Vince l’autodeterminazione del popolo venuezelano

Nonostante il generalizzato boicottaggio mediatico, la vittoria dello schieramento di Maduro alle elezioni dell’Assemblea generale rilancia la speranza di un Sudamerica libero dal giogo Usa.


Vince l’autodeterminazione del popolo venuezelano

Lo scorso 6 dicembre si sono tenute in Venezuela le elezioni per rinnovare l’Assemblea nazionale. Il Gran Polo Patriottico Simon Bolivar di Nicolàs Maduro ha vinto con il 67% dei voti.

Tutti i media mainstream occidentali, pressoché senza distinzione di collocazione politica, hanno riportato la notizia nel migliore dei casi concentrandosi sul dato di forte astensionismo quale più rilevante della vittoria stessa, nel peggiore e largamente più diffuso, screditando del tutto questa consultazione elettorale, in totale sintonia con le dichiarazioni del segretario di Stato Usa Mike Pompeo, che ha definito le elezioni “una farsa politica” inscenata dal “regime illegittimo di Maduro”.

A proposito di farse, è grottesco rilevare come uno degli elementi utilizzati come prove di illegittimità delle elezioni sia l’assenza di osservatori internazionali, quando è stato l’autoproclamato “presidente” Juan Guaidó, nell’ambito del boicottaggio portato avanti da mesi (non dissimile da quanto fatto in occasione delle elezioni presidenziali del 2018 e di quelle dell’Assemblea costituente nel 2017), a fare pressioni su Unione europea e Onu perché si unissero all’Organizzazione degli Stati americani e al Centro Carter nella decisione di non partecipare come osservatori elettorali, pur essendo stati regolarmente invitati dal governo venezuelano. Tuttavia, come ha indicato la presidente del Consiglio nazionale elettorale Indira Alfonzo, sono stati presenti i rappresentanti di numerosi paesi latinoamericani e internazionali, fra cui l’ex presidente spagnolo José Luis Zapatero.

La scarsa affluenza alle urne è l’altro cavallo di battaglia dello screditamento di questa vittoria. Il dato dell’importante astensionismo (si sono recati alle urne il 30% degli aventi diritto al voto), va collocato però nel suo contesto, quello di un paese sotto il duplice peso della pandemia di Covid, elemento non certo trascurabile nel disincentivare la partecipazione al voto, e del blocco economico statunitense, in atto da un anno e mezzo, in particolare nel suo determinare la mancanza di carburante e dunque l’estrema difficoltà a spostarsi per la popolazione venezuelana. Va ricordato inoltre che è un dato costante per il paese la maggiore affluenza alle urne in occasione delle elezioni presidenziali, rispetto alle altre consultazioni elettorali, per le quali anche negli anni passati si sono registrati basse affluenze ai seggi, persino minori di quella attuale (nelle elezioni legislative del 2005 la partecipazione era stata del 25%).

Nei cinque anni in cui l’Assemblea nazionale è stata sotto il controllo dell’opposizione golpista, è stata costante una impasse istituzionale per cui le decisioni del governo non erano avallate dal parlamento, determinando in questa mancata collaborazione fra potere legislativo e potere esecutivo l’impossibilità di portare avanti i necessari progetti politici, primariamente in ambito sociale ed economico. Pertanto, il risultato elettorale fa ben sperare riguardo alla riattivazione un’azione di cambiamento nella società, che sarà favorita anche dall’allargamento della rappresentanza dell’Assemblea stessa, in controtendenza rispetto a quanto progressivamente sta succedendo nei paesi occidentali, dove si tende sempre più a ridurre e svuotare la rappresentanza.

Per il presidente venezuelano, “oggi nasce una nuova speranza, un cambiamento, e mi pongo al servizio di questa nuova Assemblea per lavorare per il Venezuela”.

Maduro ha ricordato nella sua dichiarazione che solo “i fascisti propongono l’eliminazione dell’avversario, solo i fascisti propongono l’esclusione, solo i golpisti credono di poter essere imposti con i colpi di Stato; in Venezuela è stato dimostrato che i colpi di Stato, frutto di una cospirazione, non potranno mai governare il paese”. Ha inoltre proposto all’opposizione, “quella che partecipa alle elezioni legislative e quella che non lo fa” di partecipare a un dialogo nazionale per chiedere al nuovo presidente statunitense Joe Biden la fine delle sanzioni che colpiscono il popolo venezuelano.

A questo punto, ciò che più va temuto è la reazione di chi non accetta il risultato elettorale, primo fra tutti il golpista Guaidó che ha organizzato nel corso di questo mese, una “consultazione popolare”, questa sì con le caratteristiche di una farsa (a detta degli stessi organizzatori la votazione si dovrebbe svolgere telematicamente in circa 7 mila “seggi” allestiti in Venezuela e in un’ottantina di altri paesi), nell’intento di prorogare il suo mandato, che formalmente scadrà il 5 gennaio 2021. Certamente destano preoccupazione le possibili reazioni internazionali, compreso un eventuale nuovo colpo di Stato, perché la storia del Sudamerica ci insegna come mai sia stata tollerata alcuna esperienza politica che non fosse vassalla degli Usa, e come il ricorso alla violenza sia stato la regola nel soffocare ogni tipo di “diserzione” dall’influenza statunitense.

La speranza è che questa vittoria, che è la vittoria dell’autodeterminazione del popolo del Venezuela, porti una ventata rivoluzionaria di democrazia e riscatto sociale in tutto il Sudamerica, rafforzando i paesi che si trovano sotto il giogo dell’embargo Usa e indebolendo i regimi sanguinari come quello di Bolsonaro.

12/12/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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