I pataccari del pensiero vogliono fare continuare la guerra sine die

Le opposte retoriche dei contendenti che si accusano a vicenda di nazismo costituiscono un ostacolo al raggiungimento di una soluzione negoziata del conflitto ucraino


I pataccari del pensiero vogliono fare continuare la guerra sine die

Forse stanco di parafrasare Heidegger e Jaspers (attività peraltro commendevole e utile) il filosofo Umberto Galimberti si è arruolato anche lui nelle file dei guerrafondai che vogliono vedere Putin mordere la polvere e sconsiglia fortemente, anzi proibisce, di provare a intraprendere ogni negoziato colla Russia. Per giungere a questa apocalittica conclusione Galimberti fa sua la parola d’ordine che viene proclamata a ogni piè sospinto dai combattenti da poltrona che affollano i ranghi di giornalisti, politici e, meno, intellettuali: Putin è il nuovo Hitler e quindi non ha senso perdere tempo colle trattative di pace, il male assoluto va sradicato finché si è in tempo, altrimenti ringalluzzito dai successi il Satana del Cremlino muoverà alla conquista del mondo e, per riprendere la scialba retorica di Enrico Letta, ci ritroveremo i soldati russi dentro casa. I più colti richiamano i precedenti di Danzica, la cui cessione alla Germania avrebbe solleticato gli appetiti del Terzo Reich e più in generale il tentativo fallito di appeasement condotto da Daladier e Chamberlain colla Conferenza di Monaco, che precedette di poco lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

In realtà tutta questa analisi, il cui senso profondo è che occorre continuare la guerra fino alla vittoria dell’Ucraina, e si propone in questo senso di mobilitare le migliori energie intellettuali dell’Occidente per motivare il popolino a correre il rischio dell’Olocausto nucleare pur di eliminare il Belzebù del Cremlino, fa acqua da tutte le parti. Detto per inciso, paradossalmente alla retorica antinazista si aggrappa anche l’altro contendente, e cioè proprio il Belzebù in questione, tra le motivazioni del quale ritroviamo l’intento di denazificare l’Ucraina, riprendendo a suo vantaggio i fasti della Seconda Guerra Mondiale, che i Russi chiamano Grande Guerra Patria e che hanno vinto, sia detto a profitto di ignoranti e smemorati, loro, con un enorme contributo di sangue nell’ordine di varie decine di milioni di morti (del resto, come si vede anche dalla guerra in corso, i Russi quando fanno la guerra non badano a spese).

Sostenere il contrario significherebbe fare un po’ come Benigni, il quale, pur di vincere l’Oscar fece liberare Auschwitz dagli Americani, ma lasciamo perdere. L’analisi abborracciata dei guerrafondai non sta in piedi perché profondamente priva di senso storico e ignara del contesto in cui si è prodotta la guerra, per capire la quale occorre richiamare alcuni precedenti di grande importanza e cioè soprattutto l’accerchiamento della Russia coll’allargamento della Nato in netta violazione degli impegni assunti dalle Potenze occidentali nel momento della riunificazione della Germania, da un lato, e il rovesciamento del legittimo governo di Yanukovich nel febbraio 2014, dall’altro.

La scelta di estendere la Nato verso Est è stata consapevolmente adottata da parte dei presidenti statunitensi nella consapevolezza che fosse un’occasione da non perdere per ridimensionare la Russia e consolidare e puntellare il sempre più traballante potere degli Stati Uniti sulla scena internazionale, arginando lo slittamento verso un governo multipolare degli affari planetari. È cominciata in sordina, colle strizzatine d’occhio a Gorbacev e le garanzie a Eltsin che anche Mosca sarebbe entrata nella Nato, ma è poi diventata una vera ossessione, man mano che Washington perdeva terreno nel confronto colla Cina, in Medio Oriente e Nordafrica coi vari fallimenti registrati in Iraq, Libia e da ultimo Afghanistan, e finanche sul continente americano dove, nonostante i patetici tentativi di Trump e Pompeo di riesumare la Dottrina Monroe, i popoli hanno deciso di scegliere il proprio destino senza chiedere il permesso del presidente yankee di turno.

