e per garantire tutti i diritti umani, economici, civili, politici e sociali del nostro popolo. Un gruppo di 70 deputati e deputate, cosa mai successa nella storia della Spagna, è un dato di fatto. La Spagna è migliore oggi rispetto a quando non c'erano le Maree, En Comu e Podemos. Chi non vuole vederlo sta cadendo nell'irriducibilità dell'identità. Dire che non è bene che ci siano altre espressioni della sinistra esterne a Izquierda Unida è perlomeno settario, specialmente quando quelli che lo dicono sono coloro che hanno sostenuto l'accordo senza programma con il Partito Socialista al servizio del neoliberismo e che hanno fatto accordi con il PP nei consigli locali e nei parlamenti regionali, unendosi alle posizioni del nazionalismo conservatore disprezzando l'ovvio carattere plurinazionale della Spagna.

Podemos è Podemos, Izquierda Unida è Izquierda Unida e il PCE è qualcosa di diverso da questi due attori politici. Credo che il Partito Comunista di Spagna abbia l'obbligo di cercare di portare la sua egemonia politica in tutte le aree che mettono in discussione il regime includendo, naturalmente, altri movimenti politici. In questo senso il Partito Comunista di Spagna avrà i migliori rapporti possibili con qualsiasi altra organizzazione che concorda con noi su un programma di trasformazione della realtà e di garanzia di tutti i diritti per il nostro popolo. Podemos non è l’avversario del Partito Comunista di Spagna o IU. Vorrei poter superare tutto ciò che ora è organizzato attorno a quel gruppo parlamentare di 70 deputati e deputate, avanzare verso soggetti politici più unitari. Lo spero, ma mentre questo non è possibile, il nostro impegno è quello di massimizzare i livelli di coordinamento strategico per raggiungere i nostri obiettivi. Pensare che questo sia sciogliersi, ancora una volta, dimostra ben poca fiducia nel nostro progetto politico.

MO: Quali sono i compiti immediati che ti assumerai come Segretario Generale?

ES: Ci siamo dati varie agende di lavoro. È essenziale affrontare il coordinamento della sinistra dentro l’Unione Europea, è una questione strategica. La percentuale di decisioni prese nelle istituzioni europee che riguardano la nostra vita quotidiana è in aumento, strappando la sovranità dagli Stati e, contrariamente alle destre neoliberiste, che sono perfettamente coordinate, nella sinistra abbiamo un coordinamento molto debole e mancano addirittura un progetto strategico per collegare i diversi popoli europei. Lo abbiamo analizzato al Congresso e abbiamo deciso di scommettere sul raggiungimento di un modello di unità e di collegamento tra i popoli dell'Europa che rispetti la sovranità nazionale e i diritti umani, politici e sociali, qualcosa di incompatibile con l'UE. Non possiamo fare questo lavoro solo nel nostro paese, ma dobbiamo farlo in coordinamento con il resto delle forze di sinistra in Europa.

Un altro compito importante è l'organizzazione delle contraddizioni intorno all'organizzazione del conflitto sociale, e in questo momento la difesa democratica delle libertà pubbliche diventa un asse fondamentale della lotta del PCE, che ha combattuto più di tutti per la libertà e la democrazia in Spagna. Continueremo a farlo e aspiriamo a tornare ad occupare quella posizione di avanguardia nella lotta per la libertà: porre fine alle limitazioni alla libertà di espressione e di manifestazione, porre fine alla criminalizzazione della protesta sociale. Il nostro popolo deve avere la capacità di esprimersi e preservare ed espandere le aree di libertà formalmente garantite dall'attuale modello costituzionale. In ultimo luogo, due questioni strettamente correlate: promuoveremo l'adattamento delle nostre strutture operative per perseguire il nostro obiettivo principale, l'unità popolare attorno ai programmi di cambiamento e trasformazione sociale.

MO: Di tutti i conflitti e le contraddizioni che devono essere organizzate, quale evidenzieresti?

ES: Senza alcun dubbio quelli che riguardano il lavoro. I comunisti sanno che la classe lavoratrice, la classe operaia, esiste e ne fanno parte molte più persone di quanti credono di essere membri di questa classe. Sono lavoratori tutti coloro che dipendono per la sopravvivenza della propria forza-lavoro, a prescindere che la forza-lavoro sia usata in una fabbrica, in ufficio, a casa di fronte a un computer o pedalando una bicicletta le consegne di fast-food. Dopo secoli di lotta della classe operaia per vincere e consolidare le libertà e i diritti, la perdita di coscienza di classe ha permesso al sistema di limitare, se non eliminare, tali diritti e libertà. Per noi è essenziale recuperare la coscienza di appartenenza alla classe lavoratrice e difendere senza compromessi il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa.

Intervista apparsa originariamente su http://www.mundoobrero.es/pl.php?id=7934

Traduzione in italiano per La Città Futura di Paolo Rizzi

19/05/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.flickr.com/photos/izquierda-unida

Condividi

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: