Una carovana per Kobane

La “Rete Kurdistan Italia” e l'Uiki Onlus lanciano un appello per una carovana per la pace che dal confine turco raggiunga Kobane. L'appuntamento è a Suruc per il prossimo 15 settembre. 


Una carovana per Kobane

La “Rete Kurdistan Italia” e l'Uiki Onlus lanciano un appello per una carovana per la pace che dal confine turco raggiunga Kobane. L'appuntamento è a Suruc per il prossimo 15 settembre. Lo scopo è convincere l'Onu a far aprire un nuovo valico per il transito degli aiuti alla Rojava e scongiurare la creazione di una cosiddetta fascia di sicurezza sotto il controllo dell'esercito turco. Nel frattempo, oltre duecento docenti universitari turchi chiedono al governo di Ankara un cessate il fuoco e la liberazione di Abdullah Ocalan, mentre prosegue la stretta repressiva di Erdogan contro la Sinistra curda e turca che ha portato 1200 persone in carcere in pochi giorni. 

di Stefano Paterna

Una carovana per la pace e per l'apertura di un corridoio umanitario che consenta il passaggio di aiuti dal territorio turco verso Kobane e l'intero territorio della Rojava. Questo il senso dell'appello lanciato il 5 agosto scorso dalla “Rete Kurdistan Italia” e da “Uiki Onlus”, l'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia, a singoli attivisti, istituzioni, partiti politici, sindacati, Ong e autorità locali e internazionali. L'iniziativa punta a esercitare una pressione internazionale sulle Nazioni Unite perché a partire dalla Risoluzione 2165 del luglio 2014 garantiscano l'apertura di un ulteriore valico di frontiera.

L'appuntamento è per il prossimo 15 settembre a Suruc, la città teatro dell'orribile attentato dell'Isis del 20 luglio scorso contro i compagni della gioventù socialista che programmavano aiuti per Kobane e in cui hanno perso la vita 32 persone e un centinaio sono rimaste ferite. Proprio a partire da questo attentato ha avuto inizio la nuova strategia del governo reazionario di Ankara che punta di fatto a neutralizzare la rivoluzione curda nel nord della Siria con la creazione di una “fascia di sicurezza” che in realtà servirebbe solo ad agevolare il controllo da parte turca di una striscia di territorio siriano. Un modo da parte della Turchia per allentare la pressione militare crescente che le unità di autodifesa curde YPG e YPJ e i loro alleati stanno esercitando sul finora più che tollerato Stato Islamico. 

Di certo ora la situazione è in movimento: la stretta repressiva voluta soprattutto dal presidente turco Recep Erdogan ha scaraventato in prigione oltre 1200 persone, colpendo soprattutto tra i militanti della Sinistra turca e curda. Lo scopo in questo caso è quello di creare un clima di tensione e di guerra per diminuire il consenso che si è raccolto nelle ultime elezioni politiche del giugno di quest'anno intorno all'HDP, il Partito democratico dei popoli, e per poter riandare a nuove consultazioni e raggiungere finalmente quella maggioranza assoluta che consentirebbe all'AKP di Erdogan di cambiare definitivamente (e in peggio) il volto della Turchia.
Quasi in contemporanea all'appello per una carovana per la pace, circa duecento professori universitari turchi hanno richiesto con forza un cessate il fuoco, esprimendo tutta la loro preoccupazione per l'interruzione del processo di pace avviato all'inizio del 2013. La dichiarazione dei docenti universitari assume toni accorati quando ricorda che "Abbiamo perso i nostri studenti a Kobanê e a Suruç. Abbiamo anche perso decine di giovani soltanto in una settimana. Si deve sapere bene che non ci sarà più alcun sacrificio dei nostri studenti e di giovani per la guerra. A nostro avviso, nessun conflitto può avere maggiore importanza rispetto alle loro vite e al futuro che costruiranno".
Si chiede pertanto al governo turco di “abbandonare il suo dicorso discriminante che innesca inimicizie e conflitti”, mentre viene riconosciuta l'importanza che potrebbe avere per la causa della pace la liberazione di Abdullah Ocalan, così come avvenne nel caso del Sudafrica con Nelson Mandela.

Nel frattempo sul fronte internazionale sembra crescere l'insofferenza della Russia per la nuova politica aggressiva turca in Siria. Da qui nelle prossime settimane potrebbero venire le maggiori resistenze al nuovo corso di Ankara, mentre per ora l'Iran sta mantenendo un profilo più basso probabilmente per salvaguardare i risultati conseguiti con l'accordo sul nucleare con l'Occidente. 

Sitografia:

Sulla carovana della pace:
http://www.retekurdistan.it/2015/08/appello-internazionale-per-la-carovana-internazionale-per-lapertura-di-un-corridoio-umanitario-a-kobane-nuovo-appello/

Sull'appello dei professori universitari turchi:
http://www.retekurdistan.it/2015/08/gli-accademici-chiedono-un-cessate-il-fuoco-consolidato/

 

 

07/08/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Stefano Paterna

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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