La scelta di rovesciare Yanukovich ha costituito un passaggio essenziale di questa stategia ed è stata in questo senso fatta a Washington molto prima che a Kiev, come rivelato da molte fonti, alcune delle quali, come Julian Assange, potrebbero pagare colla vita questo e altri contributi alla verità storica. Nonostante l’uso un po’ ridicolo della categoria di “rivoluzione”, sia pure colorata, quello di Piazza Maidan e dintorni è stato piuttosto un colpo di Stato, condotto coll’assistenza puntuale degli Stati Uniti (vedi le urla della signora Noland sull’Unione europea che doveva andare a farsi fottere) e la partecipazione decisiva dei gruppi paramilitari di destra che sono stati in seguito arruolati nel Battaglione Azov per derussificare il Donbass a suon di massacri, torture ed esecuzioni sommarie.

La situazione quindi è molto più complessa ed intricata di come la vorrebbero Galimberti e simili, ansiosi di rispolverare del tutto a sproposito la retorica antinazista pur di continuare la guerra. Beninteso, anche Putin ha violato le norme internazionali aggredendo l’Ucraina ma in una situazione del genere occorre, seguendo l’insegnamento di Papa Francesco, fare di tutto per spegnere l’incendio e non spargere benzina sulle stoppie.

Di fronte a uno scontro fra due imperialismi, perché di questo si tratta, non si vede davvero perché il popolo italiano dovrebbe arruolarsi in massa dalla parte di uno dei due contendenti, accedendo in modo un po’ grossolano e babbeo a una delle due retoriche contrapposte.

Anche perché, e qui veniamo al secondo punto essenziale che i guerrafondai non vedono, l’esistenza delle armi nucleari di cui tutte le Potenze in ballo dispongono in grande quantità costituisce un altro dato di fatto nuovo rispetto a qualsiasi precedente storico si possa invocare. Si tratta di prospettiva che purtroppo viene evocata con sempre maggiore frequenza da entrambi i contendenti e che dobbiamo far di tutto per scongiurare nell’interesse della continuazione della vita sul pianeta.

Da questo punto di vista i giovani hanno tutto l’interesse a mobilitarsi e il diritto di farlo. Se qualche vecchio babbione forse stanco della vita, come ad esempio Violante riciclato ai vertici della Fondazione Leonardo e quindi in evidente conflitto d’interessi colla causa dei nemici della guerra e degli armamenti, evoca la bellezza della morte per la patria e per la democrazia (declinata e interpretata a suo esclusivo piacimento) sono evidentemente affari suoi e avrebbe potuto al momento opportuno arruolarsi nel Battaglione Azov che ora fortunatamente si è arreso. Ma i giovani hanno diritto a vivere e a procreare anche se, sorprendentemente non trovano rappresentanti politici degni di questo nome.

Quella di rappresentanti politici fedeli alle istanze e ai diritti del popolo, che come sappiamo sono un ingrediente fondamentale della democrazia, costituisce in effetti merce più che rara nell’Europa attuale. Per restare ai nostri casi miserandi, Draghi e compagnia si appiattiscono in modo esagerato sulla Nato, eseguendone perinde ac cadaver ogni ordine, come notato dal generale Bartolini, il quale, a differenza dei guastatori da poltrona, la guerra sa cos’è e quindi anche per tale motivo preferirebbe evitarne l’aggravamento. Ma il loro appiattimento sta provocando lo schiacciamento dell’Italia e dell’Europa, per ora solo figurato, a tutto vantaggio degli Stati Uniti e della Nato (sinonimo quest’ultimo dei primi, al di là di qualche nomen omen tipo Stoltenberg). Vediamo di porci rimedio rilanciando le ragioni della pace, anche sul terreno culturale e dell’analisi storica contro i pataccari del pensiero che vorrebbero venderci a caro prezzo un Putin travestito da Hitler pur di giustificare la continuazione ad oltranza di una situazione già ora estremamente pericolosa.

21/05/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Fabio Marcelli

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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